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www.ildialogo.org Una domanda al Fatto Quotidiano: perché ospitate articoli di Michele Boldrin?,di Valerio Gigante – Gianni Mula – Giovanni Sarubbi

Una domanda al Fatto Quotidiano: perché ospitate articoli di Michele Boldrin?

di Valerio Gigante – Gianni Mula – Giovanni Sarubbi

Per contatti :
Valerio Gigante :valerio@adista.it
Gianni Mula: gianni.mula@dsf.unica.it
Giovanni Sarubbi: direttore@ildialogo.org
Non il pensiero,
ma l’assunzione della responsabilità
è l’origine dell’azione. Per voi, pensiero
e azione entreranno in una relazione nuova.
Penserete esclusivamente ciò di cui
risponderete agendo.
Dietrich Bonhöffer
Il Fatto Quotidiano pubblica regolarmente, da qualche tempo, editoriali di Michele Boldrin. Ci deve importare qualcosa? Questo si è chiesto, insieme a tanti altri, Marcello Vigli dell'Associazione Per la Scuola della Repubblica, che ha dichiarato di rinunciare a comprare il giornale.
Anche noi crediamo di sì, per due motivi. Il primo è che il Fatto Quotidiano è nato come rottura di un sistema mediatico chiuso, e come tale è stato accolto da molte speranze ed ha incontrato meritatamente un successo straordinario. Pertanto il Fatto è uno dei pochi fogli leggibili che ci sono sulla piazza e noi siamo naturalmente interessati a quello che scrive e a chi ci scrive. Il secondo motivo ci pare anche più importante, ed ha a che fare col fatto che Boldrin sostiene tesi controverse su argomenti spesso al centro del dibattito culturale e politico.
Chi è Michele Boldrin? È un economista italiano che insegna alla Washington University a St. Louis ed è stato protagonista nei mesi scorsi, assieme ad Alberto Bisin della New York University, di una veemente critica alla “Lettera degli economisti” (Sole 24 Ore del 16 giugno) con la quale 100 economisti italiani contestano una politica restrittiva che aggrava la crisi e propongono invece una svolta che scongiuri una caduta ulteriore dei redditi e dell’occupazione. Nella loro replica (Sole 24 Ore del 27 giugno) Bisin e Boldrin tacciano la proposta dei 100 economisti di incoerenza logica e inconsistenza fattuale, fatta per amore di un populismo “scientificamente” (sic!) dannoso. Accuse pesanti per una proposta che si limita a proporre “un ampio e franco dibattito sulle motivazioni e sulle responsabilità dei gravissimi errori di politica economica che si stanno compiendo”, in un campo dove è evidente che in Italia c’è anzitutto bisogno di una politica economica, e poi possibilmente di una politica chiara e condivisa.
Ma Bisin e Boldrin amano le polemiche: sono economisti monetaristi a destra persino di Milton Friedman e della scuola di Chicago, ultraliberisti che si rifanno alla cosiddetta scuola neoaustriaca di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek. Una scuola imprigionata in un aristocratico manierismo privo di matematica, avversaria delle regole, che però ama due istituzioni che delle regole hanno bisogno: le grandi corporations, quasi impossibili senza responsabilità limitata, e la riserva bancaria al 100 per cento.
Sin qui una polemica dai toni accesi, tuttavia non insolita tra economisti di diverse tendenze, che non impedisce certo che le opinioni di Boldrin vengano ospitate dal Fatto. È invece molto strano che gli articoli siano ospitati senza la benché minima indicazione che le opinioni
espresse si collocano probabilmente a un estremo del dibattito in corso. Soprattutto perché in assenza di queste indicazioni un lettore ha il diritto di supporre che gli articoli presentati, anche se non necessariamente condivisi dalla redazione, possano comunque esser letti senza le particolari precauzioni con le quali è bene leggere opinioni estreme.
Ma Bisin e Boldrin hanno anche un’altra cosa in comune, l’essere stati firmatari, nel 2009, dell'appello promosso dal Cato Institute, rivolto al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, per esprimere la propria contrarietà alle politiche neo-keynesiane promosse dalla nuova amministrazione. Sono quindi economisti non solo schierati su posizioni conservatrici e ultraliberiste ma anche disponibili ad appoggiare le iniziative del Cato Institute. Che cos’è il Cato Institute? È un’organizzazione nata per manipolare la pubblica opinione (vedi http://world.std.com/~mhuben/cato.html), ad es. schermando le fonti finanziarie delle campagne di stampa con le quali molte multinazionali influenzano politici e opinione pubblica a loro favore. Ad esempio campagne di stampa a favore del fumo finanziate dalle multinazionali del tabacco.
Naturalmente una collaborazione episodica (per quello che ci risulta) col Cato Institute non è ancora una prova che Boldrin sia solito prestarsi a operazioni di manipolazione della pubblica opinione. Tuttavia che il Fatto pubblichi articoli suoi senza informare i propri lettori di quell’episodio e di ciò che quell’episodio potenzialmente implica, pone interrogativi etici tutt’altro che banali, sul Fatto, non su Boldrin verso il quale non abbiamo il minimo interesse. Anche perché costui, quando pontifica su temi importanti come quelli dell’università e della scuola, esprime opinioni francamente risibili, almeno per persone informate sui fatti. Non dubitiamo che per queste scelte editoriali del Fatto ci possano essere spiegazioni accettabili, ma non riusciamo a trovarle. Abbiamo protestato e chiesto più volte alla redazione perché ospitasse articoli di Boldrin, senza mai ottenere alcun cenno di risposta, neanche privata, neanche un classico “ci dispiace, ma è una nostra libera scelta”. Anche la scelta nostra e di tanti nostri amici di comprare il Fatto è una libera scelta, e speriamo di non dovercene pentire.


Venerdì 01 Ottobre,2010 Ore: 14:18
 
 
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