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www.ildialogo.org Il paese dei ciechi,di Rosellina Scarcella

Lettera
Il paese dei ciechi

di Rosellina Scarcella

Questa lettera è stata inviata al carissimo amico Raffaello Saffioti in risposta al suo ultimo lavoro dal titolo «LO STORICO “SCIOPERO ALLA ROVESCIA” (1956) DI DANILO DOLCI» pubblicato sul nostro giornale (vedi link). È un ulteriore contributo alle domande poste da Saffioti nel suo articolo ed uno stimolo alla discussione che molto volentieri pubblichiamo.
Carissimo Raffaello,
ieri ho ripreso in mano Il paese dei ciechi (H.G.Wells), libretto in fotocopia, regalo di Danilo, con le sottolineature da lui fatte e gli esclamativi a margine dei periodi che lo avevano colpito di più.
Mi sono detta che anche questo materiale ci può aiutare a conoscerlo meglio e dunque ti ho pensato, sapendo dell’approfondimento che stai facendo su alcuni temi, in particolare su “Danilo Dolci e Profezia.”
Nel paese dei ciechi “Erano ciechi da quattordici generazioni,...il nome di ogni cosa attinente al mondo ottico si era cancellato o trasformato,...avevano perso ogni interesse per tutto ciò che stava di là dei pendii rocciosi, incombenti sul loro muro di cinta.”
Era un mondo di ciechi che si erano adattati a vivere senza guardare e senza vedere, usavano per conoscere solo il tatto, l’udito e l’odorato. E non conoscevano, naturalmente, il significato della parola cieco.
“La parola vedo non esiste...piantala con queste sciocchezze, e segui il rumore dei miei passi.”
L’unico in grado di vedere pensava di poter convincere gli abitanti della valle dei ciechi, di riuscire a spiegar loro, che c’erano cose che non sapevano e che c’erano in lui “cose che voi non capite.”
Provò cercando di spiegare la bellezza della vista (come Gesù quella dell’amore?), del cielo stellato, dei monti e del tramonto. “...ma quelli stettero ad ascoltarlo, increduli e divertiti, passando ben presto alla disapprovazione.”
E, certo lo ricorderai, per poter restare tra loro, alla fine, lo convincono della necessità di farsi estirpare gli occhi!
Ma la bellezza del mondo, il narciso bianco e il mattino, “ simile ad un angelo dalla corazza d’oro”, gli fanno comprendere l’orrore di ciò che sta per fare e lo spingono a fuggire attraverso gole e scarpate, ad arrampicarsi su per i monti che chiudono la valle fino a giungere, lacero e distrutto dalla fatica, fuori dalla portata degli abitanti di quel mondo assurdo, di quel paese di ciechi in cui per un momento aveva pensato di poter regnare.
Vi arriva stanchissimo ma felice e contento per il solo fatto di essere riuscito a sfuggire ...a tanto orrore.
Quando Danilo ci regalava un libro ci donava la possibiltà di capire un po’ di più la vita ( e anche le sue scelte?).
Ci indicava la strada che lui aveva percorso, mostrava come aveva fatto lui, affinchè ciascuno si sentisse incoraggiato a fare.E come ha sempre fatto per ogni sua iniziativa, invitava anche noi, nei laboratori maieutici, a dare testimonianza del nostro lavoro, spiegando come avevamo fatto a realizzarlo.
Ma “ Il paese dei ciechi” insieme a “Il sogno di un uomo ridicolo” ( F. Dostoevskij ) credo che li considerasse fondamentali per scuotere dal torpore chi ancora non aveva guardato lontano, nella direzione di un altro mondo possibile.
Se provassimo a chiedere agli amici, che hanno avuto in regalo libri da Danilo, ci accorgeremmo che alcuni titoli si ripetono in tutte le piccole biblioteche – dono di Danilo.
Come mai? Vedere quali sono questi testi può essere utile per capire meglio il suo lavoro?
Hai proprio ragione a voler studiare, attraverso le sue opere e azioni sociali, le sue scelte e i libri pubblicati, il Danilo profeta.
Quanto è vero e profondo e poco compreso, e anche poco indagato, questo aspetto della sua poliedrica figura!
Mi sono domandata se Danilo, che chiedeva spesso nei seminari, soprattutto ai giovani, la differenza tra guardare e vedere, non avesse già da giovannissimo questa visione: la netta percezione di trovarsi in un mondo di ciechi.
La “maieutica con i morti”, il suo insistere a scavare nel mondo antico, negli scritti di Seneca e Lucrezio, in quanto detto da Leonardo, Galileo e tanti altri, nasceva dal bisogno di non disperdere un patrimonio che lui aveva imparato a conoscere già con le letture giovanili, un patrimonio meraviglioso, eccezionale; fatto di scoperte dell’uomo ...per l’uomo e che durante il fascismo, così come oggi, rinneghiamo e tendiamo a cancellare e dimenticare, senza renderci conto del grave danno che si fa a tutta l’umanità.
Tre punti esclamativi a margine di queste righe lo confermano, a mio avviso, “...Erano sorti, tra loro, ciechi geniali, che avevano messo in discussione gli ultimi brandelli delle credenze e delle tradizioni di un tempo in cui possedevano ancora la vista... buona parte della loro immaginazione si era disseccata come i loro occhi ”( quest’ultima frase è sottolineata !).
L’unico dotato di vista che capita per caso in questo mondo...”capì contrariamente alle sue speranze che non avrebbe ottenuto stupore e reverenza per la sua origine e le sue facoltà” (altra sottolineatura ).
Mi pare sia stato impegnato tutta la vita a...far aprire gli occhi ai ciechi.
I suoi occhi, come la sua mente, si allenavano a guardare in modo nuovo, originale e profondo, dentro ogni evento o oggetto o nel cuore della gente.
Nei due poemi “Occhi ancora rimangono sepolti” e “Se gli occhi fioriscono” possiamo trovare versi di grandissimo significato per capire quanto fosse importante per lui riuscire a vedere oltre,
al di là delle apparenze.
Mi ricordo l’invito a guardare di notte il tronco degli alberi : che poteva apparire senza spessore;
oppure quando ti mostrava le montagne in lontananza, che in particolari condizioni potevano essere percepite come ...trasparenti; e il suggerimento a guardare lo stesso paesaggio, il panorama della stessa città, cambiando la prospettiva, il punto di vista.
Guardava il mondo e nel mondo, così come guardava in quanto accadeva nella storia del mondo e della società, ma anche nella piccola storia di ognuno, con quel suo sguardo profetico che sapeva vedere quello che nessuno, o quasi, aveva ancora percepito.
E ci faceva meravigliare, quelli nuovi a questa esperienza, alla fine del lavoro nella struttura maieutica, invitandoci a guardare il sogno che eravamo riusciti a realizzare, e che inizialmente non avevamo saputo vedere.
L’occhio se non si esercita si spegne e muore.
Forse neanche un pittore poteva dare al guardare e vedere, agli occhi e alla natura e al cosmo, l’importanza che Danilo gli ha dato.
Voglio ringraziarti per l’occasione che il tuo scritto mi ha offerto.
Riandare col pensiero al tempo dell’impegno di lavoro con Danilo in Calabria, un periodo davvero straordinario, mi fa sentire col cuore colmo di gratutudine verso la vita.
E di questi tempi non è poco.
Rosellina Scarcella
Palmi 20 novembre 2014



Giovedì 27 Novembre,2014 Ore: 22:14
 
 
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