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www.ildialogo.org Tripoli denuncia: i Crociati bombardano la Libia; Putin conferma,di K.Gajendra Singh

Un articolo dalla stampa internazionale
Tripoli denuncia: i Crociati bombardano la Libia; Putin conferma

di K.Gajendra Singh

23 marzo 2011
Articolo n. 76164 diffuso il 24 marzo 2011 da www.uruknet.info?p=76164
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)
Giuristi britannici: la Risoluzione ONU 1973 consente la destituzione del Col. Gheddafi
Se vuoi un’immagine del futuro, pensa ad uno stivale che schiaccia la faccia di un essere umano - per sempre.” George Orwell. Commento appropriato sulla civilizzazione, sul potere e sull’egemonia dell’Occidente.
“La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973 è carente e viziata, permette qualsiasi azione e richiama alla mente un invito medievale ad una crociata. A tutti gli effetti consente un intervento indebito negli affari di uno Stato sovrano.” Vladimir Putin, Primo Ministro della Russia.
“La superiorità aerea degli Stati Uniti oggi è così totale che il termine guerra ormai non fotografa più con precisione le sue impari battaglie. Con il rischio per i piloti da caccia degli Stati Uniti quasi trascurabile quanto quello dei droni che volano senza pilota dal Nevada, i giorni dei “nobili” combattimenti ravvicinati fra aerei sono finiti, gli Afgani, i Pakistani e ora i Libici devono affrontare gli attacchi di un nemico dotato di armi sofisticate e distante abbastanza per essere temuto come un dio predatore e malefico. Non più cavalieri dell’aria. Non più combattenti alla pari. Non più duelli nel cielo. Nessun valore. Solo macellazione unilaterale e assassinii mirati. È qui che l’aviazione da guerra è andata a finire.” Tom Engelhardt.
Ma questo induce in errore i leader politici, che sono sedotti dalle previsioni di come il potere aereo possa vincere da solo, come è successo nella guerra in Iraq e persino nella guerra tra Israeliani e Hezbollah del 2006.
Durante le ultime settimane, a guardare la BBC e la CNN e navigando online attraverso i media filo-occidentali, la somiglianza con l’invasione illegale dell’Iraq condotta dagli Stati Uniti nel 2003, è straordinaria e nauseante.
Il 16 marzo 2003, il presidente degli Stati Uniti George Bush, facendo riferimento al vertice con il Primo Ministro britannico Tony Blair e con il premier spagnolo José Maria Aznar come un “Momento della Verità” per il mondo sull’Iraq, esigeva che Saddam “deve disarmare o è la guerra.” Costoro decidevano di ignorare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e di dichiarare guerra di propria iniziativa. Nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU veniva esercitata una tenace opposizione da parte di Parigi e Berlino.
Questa volta, l’incontro decisivo si è tenuto il 19 marzo al Palazzo dell’Eliseo, a Parigi, due giorni prima che la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973 (2011) affermasse, inequivocabilmente, la determinazione della comunità internazionale ad assumersi la responsabilità di proteggere i civili dalla violenza perpetrata ai loro danni dal loro stesso governo.
Nell’adottare questa Risoluzione, il Consiglio di Sicurezza poneva grande importanza sull’appello della Lega degli Stati arabi all’azione. Ora la Lega araba non è più tanto contenta. L’Unione Africana è stata e rimane contraria all’azione militare contro Tripoli.
Il presidente francese Sarkozy è stato il primo fautore dei bombardamenti sulla Libia, dopo aver riconosciuto il gruppo di oppositori libici, non proprio raccomandabili, insediatisi a Bengasi nella Libia orientale, dove si trovano i pozzi di petrolio.
La Germania si è astenuta sulla votazione per la creazione di una “ no fly zone” (NFZ). Così hanno fatto la Russia, la Cina, l’India e il Brasile. L’ambasciatore tedesco all’ONU ha affermato: “Le decisioni riguardanti l’uso della forza militare sono sempre state estremamente difficili da prendere. Infatti, nell’attuazione della Risoluzione appena adottata, la Germania ha intravisto grandi rischi, e la probabilità di perdite di vite umane su larga scala non dovrebbe essere sottovalutata. Coloro che hanno partecipato alla sua implementazione potrebbero essere trascinati in un conflitto militare protratto nel tempo, che potrebbe estendersi a tutta la regione.”
