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www.ildialogo.org VERTICE PERES-BERGOGLIO PER “UNA RIPRESA DEI NEGOZIATI DI PACE”. MA IL MURO CAMMINA  ,da Adista Notizie n. 18 del 18/05/2013

VERTICE PERES-BERGOGLIO PER “UNA RIPRESA DEI NEGOZIATI DI PACE”. MA IL MURO CAMMINA  

da Adista Notizie n. 18 del 18/05/2013

37161. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. «Una pronta ripresa dei negoziati tra israeliani e palestinesi» perché «con il sostegno della comunità internazionale, si possa raggiungere un accordo rispettoso delle legittime aspirazioni dei due Popoli e così contribuire risolutamente alla pace e alla stabilità della Regione»: è l’auspicio sottoscritto da papa Francesco e dal presidente israeliano, Shimon Peres, il 30 aprile scorso, durante l’incontro svoltosi in Vaticano. Peres (che si è recato anche dal presidente Giorgio Napolitano e dal primo ministro Enrico Letta), è convinto, secondo quanto ha dichiarato prima della sua partenza per Roma, che il Vaticano abbia «un ruolo importante da giocare per la stabilità del Medio Oriente»; «sono certo che di questa visita – aveva aggiunto – beneficeranno sia lo Stato d’Israele che la causa della pace».
Nel comunicato congiunto si afferma che le due personalità hanno manifestato «particolare preoccupazione per il conflitto che affligge la Siria per il quale si è auspicata una soluzione politica, che privilegi la logica della riconciliazione e del dialogo». Durante l’incontro, «sono state affrontate anche alcune questioni riguardanti i rapporti tra lo Stato d’Israele e la Santa Sede e tra le autorità statali e le comunità cattoliche locali. Sono stati apprezzati infine i notevoli progressi fatti dalla Commissione bilaterale di lavoro, impegnata nell’elaborazione di un accordo su questioni di comune interesse, per il quale si auspica una pronta conclusione». Una speranza, quest’ultima, a quanto pare molto vicina alla realtà: il 29 aprile, intervistato dal Corriere della Sera, Peres aveva detto che «il 99% dei negoziati con il Vaticano è stato chiuso positivamente». Rimane aperta la questione del Cenacolo, sul Monte Sion a Gerusalemme, dove i cristiani vogliono essere autorizzati a celebrare, ma anche su questo punto, sono state le parole di Peres, «un compromesso è possibile». D’altronde l’ultima riunione della Commissione bilaterale israelo-vaticana, il 29 gennaio scorso a Gerusalemme, è stata definita dal viceministro degli Esteri di Israele, Daniel Ayalon (Jerusalem Post) «un reale passo in avanti nelle relazioni tra Israele e la Santa Sede, e tra il popolo ebraico e i cattolici che vivono nel mondo, con benefici per entrambe le parti» (ovvero, per parte vaticana, lo status della Chiesa cattolica in Israele e i problemi riguardanti più di venti siti e luoghi santi del Paese, l’esenzione dalle tasse, come per le sinagoghe e le moschee, delle attività religiose che non producono reddito).
Francesco e Peres, stando al comunicato, hanno fatto «riferimento all’importante questione della Città di Gerusalemme». E sarà stato certo solo un riferimento. L’argomento, è annoso e particolarmente complesso (tanto da non essere contemplato dall’agenda della Commissione bilaterale), essendo Israele e Vaticano su fronti contrapposti: Israele vuole Gerusalemme città esclusivamente ebraica; la Santa Sede vuole la città dei Luoghi Santi condivisa e indivisa, con Statuto internazionale a garanzia della convivenza e della libertà di professare le tre religioni abramitiche.
Il giorno dopo l’incontro con il papa, Peres si è recato ad Assisi dove il sindaco, Claudio Ricci, gli ha conferito la cittadinanza onoraria della città della pace, “patria” di san Francesco, per le azioni in favore della riconciliazione fra i popoli. Per l’impegno per il processo di pace, culminato con gli Accordi di Oslo (poi non attuati), Peres ricevette nel 1994 il Premio Nobel per la Pace insieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat. Data la situazione di occupazione, oppressione, ingiustizia che i palestinesi vivono in Israele, la notizia del premio al presidente israeliano ha irritato pacifisti e militanti per la liberazione del popolo palestinese. Egidia Beretta, madre del reporter e attivista Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile 2011, in questi giorni ricorda in rete quello che Peres diceva nel 2009 in piena operazione “Piombo fuso”: «È una guerra necessaria e giusta». «Se otterremo la nostra vittoria ci sarà la pace».

