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www.ildialogo.org “GINEVRA 2”: PER LA SIRIA QUASI UN FALLIMENTO. O QUASI UNA SPERANZA?,da Adista Notizie n. 6 del 15/02/2014

“GINEVRA 2”: PER LA SIRIA QUASI UN FALLIMENTO. O QUASI UNA SPERANZA?

da Adista Notizie n. 6 del 15/02/2014

37511. ROMA-ADISTA. A voler caparbiamente guardare il bicchiere mezzo pieno, alla Conferenza internazionale per la pace in Siria “Ginevra 2” svoltasi in quel di Montreux fra il 22 e il 31 gennaio, del positivo c’è stato, ed è rintracciabile in quattro punti: le parti in conflitto – il governo di Bashar al Assad e l’opposizione in armi, soprattutto quella che si riconosce nella Coalizione nazionale – erano entrambe presenti, anche se spesso non nella stessa stanza, e ce n’è voluto di fine lavoro diplomatico solo per portarle a questo; tutti hanno osservato il minuto di silenzio per le vittime, 140mila in poco meno di due anni di guerra, più di un terzo civili, di cui oltre 7mila bambini; sono state accolte come punto di partenza le conclusioni di “Ginevra 1”, ovvero dare vita ad un governo di transizione per preparare una nuova Costituzione e libere elezioni; infine, le parti hanno promesso di rivedersi il 10 febbraio per la ripresa dei colloqui.
Gran parte del bicchiere è però rimasto drammaticamente vuoto: nessun accordo è stato raggiunto per la formazione di un governo transitorio, percorso che l’opposizione pretende sia avviato solo dopo l’estromissione del presidente Assad, il quale al contrario vanta la legittimità della sua presenza in quanto liberamente (sostiene) eletto dal popolo siriano e chiede una dichiarazione di principi che preservi le istituzioni di Stato e fermi la minaccia dei gruppi "terroristici"; nessun accordo per un cessate il fuoco e nemmeno sul modo di affrontare un’emergenza umanitaria che sta portando alla morte per fame, per precarietà sanitaria, per freddo migliaia di persone. È sembrato, a un certo punto, che si potesse sperare nell'apertura di un corridoio umanitario ad Homs – sottoposta ad un assedio governativo da un anno e mezzo, e dove «impazziscono per la fame», ha dichiarato il 75.enne gesuita p. Frans Van der Lugt (Radio Vaticana, 5/2) – per consentire alle donne e ai bambini di lasciare la città vecchia, dove i ribelli hanno le loro basi. Ma lì per lì non se n’è fatto nulla e la delusione è stata tanta (poi il 6 febbraio le autorità siriane hanno raggiunto un accordo con l’Onu per evacuare i civili nei quartieri ribelli di Homs).
Non erano presenti i rappresentanti di tutte i gruppi anti-Assad, perché la divisione fra di essi è somma. Varie formazioni islamiste si stanno scontrando sul terreno con tale intensità e brutalità che il leader della rete islamista, Ayman al-Zawahri, è voluto intervenire con un video-messaggio facendo appello ai ribelli siriani perché interrompano la battaglia interna (soprattutto ribelli jihadisti contro i qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante) e si concentrino sul conflitto contro Damasco, e chiedendo la creazione di tribunali speciali per risolvere le dispute tra fazioni senza ricorso alle armi.
Esclusi poi dal tavolo delle trattative sono i curdi, 3 milioni e mezzo di persone, il 15% della popolazione del Paese. Sono attivi nel nord del Paese dove gestiscono autonomamente alcune enclave di territorio e sono in conflitto con i jihadisti di al-Nusra e i qaedisti dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante che vogliono mantenere il controllo dei giacimenti petroliferi di quelle zone. «Alcune forze stanno tentando di escluderci dalla ricerca di una soluzione e non rappresentano nessuno», ha protestato da Ginevra Saleh Muslim, leader del Kurdish Democratic Union Party e rappresentante in Svizzera del Consiglio Supremo Curdo, promettendo: «Continueremo la nostra battaglia fino a quando otterremo i nostri diritti democratici».