Diversamente dal 2003, la posizione dell’amministrazione statunitense è risultata tentennante e rimane confusa. Il ministro della Difesa Robert Gates aveva anche avvertito che il coinvolgimento degli Stati Uniti in un’altra guerra in Medio Oriente sarebbe stato sconsiderato, ma Hillary Clinton era favorevole, e alla fine il vincitore del Premio Nobel per la Pace Barack Hussein Obama si è iscritto al club dei guerrafondai. Egli dichiarava quindi che Gheddafi doveva andarsene.
Prendiamo in considerazione le cifre delle spese militari delle parti coinvolte nel conflitto. Gli Stati Uniti spendono circa 700 miliardi di dollari, la Francia e la Gran Bretagna circa 70 miliardi ciascuna. Le spese della Libia per la difesa non arrivano ad un miliardo di dollari (nel 2003, il bilancio della difesa dell’Iraq andava dai 3 ai 5 miliardi. Il Gen. Powell definiva l’operazione militare illegale “Colpisci e Terrorizza” una grande operazione militare!)
Non c’è da meravigliarsi se la Corea del Nord vuole aumentare il suo deterrente nucleare e missilistico per sopravvivere ai guerrafondai occidentali istigati dal complesso militar-industriale e da quei finanzieri, per lo più ebrei, che trovano profitto dalle guerre da loro promosse.
La guerra aerea contro una debole Libia è una oscena esibizione della guerra da parte dell’Occidente, per mettere in mostra tutto l’apparato bellico e sperimentare le più nuove e recenti innovazioni tecnologiche di distruzione, con scarsi timori di rappresaglie, e per dare una lezione agli autoctoni Arabi, Africani ed Asiatici, per intimidirli e terrorizzarli fino alla sottomissione, una politica perseguita da secoli. La guerra aerea è l’ultima versione della diplomazia delle cannoniere.
I guerrafondai occidentali esibiscono una forza brutale
Il 19 marzo, le navi della Marina statunitense hanno lanciato dal mare più di 100 missili da crociera, prendendo come obiettivi installazioni di difesa aerea sulla o vicino alla costa del Mediterraneo, ancora non sotto il controllo dei ribelli. L’attacco sulla Libia con i missili da crociera degli Stati Uniti è avvenuto contro le batterie di missili terra-aria SA-5, considerati una minaccia modesta per gli aerei alleati. Questo armamento missilistico è di vecchia tecnologia sovietica degli anni’70 e ‘80.
I caccia francesi di Sarkozy  hanno bersagliato dall’aria le forze di Gheddafi, proteggendo il territorio dei ribelli, che secondo Parigi è de facto indipendente.
Gli Inglesi sono scesi in lizza con i loro missili da crociera Tomahawk. Sono stati presi di mira i radar di allarme avanzato e imprecisate strutture di comunicazione. L’Occidente, e in modo particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, hanno acquisito una vasta esperienza in tali missioni di combattimento per ripetuti attacchi contro le difese aeree irachene durante gli anni ‘90, sempre imponendo una no-fly zone sul Nord curdo dell’Iraq.
I missili da crociera sono l’arma di prima scelta in campagne di questo tipo; i piloti non corrono alcun rischio, le tecnologie di navigazione forniscono precisione. Ma molte volte in Iraq, e ora in Libia, sono le strutture civili a venire colpite. L’attacco missilistico è stato la prima fase di una missione multistadio.                                                   
La Coalizione occidentale ha nel Mediterraneo 25 unità navali, con almeno 11 unità navali statunitensi, tra cui tre sottomarini, due cacciatorpediniere (USS Barry e USS Stout), due navi da guerra anfibia (la USS Kearsarge e la USS Ponce), e la USS Mount Whitney, la nave comando ammiraglia della Sesta Flotta della Marina Militare degli Stati Uniti. Dopo 12 ore potrà essere controllata l’efficacia degli attacchi. Un velivolo senza pilota per ispezioni da alta quota Global Hawk può sorvolare le aree obiettivo per ottenere una visione ed informazioni più precise.
