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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org In Ghana dove trovare un tetto,di Giovanni Carbone

In Ghana dove trovare un tetto

di Giovanni Carbone

Che cielo! Le stelle brillano davvero! Un mare di diamanti! Ogni volta mi ritrovo all’equatore onoro il mio primo appuntamento con la volta celeste, più vicina più visibile più sfolgorante. Naso all’insù, sguardo smarrito nello spazio infinito, una miriade di emozioni, un’inevitabile e sentita preghiera rivolta al Supremo, poi l’incontro con Peter, in ritardo almeno di un quarto d’ora. Strano, perché le volte precedenti è arrivato sempre in abbondante anticipo.
No, non bacio la rossa terra argillosa. Però la sento calorosa, ospitale, ridente. In cuor mio l’abbraccio e ad essa mi raccomando in nome di una buona costruttiva permanenza, possibilmente fruttuosa per il mio entourage, e indubbiamente utile ad impreziosire il mio bagaglio culturale.
Sono giunto il cinque febbraio scorso intorno alle dieci e mezza di sera nell’aeroporto di Accra, la capitale del Ghana. Di botto la vita cambia. Mi svesto per indossare una canotta e pantaloncini corti. La notte è calda. I colori della città sono diversi. La luna piena illumina i nascosti sentieri. Il profumo delle banane fritte si diffonde nell’aria diventando a tratti seducente oltre che stuzzicante.
Peter è insieme con il suo amico taxista. Un giro di chiave e la sgangherata vettura, la solita, più vecchia di un anno, s’avvia verso casa. Attraversiamo la città prima di immetterci in autostrada per Tema. A quest’ora il traffico è più fluido mentre ad ogni angolo le casse suonano ancora ad alto volume ripetitivi ritmi africani.
La macchina, nemmeno rumorosa, corre a velocità costante senza perdere colpi. Se chiudo gli occhi, ho la sensazione di essere in una normale adeguata vettura. Quando li riapro, però, devo convenire di essere in un carroccio con porte appena chiuse, vetri per niente regolabili, tappezzeria squarciata e malamente rattoppata… A volte mi viene da immaginare la scena di quel cartoon dove le ruote continuano la corsa ma i passeggeri restano per terra! 
Invece no! Arriviamo fino a casa, quella presa in fitto in luogo dell’hotel. E’ abbastanza isolata in aperta campagna. Si trova a poco più di un chilometro dalla casa di Peter. Entriamo nel salone molto ampio. Il pavimento è in segato di marmo mentre il soffitto è rivestito di pannelli laccati bianchi. Di fronte al divano a quattro posti e alla poltrona laterale, foderati di un tessuto felpato rosso bordeaux, un vecchio televisore, poggiato su un apposito carrello, trasmette frequenti programmi replicati. Anche la cucina è veramente spaziosa. Sotto ad un piano da lavoro è collocato un mobile a scaffali. Il tavolo in plastica con alcune sedie dello stesso materiale è posto al centro. La cucina a gas è a fianco del lavello. Sul lato opposto del salone, un transetto divide i servizi igienici dalle due contigue camere da letto, poco attrezzate. La casa è ancora da perfezionare e non è stata ancora abitata.
Niente da dire sulla sua abitabilità. Mi sono però lamentato con Peter. Per arrivare al punto dove servirmi dei tro-tro diretti a Tema centro - una decina di chilometri di strada non ancora asfaltata - sarò costretto ogni volta a percorrere a piedi il lungo tratto di campagna molto fangoso in caso di pioggia. Sarò pure costretto a provvedermi a mie spese degli utensili necessari a cucinare e delle indispensabili stoviglie. Mancano inoltre sui letti le lenzuola e nella toilette gli asciugamani. Una cifra! Il prezzo richiesto per l’affitto? 20 euro al giorno! Letteralmente sproporzionato. Mi affretto perciò a chiarirmi con la proprietaria che, senza colpo ferire, ritratta il costo del fitto per 15 euro al giorno. Peter abbozza.