Ginevra 2: le richieste della Santa Sede
Alla seconda Conferenza di Ginevra, diretta personalmente dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, presenti anche i ministri degli Esteri di una quarantina di Paesi, fra i quali lo statunitense John Kerry e il russo Sergey Lavrov, il rappresentante vaticano, mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente alle Nazioni Unite, ha preso la parola il 23 gennaio. Ribadendo la convinzione della Santa Sede che «la violenza non porti da nessuna parte se non alla morte, alla distruzione e alla mancanza di futuro», ha presentato alcune richieste: «L’immediato e incondizionato cessate il fuoco e la fine delle violenze di ogni genere»; «una maggiore assistenza umanitaria»; l’avvio della «ricostruzione» contestualmente all’inizio dei negoziati; il sostegno delle «potenze regionali e internazionali» ad un «dialogo costante» perché «la pace in Siria potrebbe diventare un catalizzatore della pace in altre parti della regione». Mons. Tomasi ha concluso con un suggerimento: «Un approccio giusto sarebbe quello di riconoscere che l’esistenza della diversità culturale, etnica e religiosa e del pluralismo non deve essere un fattore negativo o, peggio, una fonte inevitabile di conflitto, ma piuttosto una possibilità per ogni comunità e individuo di dare il proprio contributo al bene comune e allo sviluppo di una società più ricca e bella».

Poco, pochissimo è meglio di niente
«Un inizio modesto»: non poteva definire altrimenti i risultati di “Ginevra 2” il negoziatore internazionale per la Siria Lakhdar Brahimi, alla chiusura dei lavori. È tuttavia un inizio «su cui si può costruire», ha aggiunto volendo e dovendo credere, non fosse che per il suo ruolo, che ci sia speranza.
Stessa posizione espressa, in una intervista al Sir, l’agenzia dei vescovi italiani il 3 febbraio, dal francescano Georges Abou Khazen, che essendo vicario apostolico di Aleppo è sul campo, portavoce del pensiero dei siriani: «Non è facile, ma sperare in decisioni coraggiose e pregare per queste, sono le uniche cose che possiamo fare adesso». E sullo stallo registrato da “Ginevra 2” il francescano manifesta la «sensazione», sempre più condivisa in molti ambienti nazionali e internazionali, «che invece di discutere solo della crisi siriana si sono affrontate anche questioni regionali ed internazionali e ciò non fa che complicare le cose». Il ruolo della comunità internazionale nei colloqui, precisa, «è quello di accompagnare le due parti, facendo giusta pressione, perché trovino un accordo, evitando di mettere sul tavolo i propri interessi nella Regione. Se saranno gli interessi internazionali a prevalere, allora arrivare ad un accordo sarà sempre più complicato. Al contrario, se a prevalere sarà il dossier siriano, sono certo che un accordo, prima o poi, sarà raggiunto». Insomma, a Montreux non si è certo pensato al bene dei siriani, come aveva sollecitato papa Francesco in apertura di Conferenza, dicendo: «Prego il Signore che tocchi i cuori di tutti perché, cercando unicamente il maggior bene del popolo siriano, tanto sofferente, non risparmino nessuno sforzo per giungere urgentemente alla cessazione della violenza e porre fine al conflitto».

Nessuna buona nuova per i rapiti in Siria
“Ginevra 2” non ha dato adito ad alcuna speranza sulla sorte dei rapiti in Siria. Nulla si sa del gesuita p. Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa a fine luglio, né dei due vescovi ortodossi di cui non c’è traccia dal 22 aprile 2013 (il greco-ortodosso Boulos Yazigi e il siriaco-ortodosso Yohanna Ibrahim), di p. Michel Kaygal, armeno-cattolico (scomparso il 9 febbraio 2013), di p. Maher Mahfouz, greco-ortodosso. Sono nelle mani dei ribelli dal 1° dicembre scorso anche 12 suore ortodosse del Monastero di Santa Tecla di Maalula, le uniche delle quali si ha qualche informazione. Mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, alla Radio Vaticana, il 28/1, ha detto: «Ogni tanto trapela qualche notizia. Sono piuttosto rassicuranti: le monache sarebbero trattate bene; si sa, più o meno, dove sono trattenute, in una casa nella cittadina di Abrud. Questo è un caso un po’ diverso. Loro stesse, di quando in quando, possono telefonare a qualche persona, a qualche altra religiosa».
Per la liberazione di tutti loro, il 27 gennaio il patricarca Kirill di Mosca e il patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Yohanna X, hanno rivolto un comune appello a “Ginevra 2”, invitando inoltre tutti i partecipanti a «respingere ogni manifestazione estremista» e a «fermare la distruzione della inestimabile eredità culturale e religiosa» radicata in Siria.
Il 29 gennaio, a sei mesi dal rapimento di p. Dall’Oglio, si è pregato per il gesuita e per tutte le persone sequestrate in Siria, anche le più sconosciute. All'iniziativa hanno preso parte numerosi gruppi in diverse città dell'Europa, del Medio Oriente, degli Stati Uniti, dell'Australia e Nuova Zelanda e dell'America Latina. (eletta cucuzza)
Articolo tratto da
ADISTA
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Domenica 23 Febbraio,2014 Ore: 08:16
 
 
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