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www.ildialogo.org NON BASTA IL PENTIMENTO,di Amedeo Barigozzi

Lettera
NON BASTA IL PENTIMENTO

di Amedeo Barigozzi

Egregio Direttore,

tra i commenti ospitati dalla stampa sulla figura del nuovo Papa, acquistano rilievo quelli che si riferiscono all’atteggiamento, da molti considerato troppo morbido e silente, da lui tenuto, negli anni ’70, in qualità di responsabile provinciale per l’Argentina della Compagnia di Gesù, nei confronti della dittatura del generale Videla. Atteggiamento da lui stesso ammesso e da lui stesso deprecato, ampliandolo giustamente a coinvolgere l’intera Chiesa locale, se ricordiamo l’atto penitenziale, da lui celebrato molti anni dopo, ispirato alla richiesta di perdono nell’abbraccio ai fratelli a suo tempo vittime non difese della violenza del regime.

Né negano la triste vicenda le parole di giustificazione e di difesa pronunciate dal portavoce vaticano padre Lombardi, che non fa che sottolineare circostanze ritenute attenuanti e il profondo pentimento seguitone, così da respingere in un passato vicino all’oblìo accuse da attribuire ormai solo alla malevolenza di gruppi di una “sinistra anticlericale”.

Certo non si può dubitare dei sentimenti di dolore e di pentimento che albergano al riguardo nel cuore sincero di Papa Francesco. Ma perché tali sentimenti non solo vivano ma diano impulso ad una nuova vita nello spirito e nelle cose, occorre completare il pietoso percorso con ciò che la Chiesa stessa chiede al peccatore e che la storia incarnata nei fatti esige ineludibilmente, cioè la retta riparazione.

Sarebbe ingiusto e privo di misericordia gravare ora di ulteriori accuse, specie se animate da mero spirito polemico, il peccatore convertito che ci troviamo dinanzi in veste di Vescovo di Roma.

Ma come dimenticare quanto dolore e quante vittime, e quali profondi e irrecuperabili traumi morali e sociali hanno accompagnato quei troppi timidi silenzi davanti alla barbarie della dittatura?

La riparazione perciò non può concludersi nella sfera della coscienza individuale, ma tanto più nel momento in cui chi riconosce la sua colpa assurge a un ruolo universale, essa deve manifestarsi con un’ampiezza equivalente, sul piano sociale, alla responsabilità storica che la Chiesa, e con lei il suo Pastore, ha accumulato. Deve insomma essere tale da riportare alla superficie della fede il riconoscimento ufficiale e universale del valore della testimonianza di chi silente e timido di fronte al crimine non è stato e che per questo, in nome di un Dio davvero incarnato, non ha esitato a mettere in gioco la propria vita.

E proprio l’America Latina ha il doloroso previlegio di offrire più di un esempio a questo riguardo, così che sorge spontaneo il richiamo a due figure particolarmente significative della storia religiosa contemporanea: Oscar Romero e Juan Josè Gerardi, due martiri (e due vescovi!) santi non riconosciuti da una Chiesa matrigna e timorosa. A loro non può non rivolgersi adesso lo sguardo di Papa Francesco che, nel promuovere finalmente la loro canonizzazione, potrà ben completare un processo penitenziale dell’intera comunità ecclesiale e insieme confermare coraggiosamente il reale recupero di quei grandi valori evangelici che egli stesso ha testè richiamato.

Amedeo Barigozzi




Sabato 16 Marzo,2013 Ore: 20:22
 
 
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