Vada così! Sarò felice, prima del mio rientro in Italia, di donare quanto acquistato a Ruth, la moglie di Peter. Lui si giustifica asserendo di essere ricorso a questa scelta all’ultimo momento in quanto il proprietario della casa, più comoda e meglio attrezzata, precedentemente promessa, sarebbe venuto meno al suo impegno proprio il giorno del mio arrivo. Sarà? Ho ritrovato questa volta - sorpresa, amara sorpresa - Peter più nervoso, più ambiguo, come chi ciurla nel manico! Il suo fidato amico taxista sta dietro le quinte ma nella vita di Peter copre un ruolo di primo piano! Grazie a lui, all’ultimo momento, avrei beneficiato della casa se pur cara… al dire di Peter. Mi sa che hanno insieme architettato come accogliermi e a che prezzo!
Il sabato l’ho trascorso in un andirivieni tra casa e Tema per effettuare il cambio della moneta, l’acquisto del materiale da cucina, di una prima provvista di viveri… Vado pure a casa di Peter per salutare la moglie e Abigel, sua figlia. Ho per loro dei graziosi utili regalini. La loro casa non ospita più di notte gli animali per i quali Peter ha creato all’esterno uno spazio convenientemente recintato. Ora l’abitazione appare più dignitosa, meglio ordinata. Presto Abigel godrà di una cameretta tutta sua. I lavori di pavimentazione sono in corso. L’ingresso si è allargato e si è trasformato in un pratico tinello. Perché questi lavori quando ho riferito a Peter il mio progetto di accogliere l’intera famiglia, vita natural durante, nella mia prossima tenuta?  La domenica, dopo la santa Messa, vado al villaggio dei pescatori per un bagno nelle acque dell’oceano Atlantico e per rincontrare i vecchi amici.
Una parentesi. Programmato il viaggio, sono stato a ottobre scorso a Roma presso l’Ambasciata ghanese per provvedermi del visto sul passaporto. In quella sede chiesi informazioni su cosa fare per acquistare un piccolo terreno nel loro Paese dove edificare una casetta da abitare. Questi quesiti avrei dovuto porli agli impiegati presso l’Ambasciata Italiana in Ghana, mi fu detto. In ogni modo il funzionario in servizio mi fornì il numero telefonico di un docente universitario della Sapienza di Roma. Era questi probabilmente all’altezza di soddisfare in qualche modo le mie richieste. Non persi tempo. Contattai il docente che mi convocò. Gli raccontai del mio prossimo pensionamento, del mio desiderio di vivere il resto della mia vita in una terra dove coltivare l’orto, allevare animali domestici, essere vicino agli svantaggiati del luogo e cogitare tanto da guadagnarmi possibilmente la prossima dimensione. Qualche settimana prima della mia partenza, il Professore, persona indubbiamente squisita e di più che largo spessore culturale, mi diede il nominativo di un suo caro amico, ex Ministro del Ghana, padre di diversi figli. La prima figlia, da poco sposata con il figlio di un’alta carica dello Stato, fa l’avvocato. Padre e figlia mi saranno sicuramente a fianco per la buona riuscita delle mie intenzioni. Nella stessa occasione il Professore mi suggerì di contattare un suo pupillo adottivo che chiamerò Nando. Nando mi accompagnerà a casa dei suoi amici fidati. Chiusa parentesi.
Sono giunto in Africa, l’ho già detto, il venerdì sera 5 febbraio. Già il sabato mattino ho telefonato a Nando. Cosicché il mattino del lunedì, accompagnato da Peter, l’ho incontrato, come da intesa telefonica, ad Accra, distante una sessantina di chilometri da Tema. Ci ha portati a casa sua dove abbiamo consumato una buona tazza di caffè. Qui gli ho dato un buon orologio da polso e dei regalini per i figli. Poi insieme siamo andati dall’ex Ministro. Prima, però, la necessaria tappa presso il distributore di benzina. Ho contribuito al costo con 20 ghana cedis, l’equivalente di 10 euro. Poi ho pagato la multa che gli è stata inflitta da un vigile a seguito di un illecito non passato inosservato. Per il vigile sono i bianchi a trasgredire facilmente la disciplina stradale e Nando sarebbe stato da me incitato all’infrazione!
