Nel suo rapporto annuale l'Istat ci descrive come un paese fermo, in tutti sensi. Ristagno economico, perdita di potere d'acquisto dei lavoratori, disoccupazione elevata, una società vischiosa che cristallizza in caste le differenze di ceto alla nascita (solo l'otto per cento dei figli di operai accede a professioni direttive). Paradossalmente il paese si aggrappa ad una cordicella che ne è allo stesso tempo cappio letale: l'economia sommersa, pari al diciassette per cento del PIL. Non resta infatti che raccontarci dell'esistenza di un'Italia altra, non fotografabile da alcuna statistica, dove i poveri per il fisco sono in realtà ricchi evasori, disoccupati e cassaintegrati ingrassano le magre indennità con lavori a nero, i non “figli di” stangano il sistema delle caste barando al tavolo. Non è forse la stessa favola cui la nostra classe dirigente si sforza di credere? Una favola dal finale amaro perché, non importa ce lo dicano i ricercatori essendo ormai visibile ad occhio nudo, l'ascensore sociale dell'illecito si è guastato e le riserve accumulate dai furbi (tali per necessità e per ingordigia) si stanno prosciugando. Il risultato è un'angoscia collettiva senza precedenti e se già da alcuni anni non eravamo più il paese dei poveri ma belli, ora il clima umorale è plumbeo come non mai. Il cinquanta per cento degli astenuti alle ultime elezioni amministrative, dove sei chiamato ad eleggere il tuo primo cittadino, che puoi incontrare al bar o al supermercato, è un segnale da non sottovalutare. Maggio 2013 è dietro l'angolo e con lo sfaldamento politico del centrodestra e della Lega nord, la voglia di uomo nuovo è tanta. Preoccupa una deriva tecnico-populistica dove il faccione di Beppe Grillo, oggi protagonista negli incubi gridati nei mass media, potrebbe non essere il male peggiore per la nostra fragile democrazia.

Marco Lombardi

Mercoledì 23 Maggio,2012 Ore: 17:42