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www.ildialogo.org Pensieri dopo i complimenti alla bella signora del pane,di Renato Pierri

Pensieri dopo i complimenti alla bella signora del pane

di Renato Pierri

Secondo la psicologa Alessandra Pauncz, esperta di maltrattamenti psicologici e violenza di genere, per capire se c’è violenza psicologica bisogna seguire «la percezione del comportamento: se la destinataria dice no, qualunque esso sia, anche un galante complimento, vuol dire che bisogna farla finita». E i complimenti ad una sconosciuta si possono fare? Come sapere se li gradisce oppure le danno fastidio? Io qualche volta, confesso, ho fatto complimenti a sconosciute. Non so se avessi già la barba bianca quella volta a Roma Termini. Una signora troppo bella aspettava la metro. Tanta bellezza mette persino soggezione, ma io che in fondo sono un timido, non seppi resistere alla tentazione di avvicinarmi. La guardai. Lei mi guardò. Non mi ignorò. Ed io scherzando: “Lo sa che è proibito andare in giro quando si è così belle?”. E lei: “E va bene, significa che pagherò la multa”. Arrivò il convoglio. Io entrai. Lei no. Aspettava un signore che arrivava, gli corse incontro...
Stavo facendo questi pensieri questa mattina, dopo l’ennesimo complimento alla bellissima signora che vende il pane in un supermercato Auchan. Quale? Non si dice. Lei li accetta sempre, i complimenti, con un grazie e un sorriso. Non dice gnornò, gnornò. Li accetta volentieri, secondo me, anche perché è sicura che il vecchio signore con la barba bianca non pensa certamente di andare oltre. Le ho detto: “Uno splendore, come il solito. Però non va bene, non va bene perché la gente qui s’incanta a guardare lei... “. E la signora bella col suo sorriso bello, prima che terminassi la frase: “E si dimentica di comprare il pane, mannaggia la miseria!”.
Gnornò, gnornò... andare oltre... E se lo sposo ricatta la sposa minacciando di lasciarla seduta stante qualora non si svesta davanti a lui, si tratta di violenza psicologica? Non so, mettiamo che lui la invita a togliersi il grembiule, e lei per ben due volte dice gnornò, e lui minaccia: “Se non te lo togli, mi alzo e me ne vado da qua”. E lei poverina, per farlo contento, se lo leva il grembiule, si tratta di violenza psicologica? E se lui va avanti con le richieste? Se le chiede: “E levate la vesticciolla!”, e lei ancora per ben due volte dice gnornò, e lui continua con la minaccia di andarsene immediatamente, e lei per farlo contento se lo toglie il vestito? E se lui va ancora avanti e le chiede di togliersi la camicetta, e poi la sottoveste e poi il corsetto? Si tratta di violenza psicologica? E se infine lo sposo prepotente le chiede di togliersi l’ultimo indumento rimasto? No, questo la canzone non lo dice. La canzone del giovane poeta Luigi Stellato, “La cammesella”, musicata da Francesco Melber nel 1875, finisce con la richiesta di togliere il corsetto, e poi: “E damme, ceccè, 'nu vasillo”. Le chiede un bacino. Il resto bisogna immaginarselo. Ma ho scherzato, ovviamente, e alterato un po’ il senso della canzone, come fece Totò, del resto, in “Siamo uomini o caporali”. In realtà, la sposa fa la difficile, risponde sempre gnornò, gnornò, ma sembra contenta di esaudire le richieste dello sposo, tanto da benedire assieme a lui il giorno in cui la mamma diede il consenso per il matrimonio, e tanto da dirgli: “Fa' chello che vuò!”. Dice gnornò per dire gnorsì. Totò, con una pistola in mano, finiva davvero per ordinare alla sciantosa di togliersi l’indumento più intimo, ma lo faceva per far piacere agli spettatori...
Renato Pierri



Venerdì 02 Febbraio,2018 Ore: 11:55
 
 
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