L’Italia, che teneva le relazioni più strette con la Libia, ha offerto l’uso di sette aerei e basi navali già utilizzate dagli Stati Uniti, dalla NATO e dalle forze italiane.
La dimensione della base di Sigonella e la vicinanza alla Libia rende questa un punto chiave nello scacchiere operativo. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha dichiarato che anche l’Italia era disposta ad offrire un “moderato ma risoluto sostegno militare”. Ieri, sono arrivati presso la base aerea italiana aerei da guerra provenienti da Canada, Danimarca e Spagna.
Vengono impegnati dagli Stati Uniti i nuovi F-18, due C-17 e un aereo da carico C-130, tutti di stanza ad Aviano, presso il 31.esimo Fighter Wing.
La Francia schiera otto jet Rafael e quattro Mirage per tenere sotto controllo protettivo Bengasi in mano ai ribelli. Inoltre la Francia ha inviato sei aerei cisterna da rifornimento C-135, e un aereo Awacs per operazioni di ricognizione.  È stato un aereo francese il primo a sparare contro un veicolo militare libico nel primo attacco operativo.                                                       
La base aerea della Gran Bretagna nel sud di Cipro, la RAF di Akrotiri, serve da supporto dei velivoli da ricognizione AWACS, e la Gran Bretagna mette a disposizione una squadra di specialisti  per coordinare dalla base il movimento della forza aerea britannica.
Enorme è la lista degli apparati e dell’equipaggiamento per impressionare Gheddafi e i suoi sostenitori. Più di un centinaio di civili sono stati uccisi nella zona di Tripoli.
A coloro che protestano per il travalicamento e l’erronea interpretazione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1973, il generale Carter Ham, alla testa del Comando Africa degli Stati Uniti, ha risposto dal suo quartier generale di Stoccarda, in Germania,: “Noi proteggiamo i      civili. Non abbiamo la missione di sostenere l’opposizione.”
Ham ha però riconosciuto che a volte la linea fra l’aiuto alle forze di opposizione e la protezione dei civili è indistinta: “Alcune forze di opposizione potrebbero essere in buona sostanza civili che cercano di proteggere la loro vita borghese, le loro imprese e famiglie.” Ham ha aggiunto: “Se aerei della coalizione si scontreranno con i sistemi di difesa aerea dell’esercito libico presenti in Tripolitania, dove ne avremo riscontro, noi li attaccheremo.” Quasi, carta bianca!
Il primo Ministro russo Vladimir Putin ha criticato pesantemente gli attacchi dell’Occidente contro la Libia
“La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1973 è carente e viziata, permette qualsiasi azione e richiama alla mente un invito medievale ad una crociata. A tutti gli effetti consente un intervento indebito negli affari di uno Stato sovrano.”
Putin ha aggiunto: “Questa politica degli Stati Uniti sta assumendo una tendenza costante”, ricordando i bombardamenti aerei su Belgrado durante l’amministrazione di Bill Clinton, e contro l’Afghanistan e l’Iraq sotto le due amministrazioni Bush. “Ora è la volta della Libia - con il pretesto di proteggere i civili. Dov’è la logica e la coscienza? Non vi è né logica né coscienza. Gli eventi in corso in Libia confermano come la Russia sia nel giusto nel rafforzare le sue capacità di difesa.”
Spaccatura con il Presidente Medvedev
Il presidente russo Dmitry Medvedev ha respinto come “inaccettabile” la descrizione di Putin degli attacchi condotti dall’Occidente contro la Libia, come una “chiamata medievale ad una crociata.” Questa è la loro prima disputa pubblica sulla politica estera. Putin è intervenuto nel corso di una visita in Russia del ministro della Difesa usamericano Robert Gates.
Medvedev ha affermato: “È inaccettabile usare termini che effettivamente possono indurre ad uno scontro di civiltà, come sono state le crociate; diversamente le cose potrebbero finire in modo ben peggiore di quello che sta accadendo ora.”
Medvedev si rammaricava per le vittime civili causate dalla campagna degli alleati: “Io non considero sbagliata questa Risoluzione, e infatti ritengo che in generale riflette il nostro punto di vista su quanto sta accadendo in Libia, anche se non in ogni sua parte. Ecco perché non abbiamo usato il nostro diritto di veto.”
