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www.ildialogo.org Il massacro di Houla: fonti e debolezze nel rapporto della Commissione Onu (e manipolazione dei media sul rapporto stesso),di Marinella Correggia

Siria
Il massacro di Houla: fonti e debolezze nel rapporto della Commissione Onu (e manipolazione dei media sul rapporto stesso)

di Marinella Correggia

Il massacro di Houla: fonti e debolezze nel rapporto della Commissione Onu (e manipolazione dei media sul rapporto stesso)


16 luglio 2012 - Articolo pubblicato sul sito: SibiaLiria.org

Quel che è successo il 25 maggio scorso nell’area di Houla (precisamente in due zone di Taldou) è stato un massacro (secondo Kofi Annan, il “tipping point” del conflitto in Siria), per il quale ogni aggettivo è insufficiente. Infatti fra gli oltre cento morti, molti erano indubbiamente non armati: donne, bambini, anziani; e non sono stati nemmeno vittime collaterali di uno scontro ma uccisi a sangue freddo e in maniera ravvicinata e diretta.

Sarebbe importante, nel ragionamento sul “che fare sulla Siria”, capire se il massacro si inquadra in una situazione di guerra civile con responsabilità da tutte le parti perché fomentata dalla fornitura di armi dall’esterno e dagli attizzati odi settari, anziché nel solito cliché “sgherri del regime contro civili disarmati”.

Sull’episodio le accuse sono state a senso unico da parte dell’Occidente e dei media, che in un primo momento parlano di “massacro dovuto ai bombardamenti indiscriminati da parte dell’esercito” salvo poi accorgersi che le persone erano state giustiziate da distanza ravvicinata e che non parevano esserci segni di distruzione da bombardamenti; a quel punto vengono accusate le milizie filogovernative dette shabiha. Il governo siriano e altre fonti accusano terroristi, che avrebbero compiuto la mattanza nelle case delle vittime mentre intorno si svolgevano scontri fra esercito e gruppi armati.

La Commissionedi inchiesta sulla Siria il 27 giugno ha presentato al Consiglio Onu per i diritti umani un documento sulla Siria (http://www.ohchr.org/Documents/HRBodies/HRCouncil/RegularSession/Session20/COI_OralUpdate_A.HRC.20.CRP.1.pdf) che riguarda anche il massacro di Houla. Un’analisi ben cauta in proposito, se si considera che devono esserci state molte pressioni da parte di paesi che contano. Il rappresentante siriano ha parlato tuttavia di rapporto politico e ha abbandonato la seduta. Ecco alcune delle affermazioni.

“Il 25 maggio 2012, durante scontri armati fra forze governative e antigovernative nel villaggio di Taldou, oltre cento persone sono state uccise secondo i rapporti. Benché alcune sia state vittime di scontri armati, in maggioranza si è trattato di donne e bambini uccisi deliberatamente nelle loro case”.

Attenzione: la Commissione stessa afferma – ma nessun media lo dice – di non avere il permesso di entrare nel paese (finora ha avuto solo un primo incontro a Damasco con il governo) e quindi – come al solito – ha “condotto la propria indagine intervistando testimoni – scelti da chi? – via skype o telefono o di persona nel caso di quelli che hanno lasciato la Siria, oltre ad aver raccolto materiale da varie fonti, governative e non, e foto e video. Si afferma che questo certo influisce sulla qualità del rapporto. Curiosamente, poi, la Commissione non cita come sue fonti gli osservatori dell’Onu! (c’è una concorrenza diffidente o gelosa fra organismi dell’Onu?).

Una ricerca quantomeno “mediata”, dunque, come le precedenti della Commissione, che anche lo scorso novembre pubblicò un rapporto le cui uniche fonti erano esponenti dell’opposizione nei paesi circostanti e a Ginevra.

