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www.ildialogo.org Una soluzione creativa per i confitti in Medio Oriente,DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA - OBIETTORE ALLE SPESE MILITARI E NUCLEARI

Una soluzione creativa per i confitti in Medio Oriente

DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA - OBIETTORE ALLE SPESE MILITARI E NUCLEARI

Una strategia di pace nel Medio Oriente Allargato, per chi intenda appoggiarsi ai principi nonviolenti, cioè ricerca della giustizia per tutti attraverso un percorso di giustizia, che minimizzi fino a ridurre a zero il tasso di violenza del contesto, deve viaggiare sulle seguenti direttici:

 

1- le forze nonviolente "esterne" non si identificano con alcuna delle parti in causa nel conflitto, ma si propongono come servizio neutro, imparziale di mediazione, vale a dire come facilitatori per superare i disaccordi e pervenire a soluzioni "creative", accettabili con ragionevole soddisfazione da parte di tutte le comunità direttamente coinvolte;

2 - tali soluzioni vanno perseguite all'interno di un bacino politicamente ottimale in riferimento ai rapporti di forza in gioco nel conflitto. Cito una conferenza di Galtung, il fondatore dell'IPRI, all'Università di Firenze: l'elefante israeliano non è pensabile si metta d'accordo con il topolino palestinese. Il compromesso va cercato almeno tra l'intero mondo arabo e gli israeliani. Per Galtung un modello di compromesso potrebbe essere la Comunità economica europea del primo dopoguerra (vedi nota sotto).

3- per individuare tale area politicamente pregnante occorre condurre una analisi concreta della situazione concreta. Facendo ciò si osserverebbe che nella regione geopolitica in oggetto il conflitto oggi decisivo è quello tra Israele e l'Iran; gli altri conflitti sono da esso derivati in quanto i protagonisti sono condizionati in modo determinante dal conflitto "centrale";

4- per porre mano ad una tattica realista, quindi gradualista, è essenziale agganciarsi agli spiragli che la politica internazionale apre nel verso positivo. Un esempio lo abbiamo dall'ultima Conferenza ONU di revisione del TNP, che si è pronunciata, USA in testa, per la denuclearizzazione del Medio Oriente mettendo sotto accusa l'ambiguità israeliana sul suo arsenale atomico. E' un'occasione che non ci si deve lasciare sfuggire.

La "soluzione creativa" dei mediatori nonviolenti, combinando "concretisticamente" e "costruttivamente" gli elementi sopra enunciati, può quindi essere la seguente:

1- l'intero Medio Oriente, a disinnescare la mina del confronto tra Israele e l'Iran, va dichiarato "zona libera dalle armi nucleari", come recentissimamente proclamato dall'ONU;

2- bisogna estendere l'idea di Galtung di un mercato comune allargandola con un concetto euro-mediterraneo (previsto dalla dichiarazione di Barcellona del 1995);

3- la "sicurezza" dello Stato con caratteristiche ebraiche, su cui batte ossessivamente il militarismo israeliano, può essere garantita dall'ingresso di Tel Aviv nell'Unione Europea;

4- anche lo Stato Palestinese deve essere accolto nella UE. Ma le fazioni palestinesi devono TUTTE deporre le armi, riconciliarsi, lasciare spazio a forze nuove democratiche e nonviolente (che già esistono nella società, ma sono soffocate dalle bande armate).

Non mi dilungo più di tanto nello spiegare gli enormi vantaggi che deriverebbero dall'avere una azione ispirata da obiettivi chiari, sensati, basati sul diritto internazionale e non partigiani, che inserisca il conflitto locale nel suo adeguato contesto globale.

Israele senza armi atomiche in un Medio Oriente denuclearizzato! Mercato comune euromediterraneo! Israele e Stato palestinese dentro la UE!

Immaginate l'effetto dirompente di manifestazioni internazionali a Tel Aviv contro l'armamento atomico israeliano, nel momento in cui si sostiene non la "causa palestinese", ma quella del disarmo sponsorizzata dall'ONU! E quella della collaborazione economica, sponsorizzata dalla UE!

Ovviamente la soluzione da me proposta è avanzata in termini molto generali, i dettagli vanno studiati ed approfonditi. Dai dettagli dipende il successo o l'insuccesso delle cose.

Mi sembra però che percorrere questa nuova strada, con lo strumento delle "Ambasciate di Pace", abbia molto più senso che non rimanere ancorati al vecchio schema dei pacifisti europei identificati non nella causa della pace, ma in quella palestinese, dentro un fronte anti-imperialista, magari a ridiscutere la stessa legittimità dell'esistenza di uno Stato israeliano.

Di qui la mia convinzione che insistere sulla campagna per "rompere l'assedio israeliano di Gaza" sia fuori tempo, mal concepito e peggio gestito.

Fuori tempo perchè l'urgenza del momento, per i cittadini interessati alla pace mondiale, è prevenire la deriva che sta "intortando" Obama e portando alla guerra contro l'Iran (in cui i palestinesi rimarranno coinvolti e schiacciati: Hamas, diciamolo chiaro, è diventata una pedina di Teheran...).

