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www.ildialogo.org Ventesimo anniversario dell'inizio della prima guerra del Golfo,

Iraq
Ventesimo anniversario dell'inizio della prima guerra del Golfo

Un numero monografico della rivista Guerra&Pace a 20 anni dall'inizio della prima guerra del Golfo (17 gennaio 1991). Di seguito il testo dell'editoriale e l'appello contro la guerra del 1991.


Vent’anni dopo, la guerra…

Sommario Guerra&Pace n. 161Sono passati vent’anni dal 17 gennaio 1991, una data in cui molti di noi si sono svegliate/i con negli occhi le immagini dei missili statunitensi e alleati su Baghdad e nella testa la consapevolezza che da quel momento si stava aprendo una nuova epoca delle relazioni internazionali.
Lo avevamo in qualche modo previsto fin da quando – come “reazione” all’invasione irachena del Kuwait – le navi dei paesi Nato e di altri paesi alleati si avviavano verso il Golfo. Già alla fine dell’agosto 1990 molte manifestazioni avevano portato nelle strade un nuovo movimento contro la guerra, dopo gli anni di “latenza” seguiti alle proteste contro il dispiegamento degli “Euromissili” nei primi anni ’80.
Malgrado le proteste, i dibattiti, le prese di posizione contrarie alla guerra – e alla partecipazione italiana – i bombardamenti su Baghdad furono comunque uno shock, che portò centinaia di migliaia di persone a manifestare la loro opposizione alla guerra.
Ma ancora non si poteva parlare di un movimento stabile e capace di mantenere una costante mobilitazione (vedi l’articolo specifico in questo stesso G&P).
In ogni caso per molte/i già da allora era chiaro che non solo si apriva una nuova fase delle relazioni internazionali nella quale la guerra, l’occupazione militare, la distruzione di interi paesi e tessuti socio-economici diventavano strumenti fondamentali nell’imposizione di un “nuovo ordine globale” guidato ancora dagli Stati uniti; ma che in questa fase anche l’Italia avrebbe “fatto la sua parte”: era il primo vero e gravissimo atto di rottura costituzionale, di cui troppi finsero di non accorgersi, o perché in qualche modo complici e conniventi (come i dirigenti di quella “sinistra” che appoggerà tutte le trasformazioni delle forze armate, il riarmo del paese e le guerre dal Kosovo all’Afghanistan) o perché troppo occupati in un pacifismo “etico” o troppo dipendente dalle relazioni con quella stessa sinistra istituzionale che si limitava ad astenersi e cercava di frenare lo sviluppo di mobilitazioni crescenti e radicali.
In quelle settimane,accanto alle tante donne e ai tanti uomini che si mobilitavano generosamente in tutta Italia, si sviluppava anche un’importante riflessione e organizzazione di intellettuali di diversa provenienza culturale uniti dalla totale avversione alla guerra e consapevoli della novità pericolosa che quel attacco all’Iraq rappresentava.
Quegli intellettuali – Ernesto Balducci, Domenico Gallo, Raniero La Valle, Manlio Dinucci, Walter Peruzzi, Franco Fortini, Fabio Marcelli, Luigi Ferraioli, Fabio Alberti e altre/i – diedero un contributo importante al movimento, che non si fermò al termine dei combattimenti alla fine del febbraio 1991 (l’appello che pubblichiamo – che risale al 31 gennaio 1991, con i bombardamenti ancora in corso – rappresenta un esempio di questa riflessione e della sua diffusione).
Da quel nucleo nacque il “Comitato per la verità sulla guerra del Golfo” (poi diventato Associazione “Comitato Golfo per la verità sulla guerra”, da cui prese avvio successivamente l’idea e la produzione di questa rivista nel 1993) e, parallelamente, il progetto di “Un Ponte per Baghdad”, campagna promossa inizialmente da Dp che sviluppò una solidarietà diretta con le popolazioni colpite dalla guerra e poi dall’embargo.
Il “Comitato Golfo” cercò immediatamente di affrontare  – attraverso rassegne stampa, circolazioni di materiali, dibattiti e convegni (in un epoca nella quale non esisteva internet e le comunicazioni veloci di oggi) - le questioni principali che quell’intervento militare poneva, ovviamente accanto alla necessità di una mobilitazione permanente contro la guerra:

  • la conoscenza del contesto mediorientale, delle questioni ancora aperte e dell’ingiustizia che dovevano affrontare le popolazioni dell’area (palestinesi e kurdi in primo luogo), le “ragioni” di un intervento nell’area;
  • la conoscenza di quella che un libro fondamentale (edito appunto dal Comitato Golfo e scritto a Dinucci, Gallo e La Valle) definì “La strategia dell’impero”, cioè i motivi e gli strumenti che Usa e alleati stavano approntando e utilizzando per garantirsi quel “nuovo ordine mondiale” dichiarato da Bush padre. Strategia che in Italia prendeva il nome di “nuovo modello di difesa” (analizzato in quel libro e che divenne “ossessione” di questa stessa rivista…);
  • la denuncia del “crimine della guerra” e dei crimini di guerra (come la relazione di Marcelli, Ferraioli e Gallo che presentiamo in questo numero), resi ancora più presenti e pesanti dalla forma dell’embargo, che avrebbe in 12 anni ammazzato circa un milione di persone in Iraq (oltre la metà bambini sotto i 5 anni – secondo i dati dell’Unicef e di altre istituzioni internazionali, incapaci peraltro di frenare questo crimine contro l’umanità). L’iniziativa contro l’embargo fu al centro di diverse campagne proposte da “Comitato Golfo” e “Un Ponte per Baghdad” negli anni successivi, spesso nell’indifferenza anche di grandi associazioni pacifiste;
  • la denuncia delle responsabilità dei media nazionali, che producevano disinformazione e creavano le condizioni per una crescente indifferenza a quanto succedeva in Iraq (e nel nostro paese). Il progetto della rivista “Guerre&Pace”, in un momento in cui l’informazione internazionale era scarsa – per esempio, non esistevano ancora Limes, Internazionale, LeMonde Diplo in italiano, mentre una rivista interessante come Quetzal aveva da poco chiuso – cercava di trasformare quella denuncia in analisi e produzione di informazione alternativa.