La Commissionecomunque, dopo aver dato conto anche del rapporto di indagine governativo definendolo perché lontano dai requisiti di obiettività nella ricerca dei testimoni e accuratezza sul metodo, ha affermato che i responsabili del massacro potevano “appartenere a tre gruppi: shabiha o altre milizie locali dei villaggi circostanti, eventualmente operanti con l’acquiescenza delle forze di sicurezza governative; oppure forze antigovernative che cercavano una escalation al conflitto punendo chi non sosteneva attivamente l’opposizione; o infine gruppi esteri di affiliazione ignota. Con le prove a disposizione,la Commissione non ha potuto escludere nessuna delle tre possibilità” (affermazioni ai punti 48 e 49 della relazione).

Ma poi al punto 55 afferma che “anche se non è in grado di determinare i responsabili, tuttavia ritiene che forze leali al governo possano essere state responsabili della maggior parte delle morti”. Dunque, grande cautela (“ritiene”, e “possano essere” e anche “la maggior parte delle morti”…e le altre?). Cosa ha indottola Commissionea propendere, seppure con molta incertezza, per questa ipotesi? Alcuni ragionamenti nei punti precedenti del rapporto.

Come il fatto che i cadaveri delle famiglie Razzak e Sayed sono stati portati via da gruppi dell’opposizione, arrivati per primi sulla scena del delitto, e da loro preparati per i funerali, ai quali appunto attivisti dell’opposizione hanno partecipato in gran numero. Però, la stessa Commissione afferma di non aver potuto capire se le famiglie uccise fossero pro governo o pro opposizione, e se la famiglia Sayed fosse legata con la famiglia Mashlab (di un neoletto parlamentare). Poi si afferma che le forze dell’opposizione avrebbero sì potuto giungere facilmente alle case dove sono stati uccisi gli Abdul Razzak (non c’erano check-points), ma molto più difficilmente avrebbero potuto accedere – per uccidere – alle case degli Al Sayed (ma non c’erano arrivati subito dopo, per portare via i cadaveri?). Che significa? Che c’è stata una mattanza parallela?

Ci si affida anche alla testimonianza di un ragazzino superstite di undici anni – apparso in un video dell’opposizione – il quale sostiene che gli uccisori parlavano e vestivano da shabiha…ma la Commissione stessa afferma che occorre tener conto della giovane età del “testimone”. Altri testimoni – sempre sentiti al telefono dalla Commissione – avrebbero affermato che gli uccisori cantavano slogan sciiti (il che è in sé non è una prova e può essere un depistamento); lo stesso dice una “testimone” – scelta da chi? – alla Bbc. Alla fine,la Commissione mollemente afferma che “episodi precedenti” inducono a incolpare forse leali al governo” (per la maggior parte dei morti; non per la totalità).

Dunque una non-conclusione, da parte di una Commissione che già in precedenza ha redatto rapporti basati solo sui racconti di rifugiati dell’opposizione. Una Commissione che sostiene di “lasciare da parte gli aspetti settari”: i quali però sono probabilmente centrali nelle violenze.

Ma di questi dubbi – in attesa di un’indagine approfondita che la Commissionesi propèone di fare – i media mainstream non ne hanno riportato nemmeno uno. Come ha sottolineato l’osservatorio sui media anglosassoni Medialens (http://www.medialens.org/index.php?option=com_content&view=article&id=687:houla-massacre-update-the-un-report&catid=25:alerts-2012&Itemid=69, i media mainstream sono stati lungi dal riportare correttamente le parole della stessa Commissione Onu e hanno tradotto: “L’Onu dice: il massacro di Houla opera del regime”).

Forse, al di là di tutte le interpretazioni, l’identità anche religiosa delle vittime può essere un indizio importante? Ebbene, il giornale tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung è tornato sulla vicenda in un secondo articolo che precisa: “Dei civili uccisi a Taldou, sono noti 84 nomi. Sono padri, madri e 49 bambini della famiglia Al Sayyid e due branche della famiglia Abdarrazzaq. I residenti dicono che si trattava di famiglie alaouite e di musulmani convertiti allo sciismo; a pochi chilometri dalla frontiera con il Libano questo può attirare sospetti di simpatizzare con Hezbollah, odiati da certi sunniti. Altri uccisi erano parenti del deputato al parlamento Abdalmuti Mashlab”.



Mercoledì 18 Luglio,2012 Ore: 19:34
 
 
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