Sugli errori di concezione e di gestione non mi dilungo, perchè chiunque può arrivarci da sè, se fa riferimento alle 4 direttrici che ho elencato all'inizio del mio intervento.

L'unica cosa che si può aggiungere è che, ad esempio, non risponde a verità, su Gaza, parlare solo di assedio israeliano quando la stessa marcia pacifista dell'ultimo Natale si è scontrata con il "muro" egiziano!

In questo quadro, "forzare i blocchi navali" getta benzina sul fuoco delle tensioni e della violenza, è di sicura strumentalizzazione perchè completamente inserito nella vecchia ottica del conflitto, mentre dovremmo lavorare per proporre, con l'azione, una diversa percezione della posta e delle regole del gioco conflittuale.

Ecco le conseguenze, secondo me più che prevedibili, di un impegno animato solo da buone intenzioni, ma non suffragato da una "intelligenza strategica" che sostenga il cuore "anti-imperialista" (battente di fatto solo in senso anti-americano ed anti-israeliano: come se il "piccolo" imperialismo iraniano non sia assimilabile ad una banda armata di sequestratori, violatori e assassini efferati, a decine di migliaia, di donne...).

Non si fa nulla per prevenire il blitz israeliano contro gli impianti atomici di Teheran, il grande problema su cui oggi si giocano gli equilibri mondiali tra sistema di guerra - alternativa di pace. Il vento di guerra scuote l'intera regione. I "pacifisti" occidentali si svegliano tardi e manifestano, stavolta in quattro gatti, per "fermare la guerra contro l'Iran". L'attacco israeliano, ovviamente, scatta (ed io credo che sarà contenuto e limitato). Hamas risponde all'appello dei suoi finanziatori ed armatori iraniani e spara qualche razzetto da Gaza. L'Iran sostiene anche in questo modo, sul modello di Hezbollah (altra sua pedina) in Libano, di aver risposto, resistito e "vinto". Si giunge ad una tregua nella regione, che, sulla pelle delle popolazioni, rafforza i militarismi contrapposti (e "vincenti") di ambedue i fronti. In Europa i "pacifisti" si isolano ulteriormente dall'opinione pubblica generale, perchè appaiono schierati dietro il fondamentalismo islamico. Appaiono tali perchè in sostanza, con quello che dicono e fanno, ma soprattutto con quello che non dicono e non fanno, lo sono: anche se i più non se ne rendono conto. La domanda è: perchè non se ne rendono conto?

 

Galtung sul conflitto israelo-palestinese (ripreso dal sito http://www.bumerang.it/ , anno 2008):

"Come avvenne a Roma nel 1958 con la Comunità Europea che sanciva un patto tra la Germania e i 5 paesi europei vicini, così la mia "visione" di una soluzione del conflitto israelo/palestinese vede Israele legata ai 5 paesi arabi confinanti: Libano, Siria, Giordania, Palestina ed Egitto.
I confini aperti permetterebbero il flusso di persone, idee, merci, servizi. Il diritto di residenza forse arriverebbe più tardi, come il diritto agli investimenti.
I giovani tedeschi di oggi non sanno che la Comunità Europea (dopo il 1 ottobre 1992 è diventata l'attuale Unione Europea) sia stata la soluzione ad un conflitto. Quando subentra la normalità, quando non ci ricordiamo nemmeno che c'è stata una soluzione, vuol dire che ci siamo arrivati.
So bene che quando spiego la mia visione in Israele, pensano che stia facendo un paragone tra loro e la Germania nazista. In realtà vedo per entrambi i paesi la difficoltà nei rapporti con i vicini.
Diventando membri delle rispettive famiglie gli equilibri cambierebbero sensibilmente.
".

Il concetto di una comunità del medio oriente non è nuovo e ci si sta lavorando. Anche in Italia, circa due mesi fa, società civile e organizzazioni si sono incontrate per discutere questa possibilità.
In tutti questi anni sia nei paesi arabi che in Israele molte cose sono cambiate. Israele nel corso di 4 generazioni è passata dall'idealismo all'edonismo. La corruzione oggi è capillare e la stessa società è cambiata moltissimo rispetto all'origine. Il governo di Israele è in coma, quello palestinese non esiste.
Ci sono una casa divisa ma due società civili magnifiche, con persone fantastiche che sono alla ricerca di soluzioni.

Israele/Palestina è una regione in cui di creatività ne esiste poca, si trovano invece odio, memoria.
La visione sionista non può essere una soluzione, non può portare la pace. In americano si usa il termine "non-started", e indica un processo che non parte.
Ma che cosa cerca Israele?
I suoi obiettivi principali sono 3: uno stato con caratteristiche ebraiche, uno stato democratico, la sicurezza.
La sicurezza, secondo me, ha come base la pace e la pace ha come base l'uguaglianza, la parità, la simmetria, il mutuo rispetto. Altrimenti è qualcos'altro



Marted́ 31 Agosto,2010 Ore: 14:24
 
 
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