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www.ildialogo.org Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, per il rispetto assoluto del diritto alla Vita anche da parte dello Stato della Cittą del Vaticano, e quindi, della Chiesa,di Giuseppe Cavallaro, diacono della Chiesa Cattolica

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, per il rispetto assoluto del diritto alla Vita anche da parte dello Stato della Cittą del Vaticano, e quindi, della Chiesa

di Giuseppe Cavallaro, diacono della Chiesa Cattolica

- Dio, non solo, ha comandato di “Non uccidere” (Es 20,13; Mt 19,18), ma di Non uccidere Caino (Gn 4,15).

Il diritto alla vita”, che si identifica con la persona umana, ha valore assoluto perché ogni persona che viene al mondo è titolare esclusiva di questo diritto sacro e inviolabile.

Mentre, lo Stato della Città del Vaticano, che si identifica con la Chiesa, considera moralmente e culturalmente ammissibile la pena di morte : “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non escludeil ricorso alla pena di morte (Catechismo. n° 2267).

Infatti, come gli Stati che la prevedono nei loro ordinamenti giuridici, anche la Chiesa, considera l’inviolabilità assoluta della vita umana una prerogativa delle sole persone innocenti : “Il comandamento <> ha valore assoluto quando si riferisce alla persona innocente” (Ev. vitae n° 57).

Perciò, anche se dall’Unità d’Italia, essa non l’ha più comminata direttamente, tuttavia, ha continuato a favorirla moralmente e culturalmente. In realtà, con il Catechismo, e non solo, che rappresenta “La Costituzione morale della Chiesa” affermando che “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non escludeil ricorso alla pena di morte induce le persone alla liceità morale e culturale della pena di morte.

A che giova, dunque, rivolgere appelli per la sua abolizione e pubbliche richieste di sospendere alcune esecuzioni capitali se, poi, “il principio di liceità morale della pena di morte” continua ad essere parte integrante della sua Dottrina e della sua Tradizione?

Sta di fatto che “Il principio di liceità morale della pena di morte” induce moralmente e culturalmente le persone a violare “il diritto alla vita” difeso, non solo, dall’Articolo 27 della nostra “Costituzione Italiana”, in cui si afferma espressamente che “Non è ammessa la pena di morte”, ma anche dall’ Articolo 3 della “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” e dal suo solenne “Proclama”.

Pertanto, l’Associazione di Volontariato “La Vita” presieduta da un diacono, istituita il 22-11-2010, iscritta all’Albo delle Libere Associazioni e delle Organizzazioni di Volontariato come da Regolamento, approvato con delibera di C.C. n 155/08 nella Sezione Sociale con sede legale in S. Giorgio a Cremano ( Na ) alla via Gramsci n°33, precisando che questa iniziativa, non è assolutamente volta contro la Chiesa, ma solo, contro “il principio di liceità morale della pena di morte”, che istiga culturalmente e moralmente la persona umana a violare “il diritto alla vita”, si appella al “Presidente della Repubblica Italiana”, affinché anche lo Stato della Città del Vaticano, e quindi la Chiesa, si conformi, se non alla Legge di Dio “Non uccidere” (Es.20,13 ; Mt 19, 18 ; Rm 13,9), alla “Costituzione Italiana” e alla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”.

Il Presidente dell’Associazione “La Vita”
Giuseppe Cavallaro

8/12/2011

www.associazionelavita.it mail gius-cavallaro@libero.it

Anche per la Chiesa la Storia umana è maestra di vita

Sebbene il Concilio Vaticano II la obbliga al rinnovamento, la Chiesa continua a promuovere il principio di liceità morale della pena di morte : “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude…il ricorso alla pena di morte” (N.C. n° 2267).

Nemmeno Giovanni Paolo II, che tanto si è impegnato contro la pena capitale, è giunto ad escludere dalla dottrina cattolica questo principio.

Eppure, la natura negativa del quinto Comandamento : “Non uccidere”, vieta in modo assoluto, non solo, l’uccisione delle persone innocenti, ma anche delle colpevoli, non solo degli Abele, ma anche dei Caino: “Chiunque ucciderà Caino, subirà la vendetta sette volte” (Gn 4, 15) : Dio considera grave l’uccisione di Abele da parte di Caino, ma considera gravissima l’uccisione di Caino da parte di terzi.

