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www.ildialogo.org Buon Natale da Lira (Uganda),di p. Giuseppe Franzelli

Lettera
Buon Natale da Lira (Uganda)

di p. Giuseppe Franzelli

Lira, 22 Dicembre 2014
Carissimi,
Buon Natale! Sono tornato alcune ore fa da Alibi, una cappella nella zona di Otwal, parrocchia di Aboke, dove ho conferito il sacramento della Cresima a 628 candidati. L’altro ieri i cresimandi erano 574. Domani, di nuovo cresime in un’altra zona. Sono sette giorni di fila che giro per impegni pastorali, ogni giorno in un posto diverso. Mi fermerò dopodomani, vigilia di Natale, il decimo che celebro come vescovo di Lira.
In questi dieci anni, molte cose sono cambiate in Uganda. Il paese è cresciuto. I risultati provvisori del censimento indicano che dal 2002 ad oggi la popolazione è aumentata di 10.700.000 abitanti, da 24 a quasi 35 milioni. Di questi, più di due milioni vivono nella mia diocesi, con Lira che sfiora i 100.000 abitanti. Da 3,2 il tasso annuale di crescita demografica è leggermente calato a 3,03 ma resta sempre alto. Significa che l’Uganda è e diventa sempre più un paese giovane, con oltre la metà della popolazione fatta di bambini e ragazzi che dipendono dagli adulti e di giovani che difficilmente trovano un lavoro. Dietro ai numeri, c’ è dunque una realtà che vive, cresce e cambia. E’ in questa realtà che oggi siamo chiamati a celebrare il Natale.
A pochi giorni dalla fine di un anno e dall’inizio di uno nuovo, Natale è il momento giusto per un bilancio del 2014 e al tempo stesso per fare progetti e piani per il prossimo 2015. Da un punto di vista cristiano, alcune domande si impongono: in una società e paese che cambiano, cosa è cambiato nella mia vita quest’anno? Cosa trova e cosa vuole cambiare oggi il Signore che viene ? E quali sono i miei, i nostri progetti e piani per il nuovo anno? Sono domande a cui dobbiamo rispondere onestamente e personalmente, io e ciascuno di voi.
A livello diocesano, il 2015 sarà per Lira un anno eccezionale, carico di impegni e sfide. Per una serie di circostanze siamo infatti chiamati ad ospitare alcuni importanti eventi: la Settimana per la pace dal 12 al 16 Gennaio che vedrà migliaia di partecipanti convergere a Lira dalle diocesi di Arua, Nebbi, Gulu e da altre zone dell’Uganda; la settimana nazionale della Caritas alla fine della Quaresima; ed infine il convegno nazionale della gioventù in dicembre. Su tutti, l’impegno più vistoso e pesante: l’organizzazione liturgica della celebrazione del pellegrinaggio nazionale per i Martiri d’Uganda a Namugongo, il 3 giugno. Una serie di impegni che esige una grande mobilitazione e il coordinamento di tutte le forze diocesane per il successo di questi appuntamenti a livello nazionale.
Francamente, temo che ci sia già troppa carne al fuoco, con il rischio di non riuscire a cuocerla tutta come si deve. E con il rischio più sottile e pericoloso di concentrare tutte le nostre energie nell’organizzazione esterna di questi appuntamenti, trascurando l’essenziale, cioè la chiamata a viverli come tappe di un urgente rinnovamento spirituale, personale e diocesano, indispensabile per una vera e duratura crescita della fede e della Chiesa in Lango. Per questo, chiedo a tutti una preghiera. Fare progetti e lanciare programmi in fondo è facile. Il problema è quello di riuscire a realizzarli.
Qualche settimana fa, per esempio, il governo ha pubblicamente cancellato e lasciato perdere ben 138 progetti di strade che si era impegnato a costruire in varie parti del paese. Puntualmente, per vari anni, tali progetti venivano inseriti nel budget annuale,con la promessa che i lavori sarebbero stati realizzati. Promessa puntualmente non mantenuta, ma ripetuta sfrontatamente l’anno dopo per ottenere il consenso e l’appoggio della gente. Le cause del fallimento di questi progetti sono tante, dall’incompetenza alla mancanza di soldi e soprattutto alla corruzione.
