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www.ildialogo.org CONTESTATO L’8 PER MILLE AI VALDESI: CON IL PROGETTO “SAVING CHILDREN” SI FA IL GIOCO DI ISRAELE,da Adista Notizie n. 17 del 05/05/2012

CONTESTATO L’8 PER MILLE AI VALDESI: CON IL PROGETTO “SAVING CHILDREN” SI FA IL GIOCO DI ISRAELE

da Adista Notizie n. 17 del 05/05/2012

36660. ROMA-ADISTA. Sono decine le lettere di contribuenti, decisi a non devolvere per quest’anno il proprio 8 per mille alla Chiesa valdese, arrivate alla moderatora Maria Bonafede nelle ultime settimane. Una contestazione determinata dal fatto che la Chiesa valdese non ha ancora deciso se continuare o meno a finanziare, attraverso i fondi così incassati, il progetto “Saving Children” – che riguarda la cura in ospedali israeliani di bambini palestinesi gravemente ammalati – del “Centro Peres per la Pace” di Tel Aviv.

La campagna di sospensione del contributo è stata lanciata dalla sezione italiana del Movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele (Bds) che contesta la scelta della Chiesa valdese – che ha sostenuto il progetto nel 2010 con un finanziamento di 23mila euro – e che da mesi preme affinché questo sovvenziamento non venga più reiterato: «Il progetto – si legge nel modello di lettera che Bds invita ad inviare alla Tavola valdese – è funzionale esclusivamente a sostenere la sanità israeliana e non quella palestinese, a non coinvolgere le strutture sanitarie palestinesi, al punto che l’Autorità Palestinese ha chiesto ai donatori italiani (le Regioni) di sospendere il finanziamento. Il Centro Peres – prosegue la missiva – è in piena sintonia con la politica del governo israeliano che vuole apparire come un Paese desideroso della pace, ma che in realtà è responsabile di un’occupazione militare durissima che favorisce una continua espansione delle colonie rubando la terra e l’acqua ai palestinesi». Una decisione «dolorosa ma necessaria» soprattutto «per chi ha affidato da anni alla Chiesa valdese la gestione di questi fondi». «Riteniamo – si legge in documento del Bds che motiva dettagliamente le ragioni di questa opposizione – che non si possa separare il finanziamento di un’associazione che sostiene di perseguire la pace e la fratellanza da una valutazione approfondita rispetto non solo al singolo progetto, ma al contesto ed agli appoggi che questa associazione riceve, in questo caso a livello governativo. Nel caso specifico della Palestina, si tratta di un governo (o meglio, di governi di differente colore politico) che da almeno 50 anni, nonostante le ripetute risoluzioni di condanna dell’Onu, continua a perseguire una politica di occupazione ed oppressione di quella stessa popolazione che il Centro Peres sostiene di voler aiutare». Inoltre, prosegue Bds, «gli ospedali israeliani richiedono il pagamento degli interventi realizzati. L'autorità palestinese copre solo una parte delle spese, mentre l’importo restante spetta alle famiglie palestinesi che molto spesso non sono in grado di farvi fronte. Ma non basta; il Centro Peres incassa una consistente percentuale (almeno il 14%) per individuare l’ospedale più idoneo in Israele, che a sua volta trattiene la sua parte. Così, fondi destinati alla cooperazione con Paesi in via di sviluppo finiscono a finanziare strutture private e pubbliche di un Paese ricco e tra i primi al mondo per sviluppo tecnologico».

«Il progetto ci è parso degno di essere sostenuto per due motivi», aveva risposto già in dicembre dalle pagine del settimanale Riforma Paolo Ricca, responsabile dell’ufficio 8 per mille della Chiesa valdese: «Il primo è che noi sosteniamo sempre, nei limiti dei fondi a disposizione, progetti a favore di bambini, tanto più nelle situazioni di conflitto, sapendo che in quelle situazioni sono proprio loro, i bambini, le vittime principali. Questi bambini, inoltre, sono gravemente malati e gli ospedali palestinesi non hanno le attrezzature necessarie per curarli. Dare una mano a chi si offre di curarli, ci sembra non solo lecito, ma doveroso. Il secondo motivo è che, nella situazione di conflitto che conosciamo, questa iniziativa, che costituisce un ponte di solidarietà tra israeliani e palestinesi, a favore di bambini malati, ci è parsa una promessa, un segnale positivo di amicizia e di pace, una piccola luce accesa in un panorama alquanto oscuro». In secondo luogo, proseguiva Ricca il Centro è, «a quanto ci risulta, una iniziativa privata totalmente autonoma»: «Non ci sembra giusto addossare a questo Centro la responsabilità di tutto quello che il governo israeliano fa nei confronti dei Palestinesi, come se il Centro e il governo israeliano fossero la stessa cosa. Non lo sono, anzi a noi pare che si muovano in direzione opposta. E comunque: la nostra Chiesa approva progetti, non sposa gli enti o le associazioni che ce li propongono». «Siamo convinti (fino a prova contraria) che finanziando un progetto di questo Centro – concludeva – noi non abbiamo firmato una cambiale in bianco per il Centro e tanto meno abbiamo dato un avallo o una qualsiasi forma di sostegno diretto o indiretto, esplicito o implicito, alla politica del governo israeliano nei confronti dei palestinesi, che molti di noi non condividono».

Bonafede, dal canto suo, ha risposto con una lettera pubblicata sul sito della Chiesa valdese (20/4): «Questa campagna – spiega – è partita dopo che, lo scorso 8 marzo, insieme ad altri autorevoli componenti della Chiesa valdese avevamo incontrato alcune personalità che, a vario titolo, avevano espresso la loro critica alla nostra decisione. In quell’occasione io e i miei colleghi prendemmo atto dei giudizi emersi e manifestammo la nostra intenzione di procedere a una verifica delle criticità che ci erano state espresse. Questa fase è ancora in corso e posso garantire che stiamo considerando la questione con la sincera intenzione di rendere un servizio alla causa della pace e della giustizia nell’area mediorientale».    
«La Chiesa valdese – prosegue la moderatora – sostiene una varietà di progetti che hanno come centro il Medio Oriente e come obiettivo il sostegno a chi in quel difficile contesto cerca di operare per la giustizia e la pace nella cornice di una soluzione politica basata sul principio “due popoli, due Stati”. Compiute le opportune verifiche, ciascun contribuente è quindi in grado di valutare se la nostra Chiesa abbia adottato l’agenda politica di una parte in contrapposizione a un’altra o se, come crediamo, ha cercato di contribuire a sostenere e rafforzare chi, da una parte e dall’altra, lavora per la sicurezza, la giustizia e la coesistenza di due popoli». «Siamo anche consapevoli dei nostri limiti e ammettiamo anche la possibilità di errori e sottovalutazioni. Ringraziamo quindi chi ci ha rivolto delle critiche, anche severe come in questo caso, ma sentiamo anche la responsabilità di gestire i fondi ricevuti secondo principi dettati dalla nostra coscienza e dalla intenzione di rendere un servizio alla causa della giustizia anche nel difficile contesto mediorientale». (i. c.)

Articolo tratto da
ADISTA
La redazione di ADISTA si trova in via Acciaioli n.7 - 00186 Roma Telefono +39 06 686.86.92 +39 06 688.019.24 Fax +39 06 686.58.98 E-mail info@adista.it Sito www.adista.it



Mercoledì 02 Maggio,2012 Ore: 16:32
 
 
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