- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (235) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Rassegna stampa del 07/09/2012,

Siria
Rassegna stampa del 07/09/2012

La brigata internazionale in Siria

La storia del piccolo esercito formato anche da veterani libici che combatte in Siria e ha misteriosi finanziamenti.

vietatoparlare.it

fonte: ilpost.it

La giornalista della CNN Jomana Karadsheh racconta la storia della brigata “Liwaa al-Umma”, un gruppo di ex ribelli libici che dopo essere stati tra i primi a entrare a Tripoli l’anno scorso, hanno attraversato il Mediterraneo e sono andati a combattere in Siria contro il regime di Bashar al Assad. La brigata è guidata da Al-Mahdi al-Harati, un libico-irlandese che sugli altri articoli che parlano di lui viene descritto, di volta in volta, come un ribelle romantico, un fanatico religioso o un capitano di ventura. Grazie a finanziamenti di provenienza poco chiara Harati in poco più di un anno è passato da essere un maestro di scuola a sedere nel Consiglio di Transizione libico e guidare una brigata di 6.000 uomini in Siria.

Il nome della brigata, “Vessillo nazionale” o “delle nazioni”, ricorda quello delle brigate internazionali, i gruppi di volontari da tutto il mondo che tra il 1936 e il 1939 andarono in Spagna per combattere il regime fascista di Francisco Franco. «Ho deciso di mettere la mia nazionalità da parte», ha spiegato alla CNN, «e mettere la mia esperienza a disposizione di chi ne ha bisogno». Nella brigata combattono, oltre a molti siriani, arabi di varie nazionalità provenienti da tutto il mondo.

Harati è stato tra i primi ribelli a entrare a Tripoli, lo scorso agosto. All’epoca guidava la “Brigata rivoluzionaria di Tripoli”, una delle formazioni armate più famose dell’esercito di liberazione libico. L’anno scorso l’Irish Times ha raccontato la sua biografia. Harati, 38 anni, era un insegnante di arabo. Sua moglie e suo figlio vivono tutt’ora a Dublino, dove Harati insegnava. Harati era a bordo di una delle navi della Freedom Flotilla, il gruppo di navi turche che nel 2010 cercò di forzare il blocco israeliano a Gaza.

Harati ha visitato la Siria per la prima volta l’anno scorso, dopo la liberazione della Libia. Racconta che il suo primo viaggio è stato una specie di ricognizione sul campo, per vedere di cosa potessero aver bisogno i ribelli siriani. Alcuni mesi fa, racconta Harati, decise di partire per andare a combattere in Siria. La sua brigata, ha spiegato alla CNN, è composta soltanto da volontari. Per il momento sarebbero circa 30 i veterani libici che si sono uniti alla brigata. In tutto, secondo l’Irish Times, la brigata sarebbe composta da seimila persone, per il 90 per cento siriani e per il 10 per cento libici o di altre nazioni.

Parte della brigata di Harati è impegnata nei combattimenti a circa 10 chilometri da Aleppo, la città più grande della Siria, da ieri sotto assedio da parte del regime. Secondo Harati venerdì, dopo uno scontro di quattro ore, i suoi uomini hanno ucciso 63 soldati di Assad, perdendo 3 dei loro. Nonostante combattano nello stesso territorio, la brigata di Harati e il Free Syrian Army (FSA), la principale forza dei ribelli al regime di Assad, operano in modo indipendente.

Quelli che scelgono di arruolarsi nella brigata Liwaa al-Umma spesso lo fanno per la sua ispirazione religiosa. «Ci dicono che siamo jihadisti estremisti», ha raccontato alla CNN Mohammed, un ragazzo di 23 anni, volontario, «ma non lo siamo. In Libia abbiamo fatto il Jihad, abbiamo assaporato la bellezza del Jihad. Ma non facciamo il Jihad come la fanno al Qaida e altri».

Oltre all’accusa di arruolare fanatici religiosi, Harati è anche sospettato di essere un mercenario. Alcuni suoi viaggi fanno pensare che Harati e i suoi uomini abbiano ricevuto finanziamenti e addestramento in Qatar, uno dei pochi paesi arabi a fornire un aiuto militare alle forze della coalizione durante i bombardamenti in Libia.

