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www.ildialogo.org  Auguri di una Santa Pasqua,di Gian Paolo Pezzi

Lettera
 Auguri di una Santa Pasqua

di Gian Paolo Pezzi

Salve.
Un caro saluto e un augurio di pace e bene per te e per tutti i tuoi.
Dalla mia lettera mensuale su Giustizia e Pace già sai che miei primi mesi del 2014 sono stati marcati dall’esperienza dei seminari sul tema dell’acaparramento di terre, preparati e poi diretti in Perù durante marzo. E’ stata un’esperienza bellissima che ha lasciato il segno, anche per cose che in un articolo (vedi: jpic-jp.org) non si scrivono: mentre andavo a spasso sulle colline di Arequipa sono stato derubato, un coltellaccio alla mano, della mia camera fotografica; ho avuto la gioia d’incontrare due congolesi miei allievi di filosofia in Congo oggi missionari in Perù e, alla fine del mese, con tutti quei passaggi dal caldo torrido al freddo intenso, su e giù dalla pianura desertica agli altipiani di 4.000m e più per poco non mi ammalo. Era un messaggio per dirmi: è tempo di cominciare a recitare la saggia preghiera “Signore insegnami a diventare vecchio”.
Avrai letto fra le righe di quell’articolo quanto ormai mi sento involucrato in questo lavoro che m’ispirarono i vescovi africani durante il Sinodo Speciale per l’Africa: le assurde politiche agricole europee porteranno in Europa 300 milioni di africani altro che i 300.000 africani citati dai giornali.
La raccolta di documenti, la riorganizzazione del blog, la preparazione dei 23 moduli del seminario (9 già sono pronti in spagnolo; la meta è di averli tutti preparati anche in francese e inglese) su un tema sociale di grande attualità come il problema della terra -che implica il problema del cibo per tutti-, sono per me un servizio missionario di base per l’oggi della nostra società e per il futuro della nostra missione come Chiesa; il ministero sacerdotale quotidiano mi aiuta a sentire questo impegno non come alternativo ma come parte integrante dell’unico servizio missionario a cui sono chiamato.
L’esperienza in missione –sia in Burundi che in Congo, sia in Ecuador che in Colombia- mi ha convinto che solo le persone direttamente coinvolte in un problema hanno l’immaginazione e la decisione necessarie per affrontarlo e risolverlo. Per questo, ho spesso pensato in passato, e ne sono oggi convinto, che essere presenti come missionari e religiosi negli organismi internazionali –Parlamento europeo e le Nazioni Unite, ad esempio- ha senso solo a certe condizioni. In concreto: se si lavora a construire ponti con la base per un flusso in doppio senso delle informazioni e delle conoscenze; se si cerca di dare una mano a risolvere o almeno a chiarire i problemi che tanto dolore portano a questo nostro mondo; se si fa’ di tutto per far crescere la coscienza dei diritti e dei doveri in chi si trova in basso alla scala sociale e di chi vi siede in alto. In una parola, se le speranze e le sofferenze dei più poveri sono viste con gli occhi del Padre, affrontate con il cuore di Cristo, vissute con la sapienza dello Spirito.
In Perù ho visto che questo è possibile. In Chincha, vicino a Lima, durante l’eucaristia conclusiva un contadino chiese perdono: da 40 anni lotto per nostri diritti calpestati da politiche statati e da poderosi terratenenti –disse-; qui mi sono accorto che spesso però dimentico che rispettare la terra, non sciupare acqua ed energia, vivere una convinta parsimonia sono modi per dar grazia a Dio dei suoi doni e per amare gli altri; le ricchezze del pianeta non sono fine a se stesse e nemmeno sono infinite.
In San Ramòn, porta d’ingresso alla foresta amazzonica, ci fu il commento: Ci pare di ascoltare il grido urgente della Terra, Difendimi per la vita e per le generazioni future! La Terra è dono di Dio ed è sua volontà che continui a essere la casa di tutti!; questo mi ha portato a ripensare due scritti che accompagnano la mia riflessione in questi mesi, nonostante i loro difetti di forma e di contenuto.
