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www.ildialogo.org Il conflitto si sta sempre pił confessionalizzando e radicalizzando in dinamiche balcaniche.,da Ansamed e agenzia FIDES

Siria
Il conflitto si sta sempre pił confessionalizzando e radicalizzando in dinamiche balcaniche.

da Ansamed e agenzia FIDES

Da una parte i "ribelli" si rifanno a identitą sunnite e dall'altra i Cristiani che vengono armati dal governo. Ma il Vicario di Aleppo invita i cristiani a non prendere le armi


ansamed.ansa.it

Siria: cristiani alle armi, Assad pare il male minore

Chiese organizzano ronde difesa, regime distribuisce armi

21 settembre, 20:51

Soldati dell'esercito siriano nel quartiere di Yalda a Damasco (archivio)

(di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT - Terrorizzati dall'ignoto dopo decenni di regime autoritario apparso bene o male "garante delle minoranze", i cristiani in Siria cominciano ad organizzarsi in milizie non solo a protezione dei loro quartieri, ma anche a sostegno delle forze fedeli al presidente Bashar al Assad.

"I servizi di sicurezza hanno distribuito le armi alle nostre famiglie circa un mese fa", racconta Abu Ayub, pseudonimo di un commerciante della città vecchia di Damasco. "Ci hanno detto che le armi servono a proteggerci contro i terroristi. Il fucile lo tengo, ormai qui è pieno di criminali".

Abu Ayub parla via Skype dopo esser stato raggiunto dall'ANSA tramite un contatto comune, anch'egli commerciante di Damasco vecchia ma musulmano sunnita, di passaggio a Beirut. Abu Mazen, pseudonimo del secondo negoziante, afferma che "ormai la città è piena di bande di criminali, che saccheggiano, rubano, rapiscono… Sapete chi ha liberato questa feccia dalle carceri?", domanda in modo retorico, riferendosi al presidente Assad.

Il timore di un'inedita ondata di criminalità in una Siria a lungo "sicura" e "stabile" è ora associato al terrore generato dai gruppi fondamentalisti islamici. Anche per questo, affermano intimoriti alcuni cristiani della capitale, sono state create le "ronde di quartiere", composte da giovani cristiani, in abiti civili e armati di fucili automatici. "Assomigliano agli shabbiha - le tristemente note milizie lealiste - ma le autorità ecclesiastiche ci tengono che non siano chiamate così", afferma un giornalista locale che preferisce rimanere anonimo.

E' poco chiaro il ruolo dei vertici religiosi nella organizzazione di queste "ronde". Padre Nizar, pseudonimo di un prete di Damasco rifugiatosi a Beirut perché sostenitore della rivolta, conferma che "nella città vecchia le parrocchie hanno dato incarico ai giovani del posto di organizzare dei turni di guardia all'ingresso dei rioni".

Abu Ayub conferma però le voci di un ruolo diretto del regime nel creare delle milizie confessionali. "Il capo alawita degli shabbiha nella città vecchia è venuto da me e da altri per darci le armi e dirci di andare in strada con loro quando necessario".

Così nascono i "comitati popolari": agiscono nelle zone abitate in prevalenza da cristiani, drusi e sciiti, minoranze che si sentono minacciate da un'eventuale svolta monopolizzata dai sunniti. Affiancano i gruppi di shabbiha alawiti, membri della comunità a cui appartengono i clan al potere in Siria da più di 40 anni. Secondo la retorica ufficiale, i "comitati popolari" hanno di recente difeso dai terroristi (come vengono denomintati senza distinzione i ribelli anti-regime) il quartiere di Sayyida Zeinab, a sud-est di Damasco, dove sorge un importante santuario sciita. E' inoltre documentata la presenza ad Aleppo di shabbiha armeni nel quartiere di Midan, ora sulla linea del fronte tra Esercito libero (Esl) e forze governative. Michel Shammas, avvocato cristiano e da anni difensore delle cause dei prigionieri politici, ha di recente avvertito gli abitanti della regione a ovest di Homs - la Valle dei Cristiani - di non cadere nel "tranello confessionale" teso dal regime.

Dopo alcuni casi di rapimenti e uccisioni a danno di cristiani, a Wadi an Nasara sono nati i "comitati popolari". (ANSAmed).


 

ASIA/SIRIA - Il Vicario delegato di Aleppo: i cristiani aiutano i profughi, non prendono le armi

Aleppo (Agenzia Fides) - "Ci sono decine di migliaia di famiglie di sfollati nell'area metropolitana di Aleppo, fuggiti dai quartieri dove si combatte. Trovano riparo nelle scuole, nelle chiese, nelle moschee, negli edifici pubblici e in tante sistemazioni di fortuna. Devono mangiare, bere, dormire, vestirsi, curarsi. Tanti volontari delle nostre comunità si stanno occupando di loro, insieme ad altri gruppi di volontari siriani". Così racconta all'Agenzia Fides il francescano p. Georges Abou Khazen, Ofm, Vicario delegato del Vicariato apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. Gli interventi di prima assistenza sono, secondo padre Georges, le sole iniziative collettive che connotano le comunità cristiane in quanto tali rispetto al conflitto armato tra insorti e forze armate lealiste che due mesi dilania l'area della metropoli siriana, tra raid aerei e scontri strada per strada.
Davanti alle notizie circolate su gruppi di cristiani che avrebbero deciso di formare pattuglie di autodifesa armata per difendere le famiglie e le case dagli attacchi subiti da parte di miliziani stranieri, il francescano Abou Khazen reagisce con fermezza: "La Chiesa - dichiara a Fides - non fa altro che predicare l'amore e la pace per tutti, anche in situazioni tragiche come quelle che stiamo vivendo. Poi ognuno risponde alla sua coscienza. Ma l'immagine messa in circolo di gruppi cristiani che si armano può avere effetti tremendi. E' come un segnale: sono armati, quindi andate lì e ammazzateli tutti".
La prospettiva "libanese" di gruppi e fazioni che prendono le armi in uno scenario ormai impazzito non può trovare coperture ecclesiali. Proprio il flusso di armi provenienti dall'esterno è secondo padre Abou Khazen la riprova più eloquente delle responsabilità internazionali del conflitto siriano: "Gli altri Paesi dovrebbero costringere i contendenti alla tregua e poi a vedere insieme come si può uscire da questa tragedia. Invece da fuori non arrivano aiuti per i gli sfollati. Mandano solo armi, che alimentano morte e distruzione".
Anche Benedetto XVI, sul volo che lo portava a Beirut, ha definito "peccato grave" il traffico di armi, individuandolo come fattore di alimentazione costante dei conflitti mediorientali. In quell'occasione, il Papa ha richiamato la necessità di "cessare l'importazione di armi: perché senza l'importazione di armi la guerra non potrebbe continuare". (GV) ( Agenzia Fides 21/9/2012)

Altre notizie su: www.fides.org



Sabato 22 Settembre,2012 Ore: 22:12
 
 
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