Altre fonti:
CNN – Libya rebels move onto Syrian battlefield ( http://edition.cnn.com/2012/07/28/world/meast/syria-libya-fighters/index.html )


ricerca.repubblica.it

L' orrore di una guerra troppo fotogenica

L' ESTATE del 2012, come quella del 2011, è stata scandita dagli echi della guerra: questa volta però non in Libia, ma in un altro Paese arabo, la Siria. E non sono le forze occidentali (le nostre) che schiacciano il turpe nemico, si tratta di una guerra civile di cui noi, almeno ufficialmente, siamo soltanto spettatori. L' impressione globale che traggo dalle mie frequentazioni mediatiche estiveè quella di una fascinazione di fronte allo spettacolo della guerra. C' È UNA frase che coglie e al tempo stesso incarna lo stato d' animo che sovrintende a questi reportage militari ed è di Florence Aubenas. Giornalista stimata, la Aubenas descrive un convoglio pronto a partire per il fronte, poi aggiunge: «Intorno,i bambini fanno ala, sbalorditi, irretiti dall' ammirazione a tal punto che non osano più avvicinarsi a quegli uomini». Visto che nemmeno la Aubenas stessa osa commentare lo sbalordimento di quei bambini, conseguenza tragica del conflitto, siamo noi - giornalisti e lettori - che siamo invitati a condividere questa esperienza di folgorazione. La fascinazione si traduce, nella stampa, in una sovrabbondanza di immagini: la guerra è fotogenica. Pagina dopo pagina, contempliamo le rovine fumanti degli edifici, i cadaveri stesi sul selciato, i cattivi condotti all' interrogatorio, probabilmente energico;o ancora le immagini di uomini giovani e belli con un kalashnikov in mano o a tracolla. Le foto, lo sappiamo, provocano un' emozione forte, ma prese isolatamente non emettono alcun giudizio ed è impossibile dare loro un senso. La stessa compiacenza caratterizza i testi che accompagnano le foto: ci si rallegra di vedere gli effetti di un attentato audace, di scoprire un esercito che si appresta a prendere il potere. «La battaglia galvanizza i ribelli», ma galvanizza palesemente anche i giornalisti. Le foto mostrano i visi inquieti dei prigionieri, le didascalie li identificano stringatamente: «Un uomo sospettato di essere un informatore», «Un poliziotto accusato di spionaggio»; sono ancora vivi al momento della pubblicazione? Si traccia con disinvoltura il ritratto di un ragazzo «modesto» la cui specialità è «sopprimere i dignitari e i capi dei miliziani». Ma non è da biasimare: «È un assassino di assassini, un uccisore di uccisori». I combattimenti, la violenza non sono solamente fotogenici, sono anche mitogenici, generano i racconti più palpitanti, quelli che ci fanno fremere e comunicare. Nella grande maggioranza dei casi, i media non si accontentano di rappresentare la guerra, la glorificano: hanno scelto da che parte stare e partecipano allo sforzo bellico. A dire il vero, la guerra suscita quasi sempre una fascinazione, perché rappresenta la situazione per eccellenza in cui, in nome di un ideale superiore, si è pronti a rischiare la cosa più preziosa che si possiede, la vita. A ciò si aggiunge l' ammirazione che nutrono gli spiriti contemplativi per gli uomini d' azione, rapidamente trasformati in simboli, e anche l' attrattiva che esercita la violenza: proviamo piacerea guardare distruzioni, massacri, torture. Il fascino della guerra nasce anche dal fatto che rappresenta una situazione semplice, dove la scelta viene da sé: il bene si contrappone al male, i nostri agli altri, le vittime ai carnefici. Mentre prima l' individuo poteva trovare la propria vita futile o caotica, ora essa assume un senso pregnante. Di colpo non ci si preoccupa più di interrogare la realtà che sta dietro alle parole. La rivoluzione è necessariamente un bene, qualunque sia l' esito? E la lotta per la libertà non rischia di dissimulare un semplice desiderio di potere? Basta rivendicare i diritti umani, denominazione d' origine non controllata, per essere consacrati come loro difensori? Eppure, negli stessi resoconti, compare un' altra immagine della guerra, se solo si va al di là dei titoli a effetto e delle didascalie delle foto e ci si interessa nel dettaglio alle descrizioni. Le giustificazioni ideologiche, essenziali in un primo momento per mettere in moto una guerra civile, in un secondo momento servono soltanto a rivestire una logica più potente, inerente alla guerra stessa, una catena di rappresagliee controrappresaglie, con la violenza che ogni volta sale di una tacca più su. «Nessun perdono è possibile, sarà occhio per occhio e dente per dente». «Quelli che hanno ucciso li uccideremo». L' intransigenza diviene un dovere, la negoziazione e il compromesso sono percepiti come dei tradimenti. Le vittime principali non sono i combattenti dell' uno e dell' altro esercito, ma le popolazioni civili, sospettate di complicità con il nemico, che vivono nell' insicurezza permanente, che muoiono in esplosioni indiscriminate, che fuggono abbandonando le loro case e i loro villaggi, che si ammassano nei campi profughi installati nei Paesi vicini. Le guerre civili non sono mai un semplice scontro fra due parti della popolazione, consacrano la scomparsa di qualsiasi ordine legale comune, incarnato ai giorni nostri dallo Stato, e rendono dunque lecite le manifestazioni della forza bruta: saccheggi, stupri, torture, vendette personali, uccisioni gratuite. Questo probabilmente è il futuro che attende quei bambini irretiti di ammirazione. (Traduzione Fabio Galimberti)


contropiano.org

Assange: “Occidente contro la Siria per favorire Israele”

Dalla sua prigionia di Londra il fondatore di Wikileaks annuncia la pubblicazione di milioni di documenti del governo siriano e accusa l'occidente di manipolazione mediatica sulla guerra civile in corso in Siria.