Il primo: Preghiere del Cosmo, Meditazione sulle parole aramaiche di Gesù, di Douglas Klotz, è una rilettura del Padre nostro e delle Beatitudini alla ricerca dei significati nascosti nelle parole originali, per assaporarne il suono e le vibrazioni che i mantra aramaici di Gesù trasmettono: si tratta di far riemergere il mistico che è dentro di ciascuno come lo facevano le parole di Gesù duemila anni fa.
Rivivere la Buona Notizia del Regno col cuore –con il corpo e sulla terra-, ci apre alla dimensione cosmica tipicamente orientale che imbeveva senza dubbio l’esperienza religiosa dell’ebreo Gesù: è un riassaporare la Danza Universale, l’Inno dell’Universo di Teilhard de Chardin che nel Vangelo di Gesù respirano e vivono come annuncio e si fanno preghiera. Che è infatti la preghiera se non “l’inspirazione e l’espirazione del respiro unico dell’universo”? (Ildegarda di Bingen). Padre, genitore nella luce di noi tutti e di tutto quanto si muove, respiro e armonia che ci invade, Nome di tutti i nomi, il Tuo Nome è Santo quando diciamo santi tutti i nomi dell’universo.
Il secondo è un racconto ambientato tra le splendide montagne dalle cime affascinanti, nella foresta tupida e profonda del Perù, in quelle vallate che riempiono il cuore che ho appena contemplato il mese scorso: ha per titolo La profezia di Celestino e si presenta come un antico manoscritto. Le parabole e le avventure vogliono offrono chiavi per interpretare l'esistenza: affidarsi al flusso delle coincidenze della vita di ogni giorno che, una volta interpretate, portano verso il proprio autentico destino, è la sapienza per capire il sussulto di una presa di coscienza che apre le porte del terzo millennio a una nuova visione della vita. Solo così sarà possibile amare il pianeta terra, le sue creature e le sue bellezze. Il racconto, in prima persona, è l’esperienza d’un risveglio e di una ricerca spirituale per approdare alle sponde di quella coscienza d’unità universale che è l’energia profonda a cui attingere luce e forza nel mondo di oggi. La persona, punto d'arrivo dell'intera evoluzione, evolve assorbendo inconsapevolmente l’energia altrui per avere un’alta qualità di vita: é un conflitto che prosegue fino a quando, prendendo coscienza che ci stiamo scordando del perché viviamo, ci mettiamo alla ricerca della nostra unità radicale con tutti e con tutto.
Il lavoro che sto facendo, e queste riflessioni, mi portano a rivisitare il peccato originale che mi appare sempre più non come una colpa delle origini, ma come l’origine dei nostri attuali errori; e la creazione che non è un fatto del passato ma una forza che dal futuro attrae l’universo fino a quando Dio sarà tutto in tutti e in tutto, come dice san Paolo. Le parole di Caifa, riprese dalla liturgia di questi giorni, -E’ meglio che uno solo muoia per il popolo e non perisca la nazione intera-, sono commentate così da san Giovanni: Questo disse perchè essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire non per la nazione soltanto, ma per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.
Tutti siamo figli e figlie di Dio su questa terra. Nella sua risurrezione Gesù è il primogenitocolui che apre la vagina, secondo l’espressione biblica- perchè ribaltando la pietra della tomba apre dal seno della terra all’umanità il cammino verso l’unità, sì di cuore e di intenti, ma anche di relazioni fisiche e psichiche, che ci fanno Uno dell’Unità molteplice dell’unico Dio.
L’esperienza pasquale di pace e riconciliazione ti riempia il cuore.
Gian Paolo Pezzi
Chicago, 13.04.2014



Martedì 15 Aprile,2014 Ore: 20:24
 
 
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