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www.ildialogo.org Chi tradisce chi,di Raffaele Ibba

Lettera
Chi tradisce chi

di Raffaele Ibba

Un racconto, piccolo e partigiano ma assolutamente obiettivo, scritto nel Natale 2010.
L'autore è Aldo Maria Valli, giornalista che stimo per la sua eleganza e prudenza, qualità che conferma in questo scritto.
Il punto di narrazione è attuale. La compromissione della gerarchia cattolica italiana con il signor Berlusconi.
La domanda è molto più generale e risale, almeno, al consenso che viene dato alla liquidazione politica di De Gasperi e della sua eredità politica, liquidazione poi in realtà avvenuta attraverso l'uso malfamato e malfamante del caso Montesi.
Più in generale occorre chiedersi che senso e perché una parte rilevante della gerarchia cattolica italiana, praticamente quasi tutto l'attuale gruppo dirigente ruiniano, sia personalmente compromesso con la massoneria, con il capitale più retrivo ed ignorante e, attualmente negli ultimi vent'anni, con la destra becera e cafona di cui "gode" il nostro bel paese, un ceto politico buffonesco e ridicolo, interessato ai soldi ed al sesso, brutalmente inerte ed indifferente a tutto il resto.
Ma da troppi anni la Gerarchi Cattolica italiana ha una familiarità con il potere che rasenta la bestemmia contro lo Spirito Santo, per il dispregio che in quella familiarità si manifesta verso l'Opera di Dio nel mondo, vera e viva solo attraverso e dentro i poveri e gli esclusi.
La domanda è centrale e lo è per questa gerarchia e per il nostro papa, sempre più solo nel soglio di Pietro e malamente assistito da segretario di Stato che è troppo amico di persone come il ministro Tremonti, che da ministro ha operato ed opera, coscientemente consapevolmente e liberamente, contro i poveri e gli esclusi.
Non voglio dire che la Chiesa Cattolica Italiana debba essere amica della "sinistra", parte politica che in Italia è attualmente assente e quando era ed è presente tende a ragionare in modo un poco troppo "stringente" sulle tessere e le appartenenze di settore; voglio suggerire che essa si debba comportare con la libertà di chi ha dalla sua parte "soltanto" Gesù Cristo e, per la sua Parola, il Santo Eterno.
ciao
raffaele ibba

 


