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Bisogna obbedire alla Chiesa o alla propria coscienza? Umberto Galimberti risponde a Carmelo Dini

di Carmelo Dini

La lettera che segue, pubblicata si diversi siti internet e sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi (84 commenti), è uscita sabato 18 giugno sul settimana D – La Repubblica, col titolo: “La libertà di pensiero si conquista”.

 «”Bisogna obbedire alla Chiesa o alla propria coscienza?”
Poiché ho scritto sul blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi: “La Chiesa sbaglia condannando l’amore omosessuale, e un cristiano che pensa con la propria testa ha il dovere di dirlo”, un religioso signore mi scrive: «Parafrasando Papa Francesco, si potrebbe affermare: “Chi sono io per dire che la Chiesa sbagli?”. Il Magistero è frutto di una tradizione millenaria, approvata spesso espressamente dal consenso dei vescovi di tutte le chiese locali, ovvero dalla Chiesa universale. Si può proporre, nei modi opportuni, una modifica ma ritengo che sia fondamentale l’obbedienza, come ci insegna Cristo con il suo esempio. Ancor di più a cose che facciamo fatica a capire o che, in buona fede, non approviamo». Tradotto in altre parole il discorso è questo: “Il cervello e il cuore degli uomini (non delle donne ovviamente) della Chiesa, sono il tuo cervello e il tuo cuore; il pensiero degli uomini della Chiesa, sono il tuo cervello e il tuo cuore; il pensiero degli uomini della Chiesa è il tuo pensiero. Tu devi solo obbedire”. Si dà il caso che il sottoscritto non fa nessuna fatica a capire che è sbagliato pretendere dalle persone omosessuali la rinuncia per tutta la vita all’esercizio della sessualità. Si dà il caso che di errori la Chiesa per suo stesso riconoscimento ne ha commessi nel passato, e non si vede perché non potrebbe continuare a commetterne oggi. Del resto: dobbiamo obbedire alla nostra coscienza, oppure agli uomini della Chiesa? Considerato anche che: “La coscienza di un uomo talvolta suole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare” (Siracide 37,14). Considerato anche che: “Tutto ciò che non viene dalla coscienza è peccato” (Romani 14,23). E, infine, che Gesù disse: “Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?” (Luca 12,57).
Carmelo Dini».
Trascrivo parte della risposta di Umberto Galimberti.
«Quando si dice la propria “testa” o la propria “coscienza”, in realtà non si sta dicendo niente d’interessante, perché il problema è: quante cose sa quella testa? E di quanto giudizio critico e autocritico è nutrita quella coscienza? Ne consegue che il principio di autodeterminazione, nel formulare le nostre opinioni o nel dirigere la nostra condotta, non è di per sé un criterio a cui dobbiamo inchinarci, perché la nostra coscienza non è altro che il frutto dei condizionamenti a cui, anche senza una nostra decisione, ci siamo arresi, vittime in un modo o nell’altro di chi ci ha persuaso. E qui a soffrirne è anche la democrazia, perché là dove non c’è cultura, conoscenza, riflessione critica, vale sempre il principio: “una testa un voto”, ma forse quella testa non è proprio la nostra, ma un’appendice di chi, a nostra insaputa ce la sta guidando».
Eh, insomma. A me pare che il filosofo abbia fatto un po’ la scoperta dell’acqua calda, e che non abbia compreso appieno il senso del mio scritto. E’ ovvio, infatti, sin troppo ovvio che quando dico che un cristiano, qualora il suo pensiero contrasti con le posizioni Chiesa, debba seguire la propria  testa, la propria coscienza,  intendo parlare di una testa che abbia cultura, conoscenza, di una coscienza ben nutrita di giudizio critico e autocritico. Criticavo le “teste” che obbediscono ciecamente alla Chiesa, non rendendosi conto che “il pensiero degli uomini della Chiesa è diventato il loro pensiero”.
Ed è anche ovvio che le citazioni bibliche sono una provocazione, considerato che mi rivolgevo ad un religioso signore sostenitore dell’obbedienza cieca alla Chiesa.
Carmelo Dini



Mercoledì 22 Giugno,2016 Ore: 17:57
 
 
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