L’ex ministro ci ha ospitati sul fresco terrazzo antistante alla sua abitazione. Qui Nando ha avuto modo di presentarsi. Racconta di essere stato in Italia, di aver visitato Roma Padova Venezia… e di essere stato a Viterbo per un lavoro come collaboratore di un Ente di Cooperazione. Nel suo Paese per lo stesso Ente esegue prelievi in una foresta, raggiungibile verso l’interno a un centinaio di chilometri dal villaggio, per costatarne il suo stato di salute. Nel periodo di lavoro risiede nel suo villaggio natio, Negelegazo, localizzato ai confini con la Costa d’Avorio, lato mare. Considerata la sua prossima partenza fissata per il giorno dopo martedì, m’invita a seguirlo perché è sicuro che nelle vicinanze del suo villaggio io possa acquistare la terra che cerco a buon prezzo. L’ex Ministro m’incoraggia, m’assicura il sostegno legale della figlia avvocata e quant’altro.
Intanto Peter, accortosi dell’incalzante deficit visivo dell’ex ministro, manifesta la sua proprietà di guaritore e la sua intenzione di intervenire opportunamente a suo favore. Cosa che, autorizzato, fa con l’uso della Bibbia! Sapevo più o meno di questa sua inclinazione, nata anche un po’ per caso, favorita da una vecchia ma ancora vitale cultura animista e da qualche risultato positivo apparentemente raggiunto grazie alla sua taumaturga mediazione. Ha però sempre sostenuto la gratuità dei suoi interventi. Il tempo, immagino, abbia svolto la sua parte. Chissà come e quando, inizialmente anche appoggiato – dal suo amico taxista? - avrà cominciato a lucrare ed ora probabilmente esercita l’attività come fonte di guadagno, con sommo compiacimento e gratificazione. Si consideri la disponibilità dell’ex ministro a sottoporsi alle sue attenzioni, è comprensibile intuire come la credulona massa, impedita a servirsi dell’esosa medicina ufficiale, ricorra agevolmente agli espedienti del guaritore-stregone, che si accontenta, oltre che di moneta contante, anche di un coniglio o chissà che come ho avuto modo di costatare di sottecchi la volta scorsa!
Il martedì mattino riparto per Accra dove ho l’appuntamento con Nando. La sua Toyota di colore grigio metallizzato è abbastanza nuova ed è comoda per affrontare un itinerario di circa 500 chilometri. Raccomando a Peter di sorvegliare la casa e di tenersi pronto ad ospitare Romaric prossimo ad unirsi a noi. La qual cosa rappresenta per lui un gran fastidio. Di fatto la presenza di Romaric minaccia la sua leadership. Anche lui mi raccomanda di evitare persone che officiano il vudù, a suo dire molto diffuso in quelle zone limitrofe alla Costa d’Avorio. Da quale pulpito viene la predica! Insomma Peter dà prova di mandar giù più bocconi indesiderati. Volentieri sarebbe venuto con noi per valutare con i propri occhi le mie eventuali scelte e verificare se quelle fossero convergenti con le sue esigenze, le sue aspettative e quelle della sua famiglia.
Strada facendo, ho modo di conoscere Nando più da vicino. Ha trentotto anni. Dopo la morte di suo padre 82enne, contrae matrimonio all’età di 24 anni. E’ padre di 4 figli. Ha affidato il primo figlio alla sua famiglia residente in Negelegazo, il villaggio dov’è nato. Sua madre di 87 anni gode di un buono stato di salute. Con gli altri figli e sua moglie abita un appartamentino in fitto ad Accra. E’ sicuramente intelligente, ahimè anche mitomane quanto basta! Ama la griffe, mangiare in ristoranti in, la vettura… In breve la preoccupazione che nutre per l’immagine è principale, ci tiene ad apparire unico e positivo, ad essere al centro dell’attenzione per destare ammirazione, interesse negli altri.