«In Siria è in atto un processo di democratizzazione ma è chiaro che a Stati Uniti, Regno Unito, Israele e Francia non interessa». A sostenerlo è stato ieri Julian Assange, il fondatore di Wikileaks rifugiato da mesi all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sfuggire all’arresto ordinato dai governi della Svezia e degli Stati Uniti. ''Ci sono state delle riunioni l'anno scorso con personale dell'esercito degli Usa, e anche qualche militare europeo, nelle quali si discuteva in anticipo di questa campagna militare, e c'erano già forze speciali in Siria' ha detto Assange.
«I poteri occidentali stanno usando la vicenda siriana per togliere di mezzo il governo...favorire Israele e indebolire l'Iran: è per questo che c'è stata una enorme manipolazione della stampa» ha aggiunto Assange nel corso di un’intervista concessa alla tv panamericana "Telesur". Il fondatore di Wikileaks ha fatto riferimento, ad esempio, «alla distorsione delle foto da parte della Bbc: hanno mostrato una immagine con centinaia di cadaveri gettati per terra scattata in Iraq, dicendo poi che era la Siria».

«Parliamo di 20 o 40 mila morti in Libia» ha commentato Assange secondo il quale in Siria, nel caso di un intervento militare esterno, «ce ne sarebbero 100 mila, con un esito politico incerto. Ci potremmo trovare con un governo migliore o anche con uno peggiore».

Per bilanciare la disinformazione mediatica in corso sul conflitto in Siria Wikileaks pubblicherà nei prossimi giorni oltre due milioni di file di documenti del governo siriano. Secondo Assange i documenti siriani che verranno pubblicati potranno dare "una prospettiva dal di dentro" della guerra civile in corso ormai da 17 mesi.


nena-news.globalist.it

Al Jazeera in declino, paga copertura a senso unico della crisi siriana
Ascolti in calo per la tv un tempo fiore all'occhiello dell'informazione araba. E' rimasta vittima della sua lettura a senso unico delle guerre civili in Libia e Siria

assadakahsardegna.com

Damasco. La delegazione di Assadakah a colloquio con il presidente Assad, "Siete la finestra siriana sull'Italia"

Damasco. In queste ore la delegazione di Assadakah, centro italo-arabo del Mediterraneo, guidata dal Segretario Generale, Raimondo Schiavone, da Franco Murgia e dal responsabile esteri Talal Khrais è stata ricevuta dal Presidente Bashar al-Assad. Si tratta del primo colloquio concesso ad una delegazione italiana in questa fase di profonda tensione internazionale e dell’unico canale di comunicazione aperto tra Italia e Siria .
Importanti le dichiarazione del Presidente Assad che ha ricevuto in forma strettamente privata il Segretario Schiavone “L’Europa non ha capito che noi siamo l’avamposto contro l’integralismo, bisogna sconfiggere al-Qaeda. L’informazione sulla Siria è deformata, vogliono far vedere quello che non c’è. I terroristi sono finanziati dai Paesi del Golfo e sostenuti dalla Turchia. Dobbiamo dare sicurezza a questo paese che basa la sua vita politica sulla laicità, siamo l’architrave del Medio Oriente oggi governato troppo dai fratelli musulmani, se cade la Siria cade il Medio Oriente. Dobbiamo cacciare dalla Siria i Salafiti portati qui per fare disordine. Siamo un piccolo paese, se il popolo fosse contro di me sarei già caduto come è accaduto in Egitto e Tunisia”. Il Presidente ha accolto con favore la notizia della visita della delegazione di parlamentari siriani in Italia, sarà accolta dal Centro Italo-Arabo e ha ringraziato Assadakah per il lavoro svolto.
La delegazione di Assadakah ha presentato alla Corte dell’Aja un esposto contro il Erdogan (Turchia), Re Abdulla (Arabia Saudita) e Amad Califa (Emiro del Quatar) per crimini di guerra e contro l’umanità.
L’accusa è di aver armato i terroristi che stanno uccidendo in Siria.
Ad accompagnare la delegazione la deputata cristiana Maria Saadi che ha organizzato la visita ” Assadakah rappresenta la finestra siriana sull’Italia”.

assadakahsardegna.com


Damasco. Assadakah incontra il presidente del parlamento jhad al lahm. "La forza della Siria è l'unità nazionale contro il terrorismo e la disinformazione dei media internazionali"

Damasco. La delegazione presieduta dal Segretario Raimondo Schiavone ha incontrato il presidente del parlamento siriano jihad al laham, il quale ha garantito tutto il sostegno possibile affinché Assadakah possa perseguire l’azione legale contro i criminali di guerra, il presidente del parlamento siriano supporterà il centro italo arabo fornendo tutti i documenti necessari ad essi si aggiungeranno le denunce dei cittadini siriani colpiti.