Accanto a tante realtà belle che sono motivi di speranza, la società ugandese presenta infatti vari sintomi di malattia e di morte. Se l’HIV/Aids nella nostra zona registra ancora una frequenza del 7,2%, la diffusione della malattia morale della corruzione ha raggiunto livelli davvero allarmanti, presenti e accettati come una cosa normale a tutti i livelli della società, dalla famiglia alle massime autorità civili, giudiziarie e politiche.
E’ un discorso che ovviamente non vale solo per l’Uganda. Progetti, leggi e riforme annunciati come il toccasana e la soluzione ai vari problemi si rivelano spesso inefficaci e lasciano le cose come erano, se non peggio di prima. La nostra è una società malata. E, come ci ricorda spesso Papa Francesco, la Chiesa stessa, nei suoi membri, non è immune da certe malattie. Del resto, se siamo onesti, anche ognuno di noi ha il ricordo e l’esperienza di propositi e risoluzioni prese ma non mantenute, di progetti di rinnovamento e cambiamento fatti e ripetuti tante volte e puntualmente falliti. Il fatto è che siamo deboli, poveri, malati. Da soli non ce la facciamo.
Un’immagine che mi accompagna in questi giorni è quella di un bambino di cui non so neppure il nome. L’ho incontrato pochi giorni fa, nella pediatria del nostro ospedale di Aber, dove sono andato a salutare i malati ed augurare loro Buon Natale. Giaceva al centro di un letto troppo grande per lui, con la fronte madida di sudore, sotto gli occhi della mamma che lo fissava in silenzio. Mi sono avvicinato, informandomi sulle condizioni del bambino. “E’ inconscio da una settimana”, mi ha detto sottovoce, con un tono che esprimeva al tempo stesso una fragile speranza e una triste rassegnazione. “ Non riesce a tornare da me”. Gli ho posto le mani sul capo, pregando intensamente per alcuni istanti, e mettendo questo bambino innominato fra le braccia di Maria, la madre di Gesù.
Cari amici, il volto che porto nel cuore, la vita che deporrò ai piedi di Gesù Bambino nel presepio della cattedrale la notte di Natale è proprio quella di questo bimbo innominato, simbolo per me del nostro mondo malato, dei nostri progetti di vita irrealizzati e abortiti, del fatto che da soli non riusciamo a trovare l’energia per risvegliarci ad una vita più piena, a riprendere il cammino con una rinnovata speranza.
Sì , da soli non ce la facciamo. Ma è proprio per questo che Lui è venuto. Per questo viene ancora oggi, e ci chiede di accoglierlo nel nostro cuore e nella nostra vita. Nella famiglia, nella società. Proprio perché non riusciamo a realizzare i nostri sogni, desideri e progetti di pace, di una società fraterna, di uno sviluppo equo, di un mondo davvero nuovo, Gesù viene a rivelarci e proporci il grande piano e progetto d’amore del Padre. Dio si fa uno di noi perché in Gesù nostro fratello noi diventiamo “famiglia”, una cosa sola con lui, condividendo per sempre il suo amore e la sua vita.
E’ di questo che abbiamo bisogno: di vita nuova. Abbiamo bisogno di guarire, di rinnovarci, abbiamo bisogno di ... Natale! Ne ho bisogno io, la mia gente qui a Lira, ciascuno di voi, tutti, nessuno escluso. Celebrare il Natale è ricordarsi e credere che è proprio per questo che “ci è stato dato un Bambino” , Gesu’- Dio che salva. Accettiamo il dono dell’Emmanuele - Dio con noi - , disposti a collaborare al suo progetto di vita e di amore con noi e per noi. Il dono di Gesù è il regalo più grande che possiamo mai desiderare e immaginare, quello che dà il senso più profondo e vero al Natale e che ci apre con speranza al cammino dell’anno nuovo.
Allora, facciamoci a vicenda il regalo di una preghiera. Io con voi e per voi, voi per me e per tutti : “Vieni, Signore Gesù! Realizza oggi in me, in ciascuno di noi, in Uganda, in Italia e in tutto il mondo il tuo progetto di amore!”
Buon Natale e Buon Anno !!
P. Giuseppe, Vescovo di Lira



Giovedì 25 Dicembre,2014 Ore: 09:55
 
 
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