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www.ildialogo.org MA NOI COSA CI STIAMO A FARE?,di Fulvio Falleni, diacono

Lettera di un diacono di Livorno
MA NOI COSA CI STIAMO A FARE?

Con un commento di don Agostino Rota Martir


di Fulvio Falleni, diacono

La guerra, il razzismo, l'emergenza profughi di Lampedusa. Cosa fanno i cristiani?


Quando si parla di certe cose il filo sottilissimo della retorica e del buonismo è lì, a portata di mano. Dire di essere contro la guerra o per l’accoglienza indiscriminata dei clandestini, può essere più o meno facile e, in certi ambienti, ti fa raccogliere consensi e pacche sulle spalle mentre in altri vieni guardato come un “comunista”. Ma questa volta voglio rischiare e non me ne frega niente se posso essere considerato in un modo o in un altro.
E’ tempo che mi chiedo: ma noi cristiani, cosa ci stiamo a fare, in questa società? Quale è il nostro ruolo, meglio: da che parte stiamo? Dalla parte di Dio o di mammona? Dalla parte di chi non passa dalla cruna dell’ago o degli ultimi? Esiste anche un solo rigo del Vangelo dove può essere giustificabile una posizione neutra o appena accennata di fronte a certi fatti che ogni giorno succedono? Scendo ancora di più nel concreto: ma noi una parola secca senza ambiguità contro ogni guerra la possiamo dire o no? Cosa è che ci fa essere così diplomatici, per usare un eufemismo? I nostri cieli in questi giorni sono solcati da aerei da guerra carichi di bombe; il cielo: questo simbolo a noi cristiani tanto caro come “luogo di Dio” (Regno dei Cieli, Padre Nostro che sei cieli) viene ancora una volta violentato. Tra poche settimane riempiremo Roma per la beatificazione di Giovanni Paolo II: mi chiedo ma quella stessa gente, papa, cardinali e vescovi compresi, perché non scendono in piazza per ripetere le parole che Papa Wojtyla ha  usato nella sua vita riguardo alla guerra, e cioè che essa è “ un’avventura senza ritorno, una spirale di lutto e violenza, un suicidio per l’umanità, un crimine, una tragedia umana e religiosa?”
E sull’accoglienza dei migranti cosa aspettiamo? Si, è vero, la Chiesa si è espressa, in alcuni casi anche chiaramente, ma il continuare ad andare a braccetto con chi oltraggia la vita di questi fratelli e sorelle non è un peccato contro lo Spirito Santo? Oso di più: le belle parole, i princìpi di accoglienza scritti nei discorsi e, fortunatamente, tradotti in concreto da diverse realtà ecclesiali sono forse sufficienti? Dove sta la profezia della Chiesa? Non è un “segno dei tempi” la migrazione di moltissime persone che lasciano le loro terre, culture, lingue, tradizioni, religioni per scappare da situazioni di violenza e povertà? Cosa aspettiamo a dare una seria e concreta risposta a queste situazioni? Ci deve pensare lo Stato? Sicuramente è così e noi dobbiamo vigilare affinché ciò accada, ma intanto? Quale risposta, quale testimonianza esprimiamo?  Per esempio perché il Papa non apre il vaticano? Al suo interno ci sono strutture ed edifici, perché non usarli per questa emergenza? Lo so che già diverse strutture in tutta Roma sono a disposizione per molte persone indigenti, ma … aprire il Vaticano sarebbe un segno ed una provocazione importante. Mi viene in mente il forte e profetico richiamo di Mons. Tonino Bello: passare da una chiesa “segno del potere” ad una Chiesa con il “potere dei segni!” E le sue non erano solo belle parole perché nelle stanze del suo “episcopio” (come lui chiamava la sede vescovile) era pieno di famiglie senza casa. Proprio oggi, sul Tirreno, ci viene comunicato che saranno “depositati” (la tentazione era di usare la parola deportati) 500 immigrati in un’area a Coltano: una tendopoli chiusa in doppia recinzione con filo spinato, con intorno campi incolti, lontani da ogni centro abitato, insomma come un lager. E’ proprio il luogo migliore per esprimere la nostra accoglienza? Non sappiamo quanto queste persone (perché di persone si tratta) dovranno rimanere in quel posto. Come trascorreranno il loro tempo? Potranno uscire? Ci saranno dei bambini? Sarà loro assicurata l’assistenza sanitaria? Potranno avere contatti con parenti? Si potrà andare a visitarli per far loro un po’ di compagnia? Ci sarà uno spazio per l’incontro, per svagarsi, magari per pregare? Penso alla mia Chiesa che è in Livorno: perché non accogliere almeno una decina di famiglie arrivate a Lampedusa? Dove metterli? Abbiamo, per esempio, diversi Istituti religiosi nella nostra diocesi, in alcuni casi mezzi vuoti. Si dirà ma il Vescovo non lo può imporre perché gli edifici non appartengono alla Diocesi ma  ai singoli ordini religiosi: una volta per tutte bisogna sfatare questa bugia: gli edifici appartengono al popolo di Dio che ci ha messo i soldi per costruirli e per mantenerli; i soldi non l’hanno tirati fuori i monaci o le suore, tanto meno i loro superiori. Se una famiglia religiosa si rifiuta di collaborare è bene che se ne vada: che ce ne facciamo di chi non ama gli ultimi? Oltretutto, grazie (o purtroppo) alla normativa vigente, abbiamo degli sgravi fiscali sulle strutture ecclesiali: quale bella occasione per zittire chi ci accusa di favoritismi? E anche per il mantenimento non credo che 10 famiglie possano essere un problema per una quarantina di parrocchie che si autotassano per mantenerli. Se poi ciò dovesse essere impossibile allora è meglio smettere di fare progetti pastorali, percorsi di formazione, catechesi, ritiri spirituali: è tutto fiato sprecato. Chiudiamo e ricominciamo da capo.
Fulvio Falleni, diacono