Durante il tragitto sosta ora qui ora là. Si ferma a parlare ora con chissà chi ora con qualcun altro. Con distacco, a freddo, posso attestare che, in effetti, Nando coglie l’occasione per risolvere i suoi bisogni fisiologici, anche smangiucchiare qualche bocconcino non importa di che, senza lasciarsi scorgere, incurante dei miei stessi bisogni, che dovrò soddisfare dietro richiesta ad evitare di doversi sentire a mio servizio. Devo io aver bisogno di lui. Questo atteggiamento è comune tra gli africani. Tu puoi darmi ciò che vuoi, non ti ho chiesto niente, non ti sono obbligato. Tu mi chiedi un sorso d’acqua, io te lo do, tu mi sei obbligato. Una filosofia corretta?
Evito pertanto qualunque reclamo al fine di confermare le mie convinzioni. Nando si ferma quindi ad un distributore di benzina provveduto di un market alle spalle. Anche in questa occasione contribuisco per il pieno di benzina. Nel frattempo m’invita a seguirlo. Nel market compra una bottiglia d’acqua per sé. Dopo qualche esitazione, mi decido a comprare dei biscotti, dell’acqua, dei succhi di frutta e non ricordo cosa ancora. Lui prende la busta, la deposita nel portabagagli e via riparte a tutto gas alla volta del villaggio. Quella busta non l’ho mai più vista! E, sempre alla ricerca di elementi utili a decifrare il suo carattere, neanche ho osato chiedergli che fine avesse mai fatto. Le ore si accavallano. Arrivati nel suo agglomerato, chiama suo nipote Elù, ventunenne. Dovrà dare lucido alla stanza che occuperò di notte. S’allontana per tante altre incombenze. A questo punto sono stremato. Sono stanco per la strada percorsa, ho bevuto forse un bicchier d’acqua, ho dimenticato finanche di far pipì, ma sento di dover mangiare qualcosa, di ritemprarmi adeguatamente. Alla mia esplicita invocazione m’accompagna intorno alle sette di sera, nel ristorante del vicino resort. Ordina per entrambi un piatto unico: penne alla bolognese e un pezzo di carne. A pagare sono io: 20 Ghana-cedis pari a 10 euro. Nei giorni successivi mangio insieme ai giovani che lavorano per lui ma che verranno successivamente gratificati. Questi giovani però nel frattempo non hanno neanche gli occhi per piangere. Provvedo per i loro bisogni. Mangio con loro ciò che il villaggio offre a buon mercato. In quattro o in cinque spendo forse dai 5 ai 7 euro per volta. Nando fa finta di niente anche perché gli sono obbligato per la stanza. Ormai capisco le sue strategie. Mi adeguo alla situazione. Accetto il suo invito ad andare con lui e due suoi aiutanti nella foresta dove svolge il suo lavoro. Mi adopero ad animarli, cosa che fa girare le lancette dell’orologio più velocemente e rompe la silenziosa monotonia del luogo. Del casco di banane, divorate dal gruppo, riesco a mangiarne una sola durante la giornata.
L’indomani mi rifiuto di clonare il giorno precedente. Preferisco rifocillarmi, bere, riposare. Preferisco scoprire un villaggio posto sulla riva del fiume. Lo attraverso in canoa insieme ad Elù e un altro nipote di Nando. La sua acqua sembra dipinta di nero e dall’alto dà l’impressione di uno specchio metallico. Contrastano il suo colore scuro delle anatre bianche che più bianche non si può. La vegetazione tutt’intorno è lussureggiante. Le fotografie che ho scattato all’occorrenza testimoniano il piacere vissuto in quei luoghi appartenenti ad una Natura ancora abbastanza vergine e sorprendente per i suoi fantasmagorici aspetti… Ho pure lasciato a ruota libera la macchina fotografica a Negelegazo per immortalare i sorrisi della sua gente, occupata durante il giorno in qualche lavoretto e stretta intorno a pochi televisori, quando il tramonto spegne la sua luce all’orizzonte, come in un cinema all’aperto, il loro unico attraente svago. Gente di sicuro svantaggiata ma abituata a sopportare le umiliazioni della vita con serenità e lo smagliante e ammaliante sorriso sulle labbra.  
