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www.ildialogo.org Il valore salvifico della sofferenza del nostro povero gatto,di Veronica Tussi

Il valore salvifico della sofferenza del nostro povero gatto

di Veronica Tussi

Veronica: “Una frase un po’ strampalata di San Paolo ha creato, almeno in parte, il madornale equivoco”
Teresa: “Di che parli amore mio?”
Veronica: “Non hai letto sul blog “Come Gesù”, l’articolo di don Sergio Fumagalli sul valore salvifico della sofferenza? La sofferenza salva, la sofferenza è un valore. Chissà se sia un valore anche la sofferenza del nostro povero gatto cieco e malato”
Teresa: “Va bene, però adesso non te la prendere col bravo sacerdote, lui non fa altro che ripetere ciò che afferma la Chiesa, ciò che ha affermato Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Salvifici Doloris. Affermazioni che si basano sulla frase strampalata, come tu dici, di San Paolo: «Completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo per il suo corpo che è la Chiesa». Elio Peretto, però, commenta così: «Non è facile capire come Paolo completi nel suo corpo ciò che manca alle sofferenze di Cristo. E’ certo che l’atto redentore di Cristo fu perfetto e sovrabbondante» (La Bibbia, Nuovissima versione dai testi originali, Edizioni Paoline, pag. 1799)”
Veronica: “Tra tante cose giuste, l’ebreo di Tarso ogni tanto ne diceva una sbagliata, basti pensare a: «E’ cosa buona per l’uomo non avere contatti con donna» (1 Cor 7,1). Tu dici che non devo prendermela con don Sergio Fumagalli, ma senti che cosa scrive: «La Lettera Apostolica parla ampiamente di come Gesù stesso e poi gli Apostoli e tutta la Chiesa si siano sempre adoperati per alleviare, per quanto fosse possibile, le sofferenze fisiche o morali della gente, come segno di amore, di compassione e di vicinanza, ma sottolinea anche come la sofferenza che non si riuscisse ad alleviare completamente, non sia una sofferenza senza senso, tale da costituire, per chi la patisce, una specie di “ingiustizia divina”, da cui liberarsi con ogni mezzo». Non si rende conto della contraddizione”
Teresa: “Quale contraddizione?”
Veronica: “Scusa, ma quando mai si è sentito che sia un bene privare di un valore una persona? Perché dovremmo adoperarci per alleviare o addirittura eliminarla, la sofferenza, se è un valore e fa tanto bene all’uomo? Scriveva Giovanni Paolo II: «Non è solo il fatto che l'uomo scopre il senso salvifico della sofferenza, ma soprattutto che nella sofferenza diventa un uomo completamente nuovo» (n. 26). Vogliamo togliere questa meravigliosa opportunità all’uomo? Sfortunato chi non soffre e non può diventare un uomo nuovo. Fortunato il nostro gatto che soffre...”
Teresa: “Tu scherzi, amore mio, il fatto è che sono troppi a non aver capito che cosa intendesse Gesù quando parlava della croce. Ma non abbiamo già affrontato l'argomento? Non abbiamo già detto a quale croce si riferisse il Signore? La croce è la conseguenza della scelta di percorrere la via della verità e della giustizia. E’ la conseguenza della sequela Christi. Solo in quel caso la sofferenza ha un senso. Che cosa c’entra la sofferenza conseguente alle malattie e a mille altri motivi? Il fatto che la sofferenza in certi casi abbia un senso, non vuol dire che sia in sé una cosa buona. Un’operazione chirurgica ha un senso, ma non significa che sia cosa buona in sé”
Veronica: “Tra l'altro, Giovanni Paolo II dimenticava che molti uomini peggiorano a causa della sofferenza, si abbrutiscono, diventano delinquenti, altro che uomini nuovi! La sofferenza dei delinquenti ha valore salvifico? E’ redentrice?”
Teresa: “E la sofferenza di un bambino gravemente malato che muore anzi tempo? Anche la sofferenza dei bambini ha valore salvifico? Ma suvvia!”
Veronica: “La sofferenza dei bambini non conta, Teresa cara, è come quella del gatto, conta solo la sofferenza degli adulti, ma solo degli adulti buoni... Il fatto è semplice, tesoro mio, gli uomini non sanno spiegarsi la presenza di tanta sofferenza nel mondo, e l’unica maniera per “giustificare” il Creatore è immaginare che essa abbia un valore, un valore però, ma guarda un po’, che dobbiamo adoperarci per combattere o addirittura eliminare. Un valore assai strano”
Teresa: “Io però, cara Veronica, un’obiezione l’avrei. Gesù dice: «Beati voi che ora piangete, perché riderete»”
Veronica: “Amore mio, le Beatitudini vanno lette per intero e capite. Non è il pianto in sé a rendere beati. Se così fosse, quando Gesù dice: «Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete», bisognerebbe pensare che la sazietà in sé e la gioia in sé, siano da condannare. E’ ovvio che qui Gesù fa una distinzione tra giusti e ingiusti, tra coloro che sono perseguitati e coloro che perseguitano. Il delinquente che piange non è beato. La persona buona e onesta che è sazia e ride, non avrà guai per il solo fatto d’essere sazia e di ridere”
Teresa: “E se te ne facessi un’altra di obiezioni? Te la faccio fare da Giovanni Paolo II. Scriveva nella Salvifici Doloris: «Cristo ha operato la redenzione completamente e sino alla fine; al tempo stesso, però, non l’ha chiusa... Sì, sembra far parte dell’essenza stessa della sofferenza redentiva di Cristo il fatto che essa richieda di essere incessantemente completata”
Veronica: “E meno male che si degnò di metterci quel “sembra”. C’è da ridere, Teresa cara, c’è da ridere. Tu pensa fino a che punto si può arrivare. E’ come se ti dicessi: Ho chiuso completamente la finestra, però non l’ho chiusa. Mi prenderesti per matta, eh? La Salvifici Doloris è tutto un arrampicarsi sugli specchi per affermare che una cosa cattiva è cosa buona. Il nero è nero? No, il nero è bianco”
Teresa: “A me pare che Giovanni Paolo II senza rendersene conto offendeva Cristo... redenzione chiusa... redenzione non chiusa; completamente... al tempo stesso però... ma si può?”
Veronica: “Tutti questi discorsi sulla sofferenza, troppi, davvero troppi, sono poco rispettosi verso il Signore, verso i malati che soffrono e, se potesse capire, persino verso il nostro povero gatto”.
Veronica Tussi



Martedì 14 Febbraio,2017 Ore: 11:45
 
 
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