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www.ildialogo.org Donne e immigrate: quando lo sfruttamento raddoppia,di Franca Di Lecce

Donne e immigrate: quando lo sfruttamento raddoppia

di Franca Di Lecce

ANTEPRIMA

Roma, (NEV), 29 maggio 2013 - Proponiamo in anteprima un articolo di Franca Di Lecce che verrà pubblicato sul numero di giugno del mensile "Confronti" edito dalla Cooperativa com nuovi tempi. L'autrice è direttore del Servizio rifugiati e migranti (SRM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) (www.confronti.net).

La cosiddetta femminilizzazione dei flussi migratori è un dato acquisito a livello internazionale e in Europa diviene un fenomeno rilevante alla fine degli anni Ottanta. Anche in Italia dal punto di vista numerico abbiamo una sostanziale «parità di genere»: le donne migranti costituiscono oltre il 50% delle presenze. Tuttavia tale parità pone diverse questioni e interrogativi a livello globale sugli spazi recuperati dalle donne attraverso lunghe battaglie per i diritti nelle sfere della vita individuale, sociale, culturale ed economica. I percorsi di emancipazione e la crescita della soggettività femminile nelle società occidentali non hanno coinciso con una reale redistribuzione e condivisione delle responsabilità all’interno delle famiglie.

Inoltre, in assenza di adeguate politiche pubbliche di welfare per gli anziani e l’infanzia, si sono tradotti spesso in un «doppio carico» di lavoro per le donne, combattute tra famiglia e lavoro, e hanno finito per trasferire parte del carico sulle donne migranti provenienti principalmente dal Sud del mondo e dall’Est europeo. Le donne migranti sono diventate così sostitute preziose e invisibili del lavoro domestico e di cura, forza lavoro temporanea e spesso senza diritti. Le donne migranti, infatti, restano nella maggior parte dei casi schiacciate e ingabbiate in ruoli di subalternità e sottomissione lavorativa da cui risulta difficile uscire perché rare sono le possibilità di mobilità verso l’alto. Restano serve, spesso schiave.

Oggi i diritti conquistati dalle donne in alcune parti del mondo hanno come contraltare i diritti negati di altre donne, fino ad arrivare alla drammatica realtà delle nuove forme di schiavitù legate allo sfruttamento sessuale e lavorativo che vedono coinvolte in particolare donne e bambini di tutto il mondo. Vendute come schiave, controllate e sottoposte a forme di violenza fisica e psicologica che vanno dal ricatto all’inganno, all’intimidazione, al maltrattamento e allo stupro: sono le donne vittime di tratta. I dati del fenomeno, che dilaga spesso nell’invisibilità e produce per le organizzazioni criminali un giro di affari esorbitante in tutto il mondo, sono allarmanti e nascondono una realtà che sicuramente va oltre le cifre ufficiali. La tratta di esseri umani è un crimine sancito dalle diverse convenzioni internazionali e oggi rappresenta una delle forme più brutali di violazioni dei diritti umani a livello globale: si nasconde nelle strade, ma anche nelle fabbriche, nei campi, nelle case, nei cantieri. Violenza, vessazioni, inganno, coercizione, ricatto fanno leva sulla condizione di vulnerabilità di persone che lasciano i loro paesi in cerca di un futuro per sé e per le loro famiglie.

Le vittime di tratta spesso si trovano intrappolate nella contrazione di un debito come unica possibilità di portare avanti il proprio progetto migratorio. Apparentemente il debito si basa su una relazione consensuale, in realtà la relazione tra debitore e creditore è profondamente asimmetrica e sbilanciata, perché fa leva sulla vulnerabilità e il bisogno. Il debito non è semplicemente un dispositivo economico, ma una tecnica di controllo delle soggettività individuali e collettive. Essere indebitati diventa tragica condizione esistenziale e sviluppa forme di dipendenza patologica. L’economia del debito è un’economia di deprivazione. L’impossibilità di pagare il debito da parte delle vittime di tratta ripercorre la stessa brutale dinamica dei paesi impoveriti strozzati dal debito e deprivati del loro futuro.

I costi che le donne pagano in termini di salute fisica e psicologica sono altissimi, anche perché la loro capacità di adattamento fa sì che mettano in atto modalità di risposta più implosive che esplosive. È sul corpo delle donne – ancora una volta e in modo sempre più brutale – che le «moderne schiavitù» fanno i loro affari. Eppure l’Italia dispone di una legislazione in materia di tratta molto avanzata, che garantisce un permesso di protezione sociale alle vittime di tratta, riconoscendole come soggetto di diritti umani. Ripensare oggi ai processi di liberazione delle donne, significa costruire nuovi spazi di elaborazione politica che mettano al centro la soggettività femminile in una prospettiva di genere ampia e globale.



Sabato 01 Giugno,2013 Ore: 18:09
 
 
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