Le differenze si sono manifestate un anno prima delle prossime elezioni presidenziali, a cui entrambi Putin e Medvedev potrebbero concorrere.
Quindi, Putin ha anche criticato la Risoluzione Onu 1973, che ha autorizzato l’azione militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Il 21 marzo, in occasione di una visita a Votkinsk, nella Russia centrale, Putin ha dichiarato: “Sotto Bill Clinton, hanno bombardato la Jugoslavia e Belgrado. Bush ha inviato truppe in Afghanistan e, accampando pretesti completamente falsi, ha inviato anche truppe in Iraq e ha liquidato l’intera dirigenza irachena.”                                      
Valutazioni errate di politica estera
“La reazione di Putin potrebbe essere un segnale di non essere pienamente soddisfatto di come Medvedev ha gestito la decisione di astenersi sulla Risoluzione libica,” ha sottolineato Fyodor Lukyanov, un analista del Consiglio sulla Politica Estera e di Difesa, a Mosca. Il presidente, come capo dello Stato, formalmente ha l’ultima parola sulla politica estera.
Lukyanov ha dichiarato: “Sembra come se Putin non sia stato pienamente informato di questa decisione, ed è irritato per il fatto che la Russia ha compiuto quella che lui considera una valutazione errata di politica estera.”
Le differenze evidenziano anche la costruzione mentale dei due uomini. Olga Kryshtanovskaya, una sociologa che studia le élite della Russia, definisce Putin un nazionalista. Medvedev, un avvocato esperto che è più accomodante nei confronti degli Stati Uniti e delle altre potenze occidentali, “sta guadagnando consensi sulla scena internazionale, mentre Putin riceve consensi all’interno del paese”. Sempre secondo la Kryshtanovskaya., “la popolazione russa sostiene il punto di vista di Putin, che considera gli Stati Uniti colpevoli di imperialismo”.
Medvedev, come capo dello Stato, detiene formalmente l’ultima parola sulla politica estera. Medvedev è una creazione di Putin e non ha vissuto l’era post Eltsin, quando la Russia era assediata dagli Stati Uniti d’America.
Il rappresentante democratico Dennis Kucinich richiede la messa in stato di accusa per Obama
In un’intervista esclusiva con Raw Story, il 21 marzo, l’esponente democratico membro della Camera dei Rappresentanti per lo Stato dell’Ohio Dennis Kucinich attaccava violentemente il presidente Barack Obama per la decisione di avere ordinato attacchi aerei statunitensi contro la Libia, lasciando aperta la possibilità di una messa in stato di accusa del presidente, enfaticamente dichiarando che Obama violava la Costituzione.
“Il presidente Obama è andato avanti senza l’approvazione del Congresso. Egli non ha ricevuto l’autorizzazione del Congresso, è andato contro la Costituzione, e questo deve essere detto. Questo è fuori da ogni discussione, non si tratta nemmeno di una questione riservata. Tale azione - che comporta trascinare nei pericoli di un conflitto uomini e donne in servizio nell’aviazione o nella marina militare degli Stati Uniti – deriva da una decisione grave che non può essere assunta dal solo presidente.”
Ripensamenti a Mosca, Pechino e Nuova Delhi
Si ha l’impressione che i paesi (Russia, Cina, India e Brasile), che si sono astenuti sulla Risoluzione 1973 contro la Libia, fossero accumunati dalla scarsa consapevolezza di stare sostenendo il progetto degli Stati Uniti, che prevede un cambio di regime con l’eliminazione del colonnello Gheddafi.
Secondo documenti riportati nei media, alcuni giuristi internazionali ritengono che assumere come obiettivo Gheddafi sia consentito dalla Risoluzione delle Nazioni Unite. Ma il cambiamento di regime, che molti negli Stati Uniti ed Europa vogliono, non è specificato in nessuno dei 29 punti del testo delle Nazioni Unite.
Però la frase nella Risoluzione “ prendere tutte le misure necessarie… per proteggere i civili e le zone popolate da civili sotto la minaccia di attacco” fornisce ai guerrafondai libertà sufficiente a farlo. Barack Obama ha dichiarato che Gheddafi deve andarsene. Tuttavia, un portavoce dell’esercito degli Stati Uniti ha ribadito che il cambio di regime non era ancora sulla carta.