Da una prospettiva morale, “il ricorso alla pena di morte” si identifica con “l’omicidio volontario” perché “il ricorso alla pena di morte”, proprio come “l’omicidio volontario”, cagiona la morte ad una persona umana con la precisa volontà di ucciderla.

Anzi, “il ricorso alla pena di morte” si accompagna con l’aggravante della premeditazione, infatti, l’esecuzione capitale è sempre preceduta da una accurata preparazione.

Perciò, il Concilio Vaticano II condannando “ogni specie di omicidio” (Gaudium et spes n° 27/c), implicitamente condanna anche “il ricorso alla pena di morte”, che è una “specie di omicidio”.

Giovanni Paolo II nella sua Lettera apostolica “Tertio Millennio Adveniente” si augurava che il Giubileo dell'anno 2000 fosse occasione per una purificazione della Chiesa da tutte “le forme di contro-testimonianza e di scandalo " (n° 33). E, non è forse una forma “di contro-testimonianza e di scandalo” il “principio di liceità morale della pena di morte” ? Con questo principio la Chiesa non ha forse condannato a morte un numero di persone che solo Dio conosce e, cosa ancora più grave che “il ricorso alla pena di morte” implica, fatto morire persone assolutamente innocenti ? E, ancora oggi, non fornisce con questo principio un pericoloso alibi alle coscienze di quanti sono inclini alla pena di morte?

E questo, benché Gesù le avesse espressamente comandato di non esercitare mai l’arbitrio assoluto essendo la legge umana per sua natura imperfetta (Mt 13,24-30).

Perciò, le sue mani sono intrise di sangue umano e tali resteranno finché non le avrà purificate con la penitenza e il rinnovamento : “La Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme è sempre bisognosa di purificazione, mai tralascia la penitenza e il rinnovamento”(Lumen gentium n° 8/c).

Ora, per la Chiesa Il rinnovamento, non consiste in un semplice cambiamento, ma in un sincero pentimento degli errori commessi e il ritorno agli insegnamenti della Chiesa primitiva fondata dagli Apostoli, tra cui il rifiuto assoluto della pena di morte : “La Chiesa primitiva ha valore esemplare per ogni periodo di rinnovamento e di crescita ecclesiale” (Ev. e Min. n°43).

Il rinnovamento della Chiesa è favorito anche dalla “Storia umana”, essendo la quale una importante fonte teologica.

E un esempio di storia umana che ha contribuito al suo rinnovamento è quello relativo all’Unità d’Italia : se non moralmente, praticamente le ha proibito l’utilizzo della pena di morte e favorito la sua liberazione dal potere temporale riportandola, così, nel solco della Tradizione Apostolica.

Per cui, da una prospettiva teologica, considerare anche la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” e la “Costituzione Italiana” eventi storici che potrebbero promuovere il suo rinnovamento, non è farle un torto, ma orientare questi eventi, o meglio, “questi segni dei tempi” verso i fini di verità e giustizia fissati da Dio stesso.

Ecco perché, l’Associazione “La Vita”, non disdegna di rivolgersi con una lettera aperta al “Capo dello Stato”, al quale chiede di intervenire, non contro la Chiesa, ma contro il suo “principio di liceità morale” che induce, moralmente e culturalmente, le persone a violare il “diritto alla vita umana” sancito dalla Legge di Dio e difeso, sia dalla “Costituzione Italiana” che dalla “Dichiarazione Universale dei Diritti umani” e dal suo solenne “Proclama”.

L’Associazione “La Vita”, sarà presente a Roma domenica 5 Febbraio 2012, “Giornata Nazionale della Vita”, all’Angelus del Papa, al quale chiederà, esponendo uno striscione, di rinunciare, al “principio di liceità morale della pena di morte” e difendere, in modo assoluto, la sacralità e l’inviolabilità della vita umana dal suo concepimento alla fine naturale.

diacono Giuseppe Cavallaro

8/12/2011



Domenica 18 Dicembre,2011 Ore: 15:28
 
 
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