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Siria: agenti CIA nel sud della Turchia

La traduzione dell'articolo del NewYork Times


 Articolo integrale New York Times tradotto

Agenti CIA nel sud della Turchia
times.altervista.org

Interessante il passaggio: "Un alto funzionario americano ha detto che gli agenti della CIA sono nel sud della Turchia da diverse settimane, anche per far sì che le armi non finiscano nelle mani di combattenti alleati con al-Qaida o altri gruppi terroristici".

Il 13 giugno il WSJ aveva rivelato altri retroscena sul supporto Usa all'insurrezione armata in atto in Siria. Cfr. mobile2.wsj.com


giugno 21, 2012 | Posted by times

  New York Times

Washington – Secondo funzionari americani e agenti dei servizi segreti arabi, un ristretto numero di agenti della CIA sta segretamente collaborando nel sud della Turchia nell’assistere gli alleati sulla scelta dei combattenti siriani che attraverso il confine riceveranno armi per lottare contro il governo siriano.

I funzionari hanno dichiarato che le armi, tra le quali fucili mitragliatori, RPG (lanciarazzi), munizioni e alcune armi anticarro, sono state per lo più smistate attraverso il confine turco grazie a una rete occulta di intermediari, tra cui i Fratelli Musulmani della Siria, e finanziate da Turchia, Arabia Saudita e Qatar.

Un alto funzionario americano ha detto che gli agenti della CIA sono nel sud della Turchia da diverse settimane, anche per far sì che le armi non finiscano nelle mani di combattenti alleati con al-Qaida o altri gruppi terroristici. L’amministrazione Obama ha sostenuto di non fornire armi ai ribelli, ma ha anche ammesso che altri paesi ai confini con la Siria l’avrebbero fatto.

L’iniziativa clandestina di raccolta di informazioni è l’esempio più completo di cui si è a conoscenza del limitato sostegno americano alla campagna militare contro il governo siriano. Fa anche parte del tentativo di Washington di aumentare le pressioni sul presidente siriano Bashar al-Assad, che recentemente ha intensificato la micidiale repressione del suo governo sui civili e i combattenti che lottano contro il suo potere. Mentre la Russia blocca interventi più aggressivi contro il governo Assad, gli Stati Uniti e i suoi alleati sono perciò passati alle vie diplomatiche e agli aiuti verso gli sforzi alleati per armare i ribelli al fine di costringere Assad a lasciare il potere.

Favorendo la selezione dei gruppi ribelli, gli agenti dei servizi segreti americani in Turchia sperano di apprendere sempre più elementi sulla crescente rete di opposizione che è in evoluzione in Siria e sperano anche di stabilire nuovi legami. “Gli agenti della CIA sono lì, tentano di avere nuovi informatori e di ingaggiare persone,” ha detto un funzionario dell’intelligence araba regolarmente informato dalle controparti americane.

Funzionari americani ed ex funzionari della CIA hanno affermato che l’amministrazione sta anche prendendo in considerazione un’ulteriore assistenza ai ribelli, come la fornitura di immagini satellitari o altre informazioni dettagliate sull’ubicazione e i movimenti dei soldati siriani. L’amministrazione sta anche valutando l’eventualità di aiutare l’opposizione nella creazione di un rudimentale servizio di intelligence. Ma hanno detto che non sono state prese decisioni su questi provvedimenti o su altre iniziative più energiche, come l’invio di agenti CIA nella stessa Siria.

Con l’afflusso di nuove potenti armi sia verso il governo siriano che verso l’opposizione armata, è probabile che nei prossimi mesi la lotta interna alla Siria si intensifichi sensibilmente. Il presidente Obama e i suoi massimi collaboratori stanno cercando di spingere la Russia a limitare la spedizione di armi come gli elicotteri d’assalto verso la Siria, suo principale alleato in Medio Oriente.

“Ci piacerebbe assistere alla conclusione delle vendite di armi al regime di Assad, perché ha dimostrato di avere impiegato l’esercito soltanto contro la propria popolazione civile,” ha affermato Benjamin J. Rhodes, vice consulente per la sicurezza nazionale nelle comunicazioni strategiche, dopo che lunedì il presidente Obama e il suo omologo russo Vladimir Putin si erano incontrati in Messico.

I portavoce di Casa Bianca, Dipartimento di Stato e CIA pare non vogliano rilasciare dichiarazioni su eventuali operazioni dei servizi segreti a favore dei ribelli siriani, particolari delle quali erano stati rivelati la scorsa settimana dal Wall Street Journal.  