Il venerdì mattina, 12 febbraio, giriamo alla ricerca del suolo. Ho intenzione di rientrare in Tema il giorno seguente. Trovo la terra. Mi piace moltissimo. È poco distante dalla foce del fiume. È di fronte al mare. È ricca di palme da cocco. Si tratta di un territorio di 2500 metri quadrati al costo di 1250 euro. L’unico inconveniente, ma tutt’altro che da sottovalutare, è la distanza dalla capitale.
Riferisco a Nando il mio desiderio di rientrare. So come sbrigarmela con i tro-tro. Nando non mi ostacola, anche se mi suggerisce la compagnia di suo nipote Elù. Rifiuto la compagnia. Elù insiste perché, in effetti, è diretto ad Accra ma non ha il denaro per lo spostamento. Il sabato mattino con Elù affronto il viaggio di ritorno. Arriviamo nel pomeriggio inoltrato a Tema dove ci attendono Romaric e Peter. Peter in presenza di Elù va su tutte le furie. Immagina probabilmente che si tratta di un altro ospite. Un’ulteriore minaccia al suo gioco. Intanto non ho più moneta locale.
Tento di comprare qualcosa da mangiare per noi quattro con gli ultimi Ghana-cedis. Peter monta su di un tro-tro seguito da Romaric e a questo punto anche da me ed Elù. Sarà che Peter, come promesso, ha preparato qualcosa per cena? Macché! Continua a mostrarsi ostile e nervoso. In casa ci sono solo delle patate, delle cipolle e qualche pomodoro. M’appresto a cuocere le patate per farne un’insalata con le cipolle e i pomodori, condita con l’olio che ho portato dall’Italia. Peter, capito di non essere più indispensabile, di averla fatta grossa tanto da non meritarsi la cena, abbandona la casa senza nemmeno un valido cavillo e senza salutare. L’indomani domenica mattina Romaric ed io accompagniamo Elù che se ne va ad Accra mentre noi, a Tema, provvediamo per il cambio degli euro, l’acquisto di alimenti, ossequiamo la santa Messa, curiamo la corrispondenza telematica in un cybercafè…
Il lunedì trascorre tra tanti compiti e una pausa riflessiva: vale la pena comprare la terra così distante dalla capitale? Il martedì mattina, 16 febbraio, insieme ad Elù ci rechiamo ad Accra a ritrovarci con Nando rientrato dal villaggio. Prima di capitare a casa sua, compro una bottiglia di Sprite gigante da consumare insieme. Per converso Nando, a cui do pure un attrezzato coltello a serramanico, ci offre della fresca acqua corrente. Elù tenta inutilmente di reclamare la Sprite. Poi, dopo i rituali saluti, parte per il suo villaggio. Noi invece ci avviamo dall’avvocata da me contattata per il dovuto aggiornamento. Lei si prende qualche giorno per organizzare l’attività legale idonea alla compravendita della terra.
È l’ora del pranzo Nando sceglie una sorta di McDonald dove mangiare, chiaramente a mie spese. Queste sue iniziative mi cominciano a dar fastidio e non ne faccio mistero. In ogni caso preferisco tollerare gli eventi, tanto presto partirà per il suo paesino per restarci un paio di settimane.
Rientro in Tema insieme a Romaric. La pioggia, come prevedibile, rende impraticabile il sentiero che ci porta a casa. Perdiamo l’orientamento e ci smarriamo nella campagna. Romaric telefona perciò a Peter che sente di guadagnare punti con il suo indispensabile intervento. In un fragoroso battibecco Peter intuisce che il giorno dopo, stressato per i continui grattacapi, lascerò la casa per spostarmi in un hotel di Tema centro, molto più comodo e meno distante da Accra. Arrivati a destinazione, minaccioso pretende di dover entrare in casa per avere il danaro con il quale intende pagare la proprietaria. Anch’io a questo punto perdo la pazienza. Non gli do spazio, finalmente Peter va via con la coda tra le gambe e borbottando non importa che. Resto senza parole. Ho aiutato chi per tanti anni? Nel 1995 ha recuperato la gamba prossima alla cancrena grazie alle cure mediche avute mio tramite.
