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www.ildialogo.org LA CULTURA CINESE AL SETACCIO DELLA CULTURA DELL'OCCIDENTE, SEMPRE ALLA RICERCA DI UN'INSAZIABILE INTEGRALITÀ,DI LEONARDO BOFF (a cura di Carlo Castellini)

LA CULTURA CINESE AL SETACCIO DELLA CULTURA DELL'OCCIDENTE, SEMPRE ALLA RICERCA DI UN'INSAZIABILE INTEGRALITÀ

DI LEONARDO BOFF (a cura di Carlo Castellini)

La cultura cinese: l'insaziabile ricerca dell'integralità.
La Cina presenta una delle culture più sagge dell'umanità. Ed è saggia perchè ricerca in tutti i modi l'integralità di tutti gli elementi dell'esperienza umana e di tutte le forze cosmiche e psichiche. Noi occidentali siamo eredi di un pensiero lineare c lavora costantemente in base al principio di di identità e di contraddizione. Siamo arrivati tardi ad incorporare il pensiero dialettico. Tale atteggiamento antrorpologico ci ha reso imperialisti e dominatori su tutte le differenze.
O esse vengono incorporate nell'identità occidentale, distrutte come differenze, oppure vengono soggiogate, ridotte ad un ruolo subalterno o addirittura semplicemente stroncate. La cultura orientale, in particolare quella cinese, tenta sempre di includere, e mantenere in tensione tra loro i due poli della relazione, in modo da sfidarsi reciprocamente e da produrre dinamismo e pluralità di espressioni vitali.
In questa concezione la pace non significa assenza, ma equilibrio di movimento. Tale posizione di fondo, anteriore a qualsiasi contenuto concreto, viene espresso dallo YIN (principio femminile) e dallo YANG (principio maschile). I due poli convivono sempre, entrano in movimento dialettico, si includono a vicenda, pur rimanendo sempre distinti e irriducibili in se stessi.
Che ne sarebbe della terra se non ci fosse la notte riparatrice o se non ci fosse il giorno a stimolare energie? Che ne sarebbe della terra se notte e giorno, ombra e luce non fossero sempe uniti insieme?
La cultura cinese ha tovato un simbolo ricco e semplice per dare forma corporea a questa unione plurale. E' il tai-chi (realtà ultima): dentro un cerchio si intrecciano come due teste di pesce, uno azzurro e l'altro bianco. Sono le due forze cosmiche che entrano nella composizione di tutti gli esseri e di tutte le energie.
Il Tao si trova associato a questa comprensione totalizzante. E' difficile trovare un equivalente al Tao. Letteralmente significa “via”. Non come qualcosa di già fatto, ma come una forza che costruisce la via, da tutte le parti, in tutte le direzioni, in tutti gli esseri, nella presebza e nell'assenza, in tu il Tao, è ttel silenzio e nella parola.i gli esseri, nella presenza e nell'assenza, nel silenzio e nella parola.
In verità , il TAO è l'energia che rende tutto possibile, l'energia che in tutto è presente, e a tutto sfugge. Come dice un bel testo di Chuang-Tzu (meglio conosciuto come Chung-Tze:”Il Tao è al di là delle parole, e al di là delle cose. Non si esprime né con le parole né col silenzio. Dove non esistono più né le parole, né il silenzio, lì viene appreso il Tao”.
La percezione del Tao universale e concreto in ogni articolazione della realtà fa sì che l'universo della cultura cinese sia sacro senza essere subito definito come religioso. La religione è una delle risposte alla percezione del Tao, come un'altra è la politica. E un'altra ancora è l'etica, l'arte, la culinaria.
L'unità della realtà a partire dal Tao è assai più profonda che non nella comprensione occidentale, che ha tematizzato questa unità nel discorso filosofico e teologico abbandonando le alte dimensioni del sapere alla secolarizzazione e alla “morte di Dio”. La Cina è più mistica che religiosa. La mistica è penetrata nel popolo e permea la visione quotidiana diventando carne e sangue di tutta l'esperienza. Questa esperienza olistica si irradia come serenità, gravità e ponderatezza, altrettante caratteristiche della gente cinese. Il cinese unisce due dimensioni fondamentali della vita: azione e contemplazione. E' pragmatico, laborioso, ama e cura i dettagli come le pitture cinesi. Al tempo stesso è contemplatico, imbevuto del cielo presente nella terra, guidato dal Tao che costruisce la via con tutti e con tutto. Tale unione dei contrari fa in modo che la pratica non si trasformi in pragmatismo né la contemplazione in evasione dalla realtà. Il valore fondamentale dei contrari, della tradizione cinese risiede nell'amicizia. L'AMICIZIA non è tanto un sentimento soggettivo, quanto l'accogliere la differenza e il convivere con essa in maniera gioviale. L'amicizia si presenta sempre associata alla solidarietà e alla condivisione.