Finora la parvenza pubblica della linea politica dell’amministrazione USA sulla Siria è stata in gran parte costituita da diplomazia e aiuti umanitari.

Mercoledì il Dipartimento di Stato aveva dichiarato che il Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton avrebbe incontrato giovedì prossimo a San Pietroburgo il suo omologo russo Sergey V. Lavrov, a margine di una riunione tra i ministri degli esteri dell’Asia e del Pacifico. E’ probabile che i colloqui privati convergano almeno in parte sulla crisi in Siria.

Il Dipartimento di Stato ha stanziato 15 milioni di dollari in aiuti non letali ai gruppi di opposizione civili in Siria, come attrezzature mediche e dispositivi per comunicazione.

Il Pentagono continua a mettere a punto una serie di opzioni militari, dopo la richiesta dei primi di marzo di Obama per un piano di emergenza di questo tipo. Il generale Martin E. Dempsey, comandante dello Stato Maggiore Congiunto (JCS), allora disse ai senatori che le opzioni in esame prevedevano voli umanitari, pattugliamento aereo dell’esercito siriano e la creazione di una no-fly zone.

L’esercito ha anche elaborato piani sul modo in cui soldati della coalizione dovrebbero mettere in sicurezza le considerevoli riserve di armi chimiche e biologiche siriane nel caso che una guerra civile a tutto campo dovesse mettere a repentaglio la loro sicurezza.

Ma nei giorni scorsi, alti funzionari dell’amministrazione hanno sottolineato che non stanno attivamente valutando opzioni militari. “A questo punto qualsiasi cosa che riguarda la Siria rimane pressoché un’ipotesi,” ha detto questo mese ai giornalisti il generale Dempsey.

Ciò che è cambiato da marzo è l’afflusso di armi e munizioni ai ribelli. Secondo membri delConsiglio Nazionale Siriano e altri attivisti, i sempre più violenti attacchi aerei e d’artiglieria da parte del governo sono diretti a contrastare i migliorati coordinamento, tattiche e armamenti delle forze di opposizione.

Lo scorso mese questi attivisti avevano dichiarato che veicoli dell’esercito turco avevano consegnato armi anticarro presso il confine, dove sono poi entrate clandestinamente in Siria. La Turchia ha più volte negato di offrire all’opposizione niente più che aiuti umanitari, soprattutto attraverso campi profughi vicino al confine. Gli stessi attivisti hanno affermato che gli Stati Uniti erano stati interpellati riguardo a questi passaggi di armi.

Analisti militari americani hanno opinioni contrastanti sul fatto che queste armi abbiano compensato la superiorità militare dell’esercito siriano. “I ribelli stanno escogitando il modo di far fuori i carri armati,” ha detto Joseph Holliday, ex agente dei servizi segreti americani in Afghanistan e ora ricercatore che segue il FSA (Esercito Siriano Libero) per conto dell’ISW (Istituto per gli Studi sulla Guerra) di Washington.

Ma un alto ufficiale americano che riceve rapporti riservati dei servizi segreti dalla zona ha paragonato le armi dei ribelli a “cerbottane” contro le armi pesanti e gli elicotteri d’attacco del governo.

Il Consiglio Nazionale Siriano, principale gruppo d’opposizione in esilio, ha recentemente iniziato a organizzare in una forza più coesa tutte le squadre sparse e circoscritte che combattono sotto l’emblema del FSA.

Ora circa 10 consigli militari di coordinamento, in province di tutto il paese, condividono tattiche e altre informazioni. La città di Homs è un’importante eccezione. Funzionari delConsiglio Nazionale affermano che alla città manca tale organismo perché i tre principali gruppi militari non vanno d’accordo.

Jeffrey White, analista della Difesa presso il WINEP (Washington Institute per le Politiche del Vicino Oriente) che segue video e annunci dei sedicenti schieramenti ribelli, ha detto come ci siano ora circa 100 formazioni ribelli rispetto alle circa 70 di due mesi fa, di dimensioni variabili da un pugno di combattenti a un paio di centinaia.

“Quando il regime vuole andare da qualche parte e mette insieme la giusta organizzazione di forze, può farlo,” sostiene il signor White, “ma l’opposizione sta alzando il prezzo di questo genere di interventi.”

Fonte: Eric Schmitt per The New York Times 21.06.2012

Traduzione di Gabriele Picelli per http://www.times.altervista.org/



Sabato 23 Giugno,2012 Ore: 07:02
 
 
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