- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (249) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Un altra guerra allontana la democrazia,di Amina Salina

Iran
Un altra guerra allontana la democrazia

di Amina Salina

La situazione iraniana e sempre più critica almeno dal punto di vista di chi vorrebbe evitare una rovinosa guerra. Recentemente su Panorama online e apparso un articolo che documentava le operazioni segrete del Mossad e le uccisioni degli scienziati iraniani che lavorano sul programma nucleare per impedire al Paese di essere autonomo dal punto di vista energetico. Da questo punto di vista pero i negoziati continuano e c'è comunque la disponibilità delle autorità iraniane che hanno accolto i membri della AIEA per le ispezioni ai laboratori di ricerca.
Nonostante lo scetticismo delle potenze occidentali (ANSA - TEHERAN, 29 GEN) - Il capo negoziatore iraniano scriverà ''presto'' al capo della diplomazia dell'Ue per convenire una data e una sede per i nuovi incontri sul programma nucleare iraniano. E' quanto ha annunciato oggi il ministro degli esteri Ali Akbar Salehi all'agenzia iraniana Irna. Mentre aumenta la tensione sullo stretto di Ormuz, l'opposizione iraniana buona parte della quale pilotata dall'imperialismo ha deciso di boicottare le elezioni previste per il mese di Marzo rendendo di fatto impossibile una soluzione pacifica della crisi.
Il fatto è che le opposizioni rappresentano al massimo il 30 o il 40 per cento dell'elettorato mentre la maggior parte dei voti che andrà agli ultra-conservatori proviene dalle classi povere e dalle campagne grazie alla politica di tipo populista degli ultra-conservatori. Un'eventuale boicottaggio impedirebbe ai 2\3 dei cittadini di riconfermare Ahmadinejad.
Secondo fonti vicine a Teheran, l'Italia pagherà in termini di inflazione e disoccupazione la decisione presa recentemente dall'UE dell'embargo al petrolio iraniano con rischio di chiusura delle raffinerie italiane. “L’impatto ci sarà”, spiega Pietro De Simone, direttore dell’Unione petrolifera italiana, “sui prezzi del greggio, su quelli dei prodotti raffinati e sulle raffinerie già in difficoltà”. Per quanto riguarda invece la diversificazione delle forniture, avverte Dario Scaffardi, direttore generale della compagnia di raffinazione Saras, “non è un’operazione che si fa su due piedi” e soprattutto potrebbe causare un aumento consistente dei costi. Di fatto L'Iran esporta non più del 20 per cento del petrolio in occidente quindi l'embargo facilmente aggirabile dalle stesse ditte interessate ad esportare inciderebbe poco rispetto alle massicce esportazioni di greggio verso la Russia, la Cina e altre potenze emergenti. Anche in questo caso l'Iran non è l'Iraq. A tutt'oggi una commissione sta cercando la verità sui falsi dossier che fabbricarono i servizi segreti inglesi e che servirono come base a Tony Blair per scatenare assieme a Bush la guerra a Saddam Hussein. Non ci sono prove sulla possibilità che l'Iran stia studiando un'arma nucleare tanto più che il suo uso sarebbe vietato dalla religione islamica.
Le reazioni alla decisione europea non si sono fatte attendere. All’approvazione arrivata dalla Casa bianca, si è sommato il commento positivo del governo israeliano, secondo il quale «le sanzioni allontanano l’opzione militare». Di segno del tutto opposto, invece, i commenti da Mosca. Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov ha accusato l’Ue di «chiudere la porta alle trattative» e di rendere più difficile una mediazione internazionale che possa sbloccare la situazione. Secondo il ministro degli esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata, tuttavia, proprio le sanzioni servirebbero a «disinnescare l’ opzione militare», che rimane sul tavolo, anche se come estrema risorsa perché «avrebbe effetti dirompenti su tutta la regione». Le sanzioni, ha detto ancora Terzi, «stanno avendo effetto e la leadership iraniana sta cercando di aggirarle». Il punto, per l’Iran come per il blocco occidentale (a cui potrebbe unirsi anche l’Australia, che però pesa poco per le importazioni di greggio iraniano) è riuscire a convincere i paesi asiatici, principali clienti di Teheran, a unirsi all’embargo. La Cina non sembra intenzionata a farlo, mentre per India e Corea del sud, la ritirata dei compratori occidentali potrebbe essere l’occasione per ottenere contratti più vantaggiosi.
Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero degli esteri di Teheran, parla apertamente di «guerra psicologica» contro la Repubblica islamica. «Il metodo delle minacce, delle pressioni e le sanzioni ingiuste – ha detto questa mattina in conferenza stampa a Teheran – è destinato a fallire. Le sanzioni europee sono illogiche e ingiuste e non riusciranno a distogliere la nostra nazione dalla difesa dei suoi diritti». Secondo Mehmanparast, il ministero del petrolio si era da tempo preparato a questa eventualità e «adotterà le misure necessarie». «Ogni paese dovrebbe pensare innanzi tutto ai propri interessi ha aggiunto Mehmanparast – E rendersi conto che appena abbandonerà il mercato energetico iraniano, il suo posto sarà preso da qualcun’altro». Un messaggio chiaro a quei governi che, come l’Italia (10 per cento dell’export petrolifero iraniano) hanno più da perdere di altri.
A tutt’oggi Teheran esporta circa il 20% della sua produzione in Europa, mentre oltre il 60% viene venduto a Paesi dell’Asia. Proprio questi – fra cui Cina e Giappone - sono molto restii a mettere in atto un embargo, sebbene abbiano ricevuto pressioni da Stati Uniti e Unione europea. Secondo l'agenzia Asia News in un recente sondaggio alla domanda “Israele dovrebbe attaccare le istallazioni atomiche iraniane”, il 67,2% ha risposto “no”, mentre il 20,9 ha detto “sì” ed un 11,9% di non avere opinioni. Senz'altro il nostro primo impegno deve essere batterci contro la guerra una guerra che colpirebbe ancora una volta il popolo portando morte e distruzione allontanando la possibilità di una reale svolta democratica in Iran. L'esempio Iracheno è sotto i nostri occhi: un paese impoverito smembrato e reso culturalmente dipendente dall'occidente mentre resta ancora forte la sua instabilità politica. Non è con i carri armati che si porta la pace e la democrazia.
Salam

Amina Salina



Giovedì 02 Febbraio,2012 Ore: 16:21
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
No guerra

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info