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www.ildialogo.org La «banalità del male»,di Giorgio Forti

Medio oriente - l'opinione
La «banalità del male»

di Giorgio Forti

Si moltiplicabo in questi giorni le critiche degli ebrei alla politica di Israele alcune delle quali interessate e ambigue, non e' il caso di questo articolo e della lettera di risposta a quanto pubblicato da Fiamma Nirestein su Il Giornale lo scorso 1 Giugno, a cura di Miriam Marino della rete ECO, Ebrei contro l'occupazione. Tanto per chiarire che non tutti gli ebrei condividono gli assassini e le violazioni dei diritti umani perpetrati in sessant anni dagli israeliani sionisti in Palestina. Con questi ebrei ci sentiamo fratelli e solidali. Salam
Amina Salina

La «banalità del male»
Giovedì 03 Giugno 2010 06:01
di Giorgio Forti
il Manifesto, 2 giugno 2010

Le forze armate israeliane hanno attaccato «vittoriosamente» la flottiglia dei volontari disarmati che, partiti da molti Paesi, volevano raggiungere Gaza, portando 10mila tonnellate di cibo, cemento per ricostruire, libri e quaderni per le scuole, medicinali ed altri generi di prima necessità. Tutte cose per sopravvivere meno miserabilmente a Gaza: ma è proprio questo che Israele non vuole, che Gaza diventi un posto vivibile. Perché i palestinesi arabi se ne debbono andare, con le buone o con le cattive. Quella terra, come Gerusalemme e tutta la Cisgiordania, nei progetti sionisti sono la Terra di Israele, promessa da Dio al popolo di Israele, la Nazione Ebraica. L'ideologia nazionalista ha conquistato la maggioranza degli ebrei in Israele e nella diaspora, distruggendo la cultura internazionalista a cui tanto avevano contribuito, in Europa ed in America, dal 17esimo secolo in poi. La Nazione è l'idolo più sanguinario che l'umanità abbia mai adorato e richiede la completa dedizione dei suoi figli, per la vita e la morte, senza distinzione tra figli e figliastri al servizio dei figli. L'infedeltà alla Nazione ed al suo feticcio, la bandiera, è punito con la massima severità: è tradimento. Il governo israeliano ha in questi mesi ribadito questi concetti, e su questa base sta riducendo lo spazio della libertà di esprimersi, a voce e per iscritto. È già stato preannunziato che chi non giura fedeltà allo Stato ebraico può esser privato della cittadinanza, e quindi espulso, così stabilendo di diritto (di fatto lo era già da tempo) che Israele è la Stato degli Ebrei, fondato sull'etnia e ... sulla religione, anche se solo una minoranza la pratica. La Nazione è il vero ente unificante: ad essa hanno ubbidito i soldati che hanno assassinato in mare un certo numero di persone, ubbidendo agli ordini dei loro ufficiali, i quali hanno ubbidito al governo di Israele. Ricordate «la banalità del male» di Hannah Arendt, che aveva seguito come corrispondente il processo Eichmann? L'assassino di Auschwitz, alla domanda del giudice se si riconoscesse colpevole, ha risposto: «No, nel senso dell'accusa», perché non ha fatto che ubbidire al suo capo. Anche i soldati che hanno ucciso più persone (sapremo presto il numero esatto) hanno ubbidito agli ordini ed hanno ucciso per «banale» ubbidienza, magari con convinzione. Eppure, proprio in Israele è stata teorizzata e messa in pratica dai Refusenicks la disubbidienza agli ordini ingiusti, perché il primato spetta alla coscienza personale. Esistono dunque due volti di Israele: quello violento della nazione razzista, maggioritario, e quello per ora ultraminoritario delle donne e uomini che resistono al primo, e considerano i loro coabitanti palestinesi come uguali in umanità, diritti e doveri. Il resto del mondo, soprattutto Europa e Stati Uniti, hanno una precisa responsabilità nel promuovere questo secondo Israele, che diventi quello del futuro. Ma per questo dovrebbero loro stessi liberarsi della idolatria nazionale, il che non sembra imminente.



Venerd́ 04 Giugno,2010 Ore: 18:52
 
 
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