Il caso De Luca è una macchia che rimarrà indelebile sul curriculum di Renzi - che in questi esatti minuti si sta lambiccando sulla difficile scelta se partecipare o meno alla finale della trasmissione Amici di Maria de Filippi (quella che lo lanciò nello stile Renzie) -, per più di un motivo. Sia chiaro, non facciamo gli ingenuotti, di candidature imbarazzanti in politica è piena la storia, di tutti i partiti, perché il consenso, soprattutto in Italia, spesso lo si compra con ogni mezzo. Ogni mezzo. Tuttavia sull'applicazione della  Legge Severino ci sono i precedenti di Berlusconi, Scopelliti (seppur quest'ultimo dimessosi prima di essere sospeso), De Magistris, per fare i nomi più importanti a difesa dei quali il PD e Renzi non hanno, giustamente, mai mosso un dito. Quello che sta accadendo con il Governatore della Campania fin dalle primarie, poi in campagna elettorale e infine ora, a seguito della proclamazione degli eletti (coincidente al deposito dei verbali da parte dell'Ufficio Elettorale di collegio) che ha già fatto partire il procedimento di sospensione, lascia di stucco, anzi lascia disgustati. Perché questo gioco di melina, tra un'interpretazione creativa della norma e la neppur velata intenzione di dilatare al massimo i tempi dell'iter amministrativo, tra carte che passano di mano e firme che tardano ad essere apposte, è un colpo durissimo a quel poco di credibilità che la nostra classe politica ancora riscuote. Ma poi c'è lo stile con cui tutta questa operazione viene condotta, strafottente, arrogante ai limiti dell'intimidatorio, da parte di tutti gli interessati, che senza titubanza affermano il loro essere al di sopra di ogni regola, di mettersele sotto la suola delle scarpe, le regole. E' un po' come l'evasore, l'abusivo, il trafficante, che temporeggiano tra avvocati, bustarelle e indisposizioni in aula, in attesa del condono che prima o poi arriverà. E' tutto quello che si sperava, all'indomani di Mani Pulite, l'Italia avrebbe poco a poco estromesso. Illusi!

Marco Lombardi
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