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www.ildialogo.org Il paese che vive senza la tv,di ALBERTO MATTIOLI

Il paese che vive senza la tv

di ALBERTO MATTIOLI

tratto da La Stampa del 31/01/2011


Vivere senza la tivù? Forse si può. E magari si vive pure meglio. A Offemont, nell’Est della Francia, sono convinti che spegnere lo schermo accenda la vita. E infatti da tre anni il Comune invita i suoi amministrati a dimenticare il telecomando per una settimana. Dopo il Comune denuclearizzato, arriva il Comune detelevisionato. E non vale dire che, visti cinque minuti della tivù francese, si rimpiange perfino quella italiana: l’idea è buona, la scommessa intrigante, un esperimento sociologico con gli abitanti del villaggio a fare da cavie umane.

Eroici davvero: Offemont non è Parigi, dove le serate senza tivù passano benissimo. Si tratta di un piccolo Comune della Franca Contea, 3.463 abitanti all’ultimo censimento, un villaggio dormitorio vicino a Belfort, nei pressi della Svizzera e, si suppone, altrettanto noioso. In effetti le attrazioni locali si possono riassumere in una parola sola: nessuna. C’è la solita Mairie megalomane (dalla sede comunale di ogni paesello francese si potrebbero amministrare intere regioni), la chiesa e, poco lontano, il parco naturale dei Vosgi. Parigi dista 362 chilometri in linea d’aria e molti di più come atmosfera. Una volta rimirati per bene i Vosgi, l’impressione è che non ci sia molto da fare, specie nelle notti d’inverno che qui è rigido assai. Insomma, la tivù pare proprio indispensabile.

Invece gli amministratori locali, che sono poi delle amministratrici perché la sindachessa si chiama Françoise Bouvier e l’assessora antitivù Brigitte Chevillat, sono invece convinti che gli «Offemontois», così si chiamano gli amministrati, debbano pigiare lo stop sul telecomando, togliersi le pantofole e uscire: «Tutti gli inverni, la gente si chiude in casa - spiega Chevillat -. La soluzione più facile è mettersi davanti alla televisione. Volevamo stimolare le coscienze, provare che esiste un altro mondo».

Detto fatto. Chevillat & co. hanno esposto all’ingresso del borgo un grande cartello disegnato come un piccolo schermo dove si annunciava la settimana senza tivù dal 23 al 30 gennaio. Hanno organizzato al centro polivalente una serie di attività dove c’era un po’ di tutto, dalle lezioni di cucina delle Antille al torneo di ping-pong, dal corso di tecnica circense al tè danzante, dal mercatino alla lettura delle favole. E hanno retto all’assalto dei giornalisti incuriositi da questi alieni capaci di sopravvivere senza la loro dose quotidiana di raggi catodici, in un Paese dove nel 2010 ogni francese ha passato davanti alla tivù in media 3 ore e 32 minuti al giorno, 7 di più che nel 2009 e 19 più del 2000. A Offemont, la settimana «no video» si è conclusa sabato con una cena antillese (oddio, allora forse sono meglio il Grande fratello e simili, che imperversano anche da questa parte delle Alpi), quindi ieri è stato il giorno dei bilanci. Li ha tirati il Parisien. Risultato: la popolazione ha retto, anche se la resistenza c’è stata e ha trovato il suo epicentro nel locale bar Sport dove cinque-schermi-cinque sono rimasti accesi in permanenza sulle partite di ogni possibile sport e soprattutto sulle corse dei cavalli, che in Francia imperversano su ogni canale e giornale. Però, a parte le solite mamme che ammettono di parcheggiare il pupo a lobotomizzarsi davanti allo schermo, la maggioranza dice di aver tenuto e la minoranza che non c’è l’ha fatta confessa di aver acceso con i sensi di colpa, di nascosto o per impellenti ragioni, tipo Svezia-Francia di pallamano, un’altra incomprensibile passione gallica. Per finire con una nota commovente: le due famiglie che hanno scoperto solo durante la cena comunale di essere vicine di casa. Prima, ognuno per sé e la tivù per tutti.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8356&ID_sezione=29&sezione=



Marted́ 08 Febbraio,2011 Ore: 22:30
 
 
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