Dal maggio del 2008 ad oggi gli ho inviato più di mille euro, senza calcolare quelli ricevuti da parte di Carmine e quelli di un mio amico meccanico, e la montagna di regali che ho portato dall’Italia per lui e la sua famiglia. Non mi sorprende l’ingratitudine. Fare il bene fatto bene è difficile e quasi sempre non paga.
Con il senno di poi posso tranquillamente ponderare: Peter ha trovato come sbarcare il lunario da guaritore, si è legato ancora di più al luogo dove vede realizzarsi sempre meglio la sua abitazione, disdegna essere gregario da quando si scopre leader nel suo territorio, teme l’eventuale cambiamento che gli propongo. Per tanto Peter, pieno di sé, tira la corda incurante se si spezza. Certo avrebbe potuto e dovuto comportarsi diversamente nel guadagnarsi il suo obiettivo! Ognuno ha i propri limiti. Ha dato ragione alla sua rabbia, alla sua gelosia, ai suoi impulsi istintivi, dimenticando di dover comunque essere grato per quanto gratuitamente ricevuto non solo a suo vantaggio ma dell’intero suo nucleo familiare. In ogni caso sono appagato a sapere che i miei sacrifici e quelli dei miei amici sono serviti a ristrutturare la sua casetta e ad avviarlo ad essere autosufficiente. Dio lo benedica!
Il mercoledì mattina, 17 febbraio, scelgo in Community seven l’hotel. Si trova nei pressi di una pizzeria-ristorante gestita da un italiano di Padova che conoscerò a nome Roberto. Nel frattempo mi giunge l’inaspettata telefonata di Nando che ha intenzione di vederci. Sono felicissimo perché sicuramente mi aiuterà a trasportare i bagagli dalla casa all’hotel e a lui potrò donare le stoviglie e tutto quanto ho acquistato per fronteggiare le deficienze. Un bel bottino! Purtroppo mille telefonate non risultano sufficienti a identificare il posto dove siamo ad attenderlo. Immagino si tratti di una nuova farsa inscenata per giustificare il suo ritardo di qualche ora rispetto all’orario previsto. Comunque, irato e irascibile, ci accompagna a casa dove prendiamo i bagagli da trasferire all’hotel già prenotato. Qui s’accaparra il bottino. Adesso le cose vanno meglio. Poi consumiamo il pasto da Roberto. Dopo di che Nando, soddisfatto del pranzo e di quanto ottenuto, si accomiata. Si accorge però che i miei saluti non sono più espansivi e calorosi. Con lui mi rivedrò l’ultima volta il venerdì mattina per andare insieme dall’avvocata. Come se m’avesse letto nel pensiero: volevo riferire al legale di non essere più interessato alla terra ubicata a Negeglazo, privatamente. Nando conduce me e Romaric dal legale e poi porta la vettura al lavaggio. Da quel momento non l’ho più visto, solo sentito telefonicamente e formalmente. Di fatto Nando s’aspettava l’incarico a procedere per la compera e i soldi utili a pagare la terra. Con quale risultato? Boh!
Romaric è la mia ombra. Segue pedissequamente i miei passi. S’accorge delle contrarietà che patisco per essere dalla loro parte e nel loro interesse. Tenta allora di tutto per alleviare i miei pensieri e il mio stato di salute. Sabato impieghiamo il tempo per navigare, ancora per cambiare gli euro, per conversare con Roberto. Spesso ci tratteniamo da lui a gustare le specialità della sua cucina italiana e locale. Roberto ci racconta di aver girato il mondo, di aver svolto diversi lavori, di aver vissuto esperienze edificanti, di aver sposato una ghanese molto più giovane e di essere diventato papà di un marmocchio tre anni fa all’età di 54 anni.
La domenica mattina Romaric ed io, a seguito di un fortuito incontro con un autista che ci consiglia di visitare il paradisiaco luogo dove lui è nato, programmiamo una gita fuori porta. Sempre con i convenienti tro-tro arriviamo, dopo un paio d’ore di cammino, nella periferia di Ada Foah, per la precisione a Manet Paradise sulla foce del fiume Volta.  