Muro e ancora muro. Anche a Betlemme
Il 29 aprile, in attesa dell’incontro fra Peres e Francesco, la comunità palestinese cristiana Beit Jala, nella valle del Cremisan (vicino Betlemme), aveva indirizzato al papa una lettera contro la decisione israeliana di costruire un muro che la separa da Gerusalemme e dagli altri luoghi santi. «C’è il rischio – si legge nella lettera che definisce il presidente Peres «uno dei principali autori della politica israeliana di colonizzazione della Palestina» – che la maggior parte dei nostri terreni siano confiscati dall’occupante militare israeliano».
In un comunicato diffuso nello stesso giorno, l’Assemblea dei vescovi cattolici di Terra Santa (Aocts) ha definito la «decisione ingiusta»: «Ci mette davanti al fatto compiuto». «Ricordiamo alle autorità che l’espropriazione di terreni non serve alla causa della pace e indebolisce la posizione dei moderati».
A Cremisan sorgono due conventi salesiani, uno maschile e uno femminile, scuole (elementare, materna e di formazione agricola frequentate da oltre 400 ragazzi) e strutture di aiuto agli abitanti del villaggio cristiano. Il muro lascerà in territorio israeliano la maggior parte delle terre che servono all'apprendimento delle tecniche agricole, vanificando molto del lavoro di insegnamento e rendendo anche difficoltosa la frequenza da parte degli studenti. Il convento maschile inoltre, sorto nel 1885, ospita una vineria in cui viene prodotto vino rosso e bianco con le uve provenienti dalle terre di Betlemme e Hebron. Terre che verranno annesse allo Stato di Israele.
Intervistato da AsiaNews (29/4), mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme, ha sottolineato che le ragioni a favore della costruzione del muro sono deboli e imprecise. «La sicurezza di Israele – afferma il prelato – può essere garantita anche allontanando il muro o trovando soluzioni alternative». La decisione israeliana è però ormai irrevocabile: la barriera divisoria sarà completata. In nome della sicurezza (o, è il sospetto di alcuni, per impossessarsi di terreni agricoli fertili), la Commissione d'appello israeliana, detta “delle obiezioni”, si è pronunciata in via definitiva, il 24 aprile, per la realizzazione del muro, bocciando il ricorso presentato dalle suore salesiane e dai proprietari terrieri della zona (58 famiglie) nel 2006, quando venne presentato il progetto segregazionista. In questi anni, la costruzione è andata avanti malgrado l’esistenza del processo giudiziale in corso.
L’Ispettoria salesiana del Medio Oriente ha emesso il 2 maggio una dichiarazione con la quale «deplora con fermezza il verdetto» emesso ed esprime solidarietà «alle famiglie palestinesi di Beit Jala, lese nei loro diritti e private delle loro proprietà a causa della costruzione del muro».
Il muro di Cremisan è al centro anche di una lettera indirizzata in data 6 maggio al segretario di Stato Usa John Kerry (che due giorni dopo avrebbe partecipato a Roma al summit “semiclandestino” sul conflitto mediorientale e che tornerà in Israele il 21 e 22 maggio) dal vescovo di Des Moines (Iowa), Richard E. Pates, responsabile della Commissione Internazionale di Giustizia e Pace dell’episcopato Usa. «Scrivo per protestare con fermezza – si legge nella missiva – contro la recente decisione della Commissione d’appello israeliana di accaparrarsi terre della valle del Cremisan». Il tracciato del muro «danneggerà 58 famiglie che avranno difficoltà di sostentamento», «separerà il monastero salesiano dal convento», che «sarà circondato su tre lati», e avrà «pesanti conseguenze sul conflitto israelo-palestinese», rendendo ancora «meno probabile» una «futura soluzione di due popoli-due Stati». È quest’ultima, secondo l’episcopato Usa, come ribadisce mons. Pates, l’unica strada per il superamento del conflitto, insieme al «capovolgimento della politica israeliana». (eletta cucuzza)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Sabato 18 Maggio,2013 Ore: 22:41
 
 
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