“Condividere è giusto” è una delle principali massime dell'ethos cinese. Nella nostra tradizione la condivisione appartiene all'ordine della carità e quindi della gratuità, di ciò che può esserci e non esserci. La condivisione è associata alla buona volontà delle persone. Nel modo cinese di intendere, la condivisione è ontologica, appartiene alla struttura dell'essere. Costituisce dunque una esigenza oggettiva dell'essere, rientra cioè nell'ordine della giustizia, di ciò che deve essere. Se non c'è condivisione (convivenza dei differenti che si abbandonano l'uno all'altro) regna la disumanità perchè imperversa l'ingiustizia. L'ingiustizia è la rottura tra lo yin e lo yang, la distruzione dell'armonizzazione dei contrari, in una parola il caos umano.
In questa intuizione possiamo cogliere quel carattere teologico dell'esistenza presente nella predicazione di Gesù. Per lui il Regno è dei poveri perchè il povero è vittima dell'ingiustizia e il Regno inizia stabilendo relazioni di giustizia, senza le quali la carità, (supremo valore umano e divino) non ha fondamento e rimane pura retorica dell'illusione.
E' in quest'ottica relazionale che vengono pure intese la famiglia e la persona. Per la mentalità cinese la famiglia è lo spazio in cui si vive e si sperimenta nel quotidiano l'amonizzazione dei contrari che non sono contradditori (maschile-femminile, personale-sociale, privato-pubblico, genitori-figli, ecc.). E' sullo stile della famiglia che si foggia la mentalità consensualista, tipica praticamente di tutto l'oriente. La società si regge sul consenso e non tanto sull'egemonia del più articolato. Consenso qui non significa riduzione di tutte le differenze e divergenze ad un unica posizione. E' la consistenza accettata e intesa come salute (e non come patologia) delle differenze che si arricchiscono mostrando la loro diversità e tutte insieme costruendo la totalità del reale. Ciò che è bene per la famiglia è bene per il paese e per la persona: ecco una frase che abbiamo colto varie volte dalla bocca dei nostri interlocutori.
La persona non viene concepita come nella nostra tradizione predominante, come un individuo in sé e per sé. Per la cultura cinese la persona si definisce in base alle sue relazioni. La persona viene pertanto compresa a partire dall'altro, non dall'io stesso nella propria introiezione. Il loro rito dello scambio dei saluti, per noi così complicato, si spiega nel quadro delle relazioni differenziate.
Vi sono cinque relazioni fondamentali a partire dalle quali si costruisce la persona: marito-moglie, padre-madre/figlio-figlia, fratello/sorella, amico/amica, govenante/governato. Queste differenze non degenerano in disuguaglianze quando ci sia amicizia. L'amicizia fa sì che i differenti siano considerati e trattati come eguali.
Infine la PATRIA, costituisce per ogni cinese un concetto molto elevato. Lasciando da parte le differenze ciò che per noi è il POPOLO, categoria e realtà gravide di significati positivi, per il cinese è “la patria”.Essa è un po' la rappresentazione archetipica del cielo e della terra (yin-yang), è la tenda del TAO, l'unità dell'utopia dell'integralità insieme ai molti tentativi di temporalizzarla. Patria sono gli antenati cos'ì venerati dai cinesi le cui ceneri accompagnano per secoli le famiglie. Patria è questa comunione dei giusti, di coloro che sono immersi negli abissi gioiosi del TAO, di coloro che si prendono cura dei campi, di coloro che posseggono la saggezza confuciana, dell'amministrazione trasparente ed efficace, di coloro che lottano per unificare l'impero sempre tentato di spezzarsi (la CINA è sempre una mentre i governi possono essere divisi, dicono i cinesi).
PATRIA è la coscienza millenaria della terra, dell'aria, dei cieli, tdei esti sacri, della grande muraglia, del palazzo dell'imperatore, dei monaci buddisti, del modo di essere buddhista, del coltivare la terra come chi celebra un culto sacro. A motivo di questa sovrabbondanza di significati, il cinese normalmente non emigra, ma rimane là dove si trovano le ceneri degli antenati. Solo dalla necessità è spinto a cercare altre patrie.
Come tutte le atre culture, anche quella cinese possiede delle contraddizioni: anche in essa si confrontano grazia e peccato, per esprimerci con linguaggio teologico cristiano. Ma in questa cultura dio si è manifestato, ha visitato il suo popolo facendolo camminare verso di Lui.
Nel divino esistono lineamenti cinesi perchè il cinese dal punto di vista numerico certo più di altri popoli, rappresenta il prototipo della Divinità, della quale siamo tutti immagine e somigliamza.
(LEONARDO BOFF, a cura di Carlo Castellini).



Sabato 29 Luglio,2017 Ore: 23:01
 
 
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