1 dicembre 2010

Racconto di Natale
Il cardinale, don Serafino e il signor B
In quel Natale del 2010, nei giorni più infuocati della polemica politica, quando il governo del signor B. riuscì a vivacchiare ancora per un po’ ma senza una vera prospettiva, l’eminentissimo cardinale sentì il bisogno di un consiglio.
L’eminentissimo cardinale aveva puntato a lungo su B. e sulle sue promesse: più soldi alle scuole cattoliche, più aiuti alle famiglie, più possibilità di lavoro per i giovani, più attenta difesa della vita umana. Erano quelli che il papa amava definire «valori non negoziabili», e l’eminentissimo cardinale, per difenderli, aveva appoggiato il signor B.
Quel presidente del consiglio vanaglorioso e pieno di sé, in realtà, non gli piaceva troppo. Però era politicamente forte, sapeva aggregare consensi, godeva del sostegno di ampie fasce della popolazione, anche fra i cattolici, ed era stato capace di tenere lontana dal governo per un bel po’ di tempo la sinistra, composta da pericolosi ex comunisti e da ancor più pericolosi cattocomunisti.
Ora però, in presenza di una crisi politica logorante e di preoccupanti segni dei cedimento del potere messo in piedi dal signor B., si trattava di prendere una decisione: puntare ancora su di lui o che cosa? Per questo l’eminentissimo cardinale chiamò alcuni dei suoi più fidati collaboratori e chiese loro di stendere un rapporto. Lo chiese anche a don Serafino, un prete giovane, studioso della dottrina sociale della Chiesa e persona molto sincera.
L’eminentissimo cardinale voleva un giudizio spassionato sull’opera del capo del governo negli ultimi anni e su quanto fosse stato assennato, da parte della Chiesa, puntare su di lui. Don Serafino ubbidì e dopo pochi giorni fece pervenire all’eminentissimo cardinale il seguente documento.
«Eminenza reverendissima, a meno che non possa vivere davvero duecento anni o giù di lì, come fingono di credere alcuni dei suoi interessati laudatores, il signor B. è alla fine della parabola vitale e dunque anche politica. Tuttavia la sua vicenda ha qualcosa da insegnare, e poiché lei mi ha chiesto un giudizio, le dirò quello che penso.
Punto primo. Fin dalla sua discesa in campo, il signor B. ha rappresentato la negazione di tutto ciò che la dottrina sociale della Chiesa insegna a proposito di politica e impegno civile. Come sappiamo, seguendo le direttive del suo amico e protettore C., il signor B., quando era soltanto un costruttore e imprenditore televisivo, dopo aver fatto molti soldi in modo poco chiaro, decise di dedicarsi alla politica e di fondare un partito esclusivamente per tornaconto personale, per cercare di sottrarsi alla giustizia e per meglio perseguire i propri interessi. Tutto il contrario di quanto insegna la dottrina sociale della Chiesa, secondo la quale la politica, in quanto alta forma di carità, deve essere ispirata al servizio verso gli altri, specialmente verso i più deboli e indifesi, nel segno del bene comune. Per la Chiesa, come lei certamente sa, il singolo che si impegna in politica assume su di sé i problemi di tutti e di essi si fa interprete per trovare soluzioni il più possibile condivise. Ma nel caso del signor B. la decisione di dedicarsi alla politica nasce solo dalla necessità di tutelare se stesso.
Punto secondo. Il compendio della dottrina sociale della Chiesa è molto chiaro. Coloro che hanno responsabilità politica non devono mai dimenticare o sottovalutare la “dimensione morale della rappresentanza”. Il politico, per il fatto di essere delegato a occuparsi dei problemi di tutti, deve dare testimonianza personale di assoluta trasparenza e moralità. Non c’è e non ci può essere distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Anzi, l’autorità veramente responsabile è, secondo l’insegnamento della Chiesa, soltanto quella esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono una concezione e una pratica del potere come servizio. Tali virtù, elencate esplicitamente, sono: la pazienza, la modestia, la moderazione, la carità, lo sforzo di condivisione. Ebbene, ce n’è forse una che il signor B. abbia mai praticato? O non è stato piuttosto egli il campione dell’impazienza e dell’insofferenza verso le regole democratiche, dello sfarzo, del lusso, della presunzione, dell’immodestia, della vanità, della ricchezza ostentata, dell’esagerazione, dell’eccesso, dell’intemperanza, dell’egocentrismo, dell’amore di sé e del narcisismo eletto a sistema? Punto terzo. La Chiesa cattolica insegna che l’autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale, perché è la morale il criterioguida che precede e fonda gli altri. Tale moralità ha un modo molto pratico ed evidente di manifestarsi: consiste nell’emanare leggi giuste, cioè conformi al bene comune, e nel rispettare la divisione fra i poteri. Ma anche sotto questi profili il signor B., con la sua costante azione legiferante a favore di se stesso, con la pretesa di far prevalere nettamente l’esecutivo, con i ripetuti attacchi verso gli altri poteri costituzionali e con la battaglia ingaggiata contro la magistratura, ha disatteso pervicacemente l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa.
