Il prete e scrittore Mauro Leonardi  (vedi Huffington Post), fa dire a Paci, personaggio di un suo romanzo: “Quando infatti poi leggo le vite dei santi, scopro che hanno amato tutti. Hanno amato quelli di casa loro, quelli del loro ordine religioso. Quelli del loro mestiere. Hanno amato i vicini e i lontani. Hanno fatto ospedali, scuole, eremi, monasteri, famiglie,  matrimoni. Hanno visitato infermi,carcerati, moribondi, poveri e ricchi. Cioè, poi, alla fine, non è vero che hanno amato. Ma sono stati amore. Dove arrivavano loro, arrivava l’amore. E se trovavano amore, tutto si moltiplicava. E se trovavano odio, disprezzo,tradimento, tutto si moltiplicava ugualmente. Perché erano loro l’amore. E l’amore moltiplica tutto. E l’amore ama” (Blog “Come Gesù”). Ma basta solo amare per essere santi? Basta aver costruito ospedali, scuole, eremi e monasteri, e l’aver visitato infermi, carcerati, moribondi, poveri e ricchi, per essere santi? No, non basta, giacché resta da appurare come si ama. Quale sacrificio è costato amare, quale sacrificio è costato costruire ospedali e scuole e altro, o visitare infermi e carcerati. 

Perché se per costruire un ospedale, ad esempio, non ci si è privati di nulla, lo si è fatto col denaro altrui, con la fatica altrui, se si è costruito l’ospedale per fare del bene, sì, ma anche per acquistare onore e gloria, e magari anche un gruzzoletto,  non si è santi per niente. Ben vengano, ovviamente, i costruttori d’ospedali e di scuole. Ma se amare non costa nulla, che merito si ha? Ben vengano, ovviamente, coloro che amano tutti, ma amare tutti non sempre fa la santità. Per essere santi occorre avere la forza e il coraggio di affrontare gli eventuali sacrifici conseguenti l’amare.

Sullo stesso blog un lettore ha osservato:  “I santi sono santi perché hanno amato in un modo più vicino a come ha amato Gesù. Il sacrificio può essere una conseguenza ma può anche non esserci. Chi ama non fa sacrifici, e chi sente il sacrificio forse non ama nel modo giusto”. Esatta la prima affermazione e anche la seconda. Ma se il sacrificio non c’è, come sapere se colui che ama è anche disposto ad amare come ha amato Gesù, vale dire fino al sacrificio di sé? Se fosse esatta, invece, la terza affermazione, se ne dovrebbe dedurre che Gesù non ha fatto un sacrificio. In realtà, tranne i casi in cui il sacrificio comporta atroce sofferenza, altri sacrifici se accettati perché conseguenza dell’amare, sono meno pesanti da sopportare. Se un ricco si priva di tutte le sue ricchezze a favore dei poveri e diventa povero lui stesso, sentirà meno la povertà rispetto a chi è povero ma non vorrebbe essere povero.

Renato Pierri