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www.ildialogo.org Lampedusa: fare finta di niente o farsi prossimi?,

Lampedusa: fare finta di niente o farsi prossimi?

Editoriale del Nel numero di maggio 2011 di Aggiornamenti Sociali


I continui sbarchi di immigrati sulle nostre coste interpellano la coscienza degli italiani.

Giuseppe Lazzati: uno stile che da 25 anni mantiene la sua attualità.

Sbarchi: che fare? Questa è la domanda che si agita nei cuori di molti italiani di fronte alle continue ondate di persone che sbarcano in condizioni spesso miserande e disperate sulle nostre coste. Una domanda inevitabile, che pone davanti al dilemma della coscienza che spinge a trovare una soluzione per aiutare chi ha bisogno e degli occhi che preferiscono non guardare, non soffermarsi a vedere per non rimanere coinvolti in situazioni di sofferenza davanti alle quali non si sa cosa fare. Il tutto condito dalle semplicistiche affermazioni dei media che agitano spettri di esodi infiniti e minacciosi e da una situazione in cui l’Unione Europea non si esprime chiaramente su come agire di comune accordo. Dinanzi a questo quadro, oggettivamente complesso, p. Giacomo Costa, direttore di Aggiornamenti Sociali, suggerisce di soffermarsi e di provare ad osservarlo con lo sguardo del buon samaritano, rifacendosi alla parabola raccontata dall’evangelista Luca (10. 25-37) e letta con estrema cura 25 anni fa dall’allora Arcivescovo di Milano card. Carlo Maria Martini nella lettera pastorale Farsi prossimo, che «diede inizio a un percorso di riflessione e di azione sulla carità nella chiesa ambrosiana e che mantiene inalterata la vitalità del suo messaggio».

Liberato il campo dalle possibili letture buoniste dell’espressione «buon samaritano», p. Costa sottolinea che l’incontro con chi soffre mette sempre in moto interrogativi profondi della nostra coscienza, che ci spingono a «farci prossimi», ossia avvicinarci e «ritrovare l’umanità nostra e di colui che incontriamo», in una dinamica che non è frutto di automatismo bensì di un esercizio preciso della nostra libertà, che ci spinge all’azione. Suggerire quindi due modalità sulle quali concentrarci per riuscire a «farci prossimi» oggi: promuovere una «partecipazione significativa dei destinatari» delle azioni di aiuti, considerandoli quindi come soggetti attivi, e tenere presente l’importanza della «allocazione delle risorse», la «predisposizione di strutture adeguate» nonché l’esistenza di «vincoli di bilancio», senza però sacrificare ad essi la nostra umanità ma considerandoli occasioni per esercitare la nostra creatività alla ricerca di soluzioni percorribili e per alimentare i valori di fondo che rendono civile la nostra società.

Le imprevedibili situazioni di emergenza come quella attuale, conclude p. Costa, richiedono dunque di non mettere in atto facili equazioni per cui «farsi prossimi» significa mettere in pratica un’accoglienza indiscriminata, ma di fare ciò che è possibile al momento, sempre guidati da una «coscienza capace di comprendere come rispettare e promuovere la dignità propria e altrui», decidendo non solo che cosa noi come italiani intendiamo fare con chi sbarca sulle nostre coste, ma anche che cosa vogliamo fare di noi stessi: «farci prossimi», oppure farci i fatti nostri.

Inoltre, nel numero di maggio si parla di:

- Pakistan: Stato e religione in un Paese islamico

- Federalismo fiscale

- Il multiculturalismo in Europa

- Giuseppe Lazzati, a 25 anni dalla morte

 


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Mercoledì 04 Maggio,2011 Ore: 15:02
 
 
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