Punto quarto. Parlare di morale vuol dire, lei me lo insegna, parlare anche di famiglia e sessualità, e sotto questo profilo lo spettacolo offerto dal signor B. è, se possibile, ancor più sconfortante. Quest’uomo pluriseparato e incapace di tenere a bada i suoi istinti sessuali ha fornito uno degli esempi più tristi e devastanti che mai siano stati offerti da un politico occidentale. Inutile dilungarsi sui vicende note. Basti ricordare il suo uso avvilente e umiliante della donna, da lui ridotta a oggetto di piacere, e senza che tutto ciò lo abbia mai condotto a un minimo accenno di pentimento o di contrizione. Al contrario, ciò che quest’uomo ha fatto per anni, fino alla tarda età, è stato di alimentare il deprimente mito di se stesso come vero maschio: uno spettacolo rivoltante.
Punto quinto. Nel compendio della dottrina sociale c’è un interessante capitolo dedicato all’informazione. L’insegnamento è molto chiaro. L’informazione, vi si legge, è tra i principali strumenti di partecipazione democratica, perché non è immaginabile alcuna forma di partecipazione senza la conoscenza dei problemi della comunità e senza il possesso di tutti i dati conoscitivi a proposito di chi governa. Ebbene, che cosa ha fatto per anni e anni il signor B. se non cercare di condizionare a proprio favore anche l’informazione, esattamente per evitare che la comunità avesse una conoscenza corretta della realtà, per nascondere le proprie malefatte e per illudere i cittadini che sotto il suo governo tutto procedesse per il meglio quando invece i problemi sociali aumentavano? Come si pone quest’uomo, che si è battuto contro le intercettazioni telefoniche e ha detto che la libertà di stampa non è un valore assoluto, rispetto a un insegnamento della Chiesa che sostiene la necessità di garantire il pluralismo dell’informazione agevolando, mediante leggi appropriate, condizioni di uguaglianza nel possesso e nell’uso dei mass media? Lascia senza parole verificare come il signor B. incarni, anche in questo campo, l’esatto contrario di quanto la Chiesa insegna. Mi perdoni se cito ancora il compendio, ma è inevitabile. Tra gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del pluralismo e di quel diritto fondamentale che è l’obiettività dell’informazione, si legge, merita particolare attenzione il fenomeno delle concentrazioni editoriali e televisive, che hanno “pericolosi effetti per l’intero sistema democratico”, specialmente “quando a tale fenomeno corrispondono legami sempre più stretti tra l’attività governativa, i poteri finanziari e l’informazione”. E cosa dire dei contenuti culturali e morali veicolati dalle televisioni di cui il signor B. è proprietario e da quelle sulle quali esercita il controllo? La questione essenziale, afferma la dottrina sociale della Chiesa, è verificare se il sistema dell’informazione e dell’intrattenimento contribuisca a “rendere la persona umana migliore, cioè più matura spiritualmente, più cosciente della dignità della sua umanità, più responsabile, più aperta agli altri”. Appunto.
Punto sesto. L’alibi con il quale il signor B. ha spesso giustificato le sue scelte è il consenso degli elettori. “Abbiamo i numeri per farlo, la gente è con noi”, questo il ritornello. E che i numeri ci siano stati è fuori discussione, ma che cosa dice in proposito l’insegnamento della Chiesa? Ecco la risposta: “Il solo consenso popolare non è tuttavia sufficiente a far ritenere giuste le modalità di esercizio dell’autorità politica”. Per il cristiano ciò che conta è la legge morale, perché le maggioranze possono appoggiare scelte politiche moralmente ingiuste e i politici possono guadagnarsi il consenso attraverso operazioni moralmente tutt’altro che irreprensibili.
Conclusioni. Alla luce di tutto ciò, eminenza reverendissima, credo che la risposta alla domanda su come sia stato possibile che il signor B. abbia governato così a lungo con il consenso di molti cattolici e l’appoggio delle più alte gerarchie si possa esprimere con una sola parola: tradimento. Tradimento del vangelo. Tradimento di ciò che la fede cristiana è e insegna. Tradimento di tutti coloro che per questa fede sono morti. Tradimento di nostro Signore Gesù Cristo che disse: “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8,32)».
Dopo aver letto, l’eminentissimo cardinale prese il rapporto, lo mise in un cassetto e sospirò. Pure a Natale era costretto a occuparsi di faccende tanto complicate. Pensò a don Serafino e gli scappò un mezzo sorriso. Che ragazzo! La sincerità era un suo pregio, ma, decisamente, era anche il suo principale difetto.

Aldo Maria Valli



Mercoledì 22 Dicembre,2010 Ore: 12:38
 
 
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