Dopo 20 anni cosa sta succedendo in Iraq nell’insieme della regione mediorientale? Siamo ancora nella fase della “guerra globale permanente e preventiva”, come fu definita successivamente? Quel è oggi la “strategia dell’impero” sotto la guida del presidente Barack Obama? E cos’è stato il movimento contro la guerra in questi 20 anni, perché non riesce più ad avere una dimensione altro che testimoniale o ambigua?
Questo speciale della rivista – che esce proprio nel mese di gennaio che segna 20 anni da quel 17 gennaio 1991 – prova ad affrontare nuovamente i quesiti posti da quella guerra e dai vent’anni di guerra ininterrotta, riproponendo testi di vent’anni fa, riflessioni originali sui vent’anni passati e articoli sulla situazione attuale.
Perché questi vent’anni di guerra hanno cambiato molte/i di noi. E ancora adesso proviamo a farci i conti con la nostra iniziativa.

vai al sommario del numero 161

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1991 CONTRO LA GUERRA
Appello di 200 intellettuali italiani

II 31 gennaio 1991 oltre 200 docenti universitari. scrittori, artisti, giornalisti di diversa ispirazione hanno diffuso il seguente appello, che ha come primo proponente padre Ernesto Balducci ed è stato redatto collettivamente. L'appello è firmato da molti fra i più significativi esponenti della cultura italiana e ad esso continuano a pervenire adesioni, estese a insegnanti, professionisti, cittadini. Invitiamo a diffonderlo e a raccogliere altre firme.

Memori dell'appello che, negli anni della guerra fredda, Albert Einstein e Bertrand Russell rivolsero "come esseri umani ad esseri umani", noi vorremmo dar voce all'inquietudine che cresce nel nostro paese, nella quale leggiamo il fermento confuso di quell’etica cosmopolitica che sola è all'altezza della nuova soglia dell'evoluzione umana.
Oggi l’umanità, anzi la vita stessa del pianeta, sono in grave pericolo.
L'abisso che abbiamo di fronte è l'abisso fra Nord e Sud. Aperto dalla spregiudicata politica di potenza del regime iracheno e dalla risposta della coalizione guidata dagli Stati uniti, esso sta diventando, sotto le mentite spoglie di un'operazione di polizia internazionale promossa dall'Onu, una guerra feroce dagli imprevedibili sviluppi.
Per questo ci rivolgiamo ai nostri concittadini, e idealmente a tutti gli uomini, "come esseri umani ad esseri umani", perché, nell'esercizio diretto della loro cittadinanza planetaria si adoperino in tutti i modi per mutare il corso tragico ma non fatale delle cose.

Ecco quali sono, a nostro avviso, gli obiettivi prioritari:

1. Mobilitare tutte le forze democratiche perché il nostro paese rientri subito nella legalità repubblicana ritirandosi dalla guerra, che contrasta con l’art.11 della Costituzione, e si faccia promotore di una soluzione pacifica del conflitto;

2. Richiamare l'attenzione di tutti, e in particolare delle istanze politiche nazionali e internazionali, sulle risoluzioni dell'Onu riguardanti i paesi del Medio Oriente che sono rimaste disattese con la conseguenza, moralmente intollerabile, che il ristabilimento del diritto internazionale è oggi affidato a nazioni che lo hanno impunemente violato e che continuano a violarlo;

3. Denunciare e finalmente spezzare il nodo perverso tra diritto internazionale e logica di mercato che porta a ammantare con ragioni "ideali" la pretesa occidentale di mantenere il dominio politico ed economico su questa regione; adoperandosi perché siano riconosciute le esigenze di giustizia e il diritto all’autodeterminazione delle masse arabe, rimaste povere accanto alle sorgenti della nostra ricchezza;

4. Dare soluzione alla questione palestinese, secondo le risoluzioni dell'Onu (che prevedono la formazione di uno stato palestinese accanto allo stato di Israele), rimuovendo il disordine giuridico e politico del Medio Oriente e contrastando in ogni modo i sentimenti razzisti - antiebraici o antiarabi - che ne derivano.

La convocazione della Conferenza internazionale per la pace Medio Oriente, da più parti richiesta ma apertamente impedita dal paese che oggi guida la coalizione anti-irachena, potrebbe essere lo strumento per cercare di risolvere nel loro insieme tutte le questioni.

è urgente un "cessate il fuoco" per fermare, prima che sia troppo tardi, un conflitto che già si annuncia come uno sterminio, in particolare del popolo iracheno, ma che sta progressivamente estendendosi a tutta l’area (da Tel Aviv a Riyad); e come un crimine contro l'umanità.
Va respinto fermamente il tentativo di occultarlo e assecondarlo con la manipolazione dei media, mobilitati a sostegno dell'imbarbarimento militarista, e con le crescenti minacce alla libertà di espressione e di informazione.
è venuto il tempo perché si faccia attivo, nel rifiuto della guerra anche attraverso l'obiezione di coscienza e la disobbedienza civile e militare, quello spirito internazionalista e interetnico, e quel diritto cosmopolitico, che fanno di ogni uomo un cittadino del mondo, premuroso non della vittoria del suo Stato ma delle sorti dell'umanità.

 

vai al sommario del numero 161
 



Luned́ 17 Gennaio,2011 Ore: 11:10
 
 
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