“A volte queste risoluzioni dell’ONU sono [deliberatamente] poco chiare”, ha fatto notare Anthony Aust, ex ministro degli Esteri britannico, consulente dell’Ufficio legale che ha contribuito nel 1990 a stendere la risoluzione sul Kuwait. “Le Risoluzioni sono ambigue, perché questo è l’unico modo per evitare un veto.”
Le ambiguità create da tale fraseggio non ben definito possono anche essere state intenzionali.
Philippe Sands, professore di diritto presso l’University College di Londra, ha ribadito: “L’autorizzazione di ‘tutte le misure necessarie’ è ampia e sembra permettere di assumere come obiettivo Gheddafi e chiunque altro agisca per porre i civili ‘sotto minaccia di un attacco’, parole che vanno ben al di là della necessità di stabilire una connessione con gli attacchi effettivi.”
Malcolm Shaw, professore di diritto internazionale presso l’Università di Leicester, ha affermato: “Tutto ciò che va in appoggio dei jet libici – incluse le strutture di comando militare, i campi di aviazione e le batterie anti-aeree – dovrebbe essere legittimo colpire.”
La Gran Bretagna sta contemplando attacchi diretti contro il leader libico sulla base che da lui dipendono gli ordini di attaccare i civili a Bengasi, a Misurata e in tutte le altre città ribelli. Il ministro della Difesa britannico Liam Fox ha dichiarato alla BBC Radio: “Ci dovrebbe essere potenzialmente una possibilità. Siamo molto attenti ad evitare vittime civili per ragioni umanitarie, e per motivi propagandistici che andrebbero a tutto favore dello stesso regime.”
Il ministro degli Esteri britannico William Hague, inoltre, non ha negato che Gheddafi potrebbe diventare un bersaglio, rifiutandosi di “lasciarsi trascinare nei dettagli su cosa poteva o non poteva   essere preso di mira”, aggiungendo: “Non ho intenzione di stare a congetturare sugli obiettivi ... Questo dipende dalle circostanze del momento.” 
Ma il ministro della Difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, che era contrario a qualsiasi intervento, ha assunto una posizione diversa sulla Risoluzione: “L’unica cosa su cui vi può esistere un accordo comune sono le condizioni stabilite dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza. Se cominciamo con le aggiunte di obiettivi addizionali, allora penso che abbiamo creato un problema sotto questo aspetto.”
Estratti dal mio articolo “Processo a Saddam Hussein e Stato di diritto”, in data 6 luglio 2004 “Saddam Hussein e la politica degli Stati Uniti rispetto agli omicidi mirati”
Rimarrà materia di speculazione il perché la Coalizione guidata dagli Stati Uniti ha deciso di “catturare” Saddam Hussein nel dicembre scorso e non di ucciderlo, o di farlo assassinare, cosa che aveva tentato molte volte in precedenza. Dopo tutto, i suoi figli Uday e Qusay avrebbero potuto essere catturati aspettando con calma, ma sono stati uccisi nel nord Iraq, nella città di Mosul, dopo una battaglia feroce durata sei ore. L’ultimo ad andarsene combattendo in condizioni quasi impossibili è stato il nipote di Saddam Hussein, Mustafa Hussein, non ancora accusato di alcun crimine.
Il Luogotenente Gen. Ricardo Sanchez, comandante della Coalizione in Iraq aveva dichiarato: “Dobbiamo rimanere concentrati sulla ricerca, sull’individuazione, sull’uccisione o cattura di tutti i membri della lista degli obiettivi di grande importanza.”
Un membro dell’amministrazione statunitense L. Paul Bremer, in una sua apparizione a “Meet the Press”, un incontro con la stampa sul canale televisivo della NBC, ribadiva senza alcuna remora, : “Prima avremo la possibilità di ucciderlo (Saddam Hussein) o catturarlo, meglio sarà.” Prima della guerra, il portavoce del governo statunitense aveva suggerito pubblicamente l’assassinio di Saddam Hussein, affermando che “una pallottola lo dovrebbe fare!”
Il portavoce della Casa Bianca Ari Fleischer aveva sottolineato: “Le persone che sono responsabili di condurre una guerra per uccidere le truppe statunitensi non possono presupporre di stare al sicuro,” rendendo così chiaro che Saddam Hussein era incluso in questa lista.