Si è stabilito inoltre, che la visita dei parlamentari siriani in Italia si svolgerà ad Ottobre e in quella occasione la delegazione incontrerà esponenti di spicco delle istituzioni italiane.

Il presidente ha dichiarato: “La forza della Siria è l’unità nazionale contro il terrorismo e la disinformazione dei media internazionali. L’Europa sta facendo peggio dell’Almerica che invece comincia a capire che non si può finanziare al-quaida.

Al laham ha proseguito dicendo che Ollande ha fatto grandi errori ricevendo un terrorista nelle scorse settimane. Il paradosso è che Arabia saudita e Qatar parlano di assenza di democrazia in Siria e non hanno neanche una costituzione nei loro stati. Erdogan opprime i curdi. Il popolo siriano saprà uscire da questa situazione con una operazione che metterà in luce la verità nonostante l’informazione sia tutta nelle mani dei potenti del mondo. Assadakah rappresenta oggi l’unico canale con Italia, siete voi il nostro punto di riferimento”.




http:


Turchia, elicotteri ed F16 bombardano postazioni curde

Una gigantesca operazione - 2 mila soldati impegnati - che sembra essere una rappresaglia per l'uccisione di 10 membri delle forze di sicurezza turche, alcuni giorni fa.

Una operazione mastodontica quella che ha visto impegnati circa 2000 soldati turchi e caccia combardieri nel sud est del Paese, alla frontiera con Siria e Iraq. L'aeronautica di Ankara ha bombardato con caccia ed elicotteri la zoan, attaccando pistazioni di militanti curdi. A riferirlo sono fonti della sicurezza della Turchia.
Gli elicotteri Cobra dell'esercito turco hanno lanciato un attacco contro alcuni obiettivi sulla montagna di Kato, nella provincia di Sirnak. In appoggio all'operazione c'erano anche 10 F16 dell'aronautica.
L'attacco sembra una rappresaglia per quello che è accaduto alcuni giorni fa, quando alcuni militanti del Pkk, il partito curdo dei lavoratori, hanno ucciso dieci persone dei servizi di sicurezza, portando attacchi simultanei a quattro postazioni nella provincia.

da Internazionale, pag 13

un articolo che viene addirittura dagli Emirati e che è preoccupato dell'esercito siriano libero!

***********

Le colpe dei ribelli siriani

The National, Emirati Arabi Uniti

Perfino gli eserciti più disciplinati sono stati accu- sati di saccheggi, stupri e altre atrocità. L’Esercito siriano libero (Esl) è tutt’altro che ben governato: a causa della sua natura frammentaria, il coman- do, il controllo e la disciplina sono approssimati- vi. E per questo rischia di perdere l’appoggio dei cittadini, a Damasco e non solo. Gli abitanti della capitale sentono di esser stati trascinati in una guerra che erano riusciti a evitare rimanendo in silenzio. Ma ormai la guerra è arrivata nelle città siriane. Ed è una guerra terribile.

Alle iniziali proteste paciiche che chiedevano riforme, il regime ha risposto con massacri e bombardamenti contro obiettivi civili. In circo- stanze simili è assurdo chiedere all’opposizione di restare calma. Chi osserva la tragedia della Si- ria da lontano dovrebbe evitare la facile condan- na dell’Esercito siriano libero. Però ogni analisi lucida porta all’inesorabile conclusione che, se i ribelli rispondono alle tattiche del regime con gli stessi metodi, il futuro della Siria si proila molto cupo. Se l’esercito ribelle continua a inimicarsi i siriani, e non riesce a conquistarne il cuore e la mente, farà solo il gioco degli Assad.

La mancanza di disciplina nei ranghi dell’Esercito siriano libero rilette le divisioni in- terne alle forze dell’opposizione. In realtà, dopo le esecuzioni dei sostenitori del regime avvenute il 31 luglio ad Aleppo alcuni membri delle forze ribelli hanno adottato uncodice di condotta. Però non esiste nessuna autorità politica né militare che faccia rispettare questo codice.

Senza una visione politica unitaria l’Esercito siriano libero rischia di diventare una semplice milizia, o un insieme di milizie, che si mantiene con l’uso della forza e perino con il banditismo in uno stato ormai in declino. I siriani meritano di meglio. sdf


 



Venerd́ 07 Settembre,2012 Ore: 17:36
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
No guerra

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info