Il nome conferito alla località appare da subito appropriato. Il fiume scorre remissivo verso il mare. Le sue rive sono tappezzate di una finissima sabbia bianca. Qua e là anatre e papere di ogni colore. Le alte palme da cocco completano il fantastico scenario. Anche in questa occasione usiamo una piroga che silenziosa tocca le sponde dei vari villaggi. Gli abitanti però non sempre rispondono al mio saluto o alle mie moine. Strano! Cosa sarà successo?
I proprietari delle case da sogno, costruite lungo le rive del fiume nel tratto che a breve porta alla foce, a scanso… di seccature, evitano perfino di degnare un saluto a chi poi, in effetti, li ospita sul proprio territorio. Ho prova nel vedere sei ragazze europee correre in fila indiana verso un motoscafo di grossa portata senza girarsi né a destra né a sinistra. Faccio di tutto per attirare la loro attenzione e pure quando mi scorgono non rispondono nemmeno al mio saluto. Che vergogna! I ricchi poveri dentro! Volevo chiedere in giro se ci fosse terra da comprare. Considerata però la presenza di quei ricchi… europei, mi è passata la voglia. Cercherò terra vicino ai poveri ricchi dentro.
A cena da Roberto, gli racconto della mia gita, delle mie emozioni, dell’incantevole posto e della reazione degli autoctoni. Beh! Roberto si schiera da parte dei benestanti: se gli dai un po’ di confidenza dopo non te li togli più di torno! Vogliamo parlare di integrazione? Per carità! Quando l’inevitabile odio di quei disgraziati, covato nei riguardi degli agiati, toccherà il punto più alto, allora si dirà che devono andare in galera quegli sporchi ladri e chissà che!
Il lunedì mi sveglio demoralizzato: sono prossimo alla partenza, sono stato da una parte all’altra del Paese, mi sono molto stancato, ho speso molti quattrini e ritorno in Italia senza aver comprato il suolo. Decido di spassarmela nella vicina piscina. Nel tardo pomeriggio avvicino Roberto per avere suggerimenti. Lui sa di un italiano che vuole vendere dei capannoni che gli sono serviti per la sua attività commerciale. Sono situati a Nouingwi vicino al mare ad una quarantina di chilometri da Tema. Ci arrivo sempre con Romaric il martedì. Prima però voglio bagnarmi nelle acque dell’oceano. Siamo costretti a varcare un passaggio custodito. Vogliono qualche moneta. Li prego però di aiutarmi, dopo, a cercare quei capannoni. Nel frattempo s’informano.
Per una serie di circostanze m’imbatto con un responsabile del comitato del villaggio. Questi capisce le mie intenzioni e si presta a meglio soddisfare le mie esigenze. Prendiamo un taxi e andiamo a Pram Pram a circa sei sette chilometri. Mi fa vedere una vasta estensione di terra di fronte al mare con una casa già elevata da completare. Mi piace. Ci diamo l’appuntamento per il giorno dopo. James, questo è il suo nome, si farà trovare con il proprietario del terreno. Il mercoledì ci ritroviamo a discutere dell’affare. Ogni plots è di circa seicento metri quadrati. Pattuisco per quattro plots e la casa compresa in uno di questi. Il giovedì ritorno ancora sul posto. Con me ovviamente c’è Romaric e Roberto, più incuriosito che disposto a starmi vicino per l’opportuno supporto. Già nel tro-tro occupato per il rientro Roberto mi dà del fortunato e mi raccomanda di non lasciarmi sfuggire la preziosa chance. Il venerdì mattina torno ad Accra dall’avvocata insieme agli esperti ingaggiati a Pram Pram per il disbrigo dell’acquisto. Do un anticipo e l’incarico all’avvocata a procedere legalmente. Di sera mi dirigo all’aeroporto. In aereo comincia un sogno che ancora continua. Si trasformerà in realtà?
10 marzo ’10 Giovanni Carbone.


Domenica 14 Marzo,2010 Ore: 15:21
 
 
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