Gli Stati Uniti avevano preso di mira Saddam Hussein molte volte, sulla base di rapporti di intelligence, ma avevano sempre fallito di assassinarlo. Hanno solo portato distruzione e morte, e… alcuni danni collaterali in più.
In teoria, ricercare con l’intenzione di uccidere viola una politica di lunga data degli Stati Uniti che vieta l’assassinio politico.
Era stato il presidente Ford che aveva posto il divieto di omicidi mirati in un ordine esecutivo del 1976. Questo ordine veniva ribadito dai presidenti Jimmy Carter e Ronald Reagan, e non veniva fatta alcuna distinzione tra tempo di guerra e tempo di pace. Non ci sono brecce nel ciclo. Comunque un leader venga ritenuto un cattivo soggetto, questo non può essere assunto come bersaglio, direttamente dagli Stati Uniti o da sicari prezzolati. Ma fare l’occhiolino all’assassinio o all’attentato sembra essere diventato questione di normale politica, quando fa comodo.
Il divieto era stato posto dopo che una commissione del Senato aveva divulgato una serie di tentativi di assassinio all’estero da parte degli Stati Uniti nel corso di tanti anni, e non tutti portati a termine con successo. C’erano stati ben otto attentati alla vita del presidente cubano Fidel Castro. Sia Patrice Lumumba del Congo nel 1961 che Ngo Dinh Diem del Vietnam del Sud nel 1963 erano stati entrambi assassinati, e si sospettava per mano di agenzie degli Stati Uniti.
Ci sono stati molti altri esempi. L’omicidio mirato è stato usato anche come arma di ritorsione, sempre contro la Libia, in conseguenza del fatto che si supponeva che agenti libici avessero ucciso soldati statunitensi in una discoteca in Germania nel 1986, e che la Libia avesse organizzato l’attentato al volo Pan Am 103 nel 1988, in cui 270 persone, per lo più Statunitensi, erano stati uccisi.
Alla domanda se nel 1986 il bombardamento della residenza di Muammar Gheddafi era stato un tentativo di ucciderlo, il presidente Reagan disse: “Io non credo che nessuno di noi avrebbe versato lacrime se ciò fosse accaduto.”
I più recenti tentativi di assassinio mirato da parte degli Stati Uniti hanno incluso Osama bin Laden, e, fra gli altri, l’ex presidente della Jugoslavia Slobodan Milosevic.
Abraham Sofaer, un ex consigliere giuridico del Dipartimento di Stato, teorizzava che, “se un leader ... è responsabile per l’uccisione di Usamericani, e sta programmando di ucciderne ancora… sarebbe perfettamente adeguato ammazzarlo, piuttosto che attendere di vederlo uccidere altri Statunitensi.”
Non importa che un portavoce della Casa Bianca affermasse poco prima della guerra in Iraq: “Esiste un ordine esecutivo che vieta l’assassinio di leader stranieri, e che rimane in vigore.”
Sarà interessante conoscere se questa politica relativa all’assassinio mirato di leader stranieri da parte degli Stati Uniti avrà un seguito!
                                                     
K. Gajendra Singh è stato ambasciatore dell’India in Turchia e in Azerbaigian dall’agosto 1992 ad aprile 1996. In precedenza, è stato ambasciatore in Giordania, Romania e Senegal. Oltre ad avere coperto incarichi a Dakar, Parigi, Bucarest, l’autore ha trascorso la sua carriera diplomatica nel Nord Africa, in Medio Oriente e in Turchia (in Turchia per dieci anni in due mandati).
Nel 1976 ha fatto parte del collegio di Difesa Nazionale, a Nuova Delhi, dove veniva insediato l’Istituto per gli Affari Esteri per la formazione dei diplomatici (1987-89), è stato presidente / amministratore delegato di IDPL, la più grande azienda farmaceutica dell’India (1985 e 1986) e mentre era incaricato ad Amman (1989-92) ha organizzato l’evacuazione di circa 140.000 cittadini indiani che fuggivano dal Kuwait. Attualmente è presidente della Fondazione per gli Studi Indo-Turchi.


Mercoledì 30 Marzo,2011 Ore: 14:35
 
 
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