Il commento di Agostino Rota Martir

Caro Fulvio, grazie per avermi condiviso! Stamattina ho fatto un salto al luogo "incriminato", dove dovrebbe sorgere la futura tendopoli, ma che presto potrebbe trasformarsi in uno dei tanti CIE (Centro identificazione espulsione): siamo a soli a 4 km. dal campo Rom di Coltano: non ho fatto tanta strada! Lì ho trovato una manifestazione della gente di Coltano: abbiamo già gli "zingari" in casa, ora anche una tendopoli di immigrati, questo un pò il senso del loro disagio e del nostro sindaco in testa. Il luogo è veramente desolante per la sua "disumanità": isolatissimo, in mezzo a niente e con quei edifici tetri e paurosi. Accoglienza? Una parola che abbiamo svuotato lungo questi anni di tanti significati, che oggi ci sembra veramente difficile coniugarla con il rispetto, la giustizia, la compassione, la tenerezza.. è vero, noi come Chiesa ci siamo adagiati, accontentati delegando comodamente alla politica (e ai suoi disastri) e così, anche noi abbiamo accettato sorso dopo sorso, giorno dopo giorno la piccola dose di veleno in nome della sicurezza, fino a renderci insensibili, assuefatti, complici..troppo taciamo e stiamo a guardare, impariamo ad INDIGNARCI!

Grazie per le tue parole che ci scuotono e ci ricordano che abbiamo il Vangelo..vera e autentica bussola per la nostra profezia, per la nostra accoglienza clandestina.

Mi permetto di girare la tua riflessione agli amici, compresi a quelli Pisani: addormentati e svegli.

Ciao Ago

Alcune immagini del luogo dove sarà posizionata la tendopoli



Giovedì 31 Marzo,2011 Ore: 15:07
 
 
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