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www.ildialogo.org E' tempo di dare un taglio, e partire da zero,di Prof. Davide Amore

Patto per l'Islam Italiano
E' tempo di dare un taglio, e partire da zero

di Prof. Davide Amore

A seguito della firma presso il Ministero dell'Interno di un documento denominato Un Patto con il mondo islamico per costruire una società integrata e sicura  abbiamo deciso di pubblicare, come del resto sempre facciamo, tutti gli interventi che ci giungeranno sull'argomento, dando voce sia alle organizzazioni firmatarie sia a chi non ha firmato, sia a semplici musulmani che hanno qualcosa da dire sull'argomento. Auspichiamo così di poter sviluppare un dialogo profiquo che migliori la situazione attuale caratterizzata da una forte ondata di islamofobia e violenza. Per noi è prioritaria innanzitutto la pace. Ovviamente la pubblicazione di tali dichiarazioni non implica da parte nostra alcuna condivisione dei contenuti che ognuno liberamente e responsabilmente assume. (La redazione 04/02/2016)

In merito alla vicenda del cosiddetto "patto per l'Islam", ribadiamo una serie di punti importanti:
1. Le azioni di bombaroli ed affini, dove si incrociano azioni di intelligence e servizi segreti per screditare l'Islàm e follia eretica di khàrijiti (cioe' una percentuale invero bassa di musulmani), sono state usate come spada di Damocle dallo Stato per interferire con l'autodeterminazione dei musulmani.
Ciò costituisce un fatto gravissimo, che non compensa per niente, anzi, qualunque vantaggio possa scaturire da tale accordo.
2. E' stato supinamente accettato dagli italiani musulmani, a cui manca un'educazione islamica di base, che sembra interessare a ben pochi, che il Dìn di Allàh fosse rappresentato in Italia da una pletora di organizzazioni e micro-organizzazioni copiate dai modelli della modernità. 
L'Islam è rappresentato da un leader politico, mancando il quale, temporaneamente, da un nucleo di persone influenti (Ahl al-Hall wa'l-'Aqd).
Rigettare tutte queste organizzazioni senza se e senza ma.
3. L'etichetta "Islam italiano" ha valenza soltanto per gli immigrati, la cui "integrazione" nel tessuto sociale italiano viene monitorato dalle autorità e dalla società civile. Non si applica ai musulmani di origine italiana, che già esprimono intrinsecamente sia l'Islàm che l'italianità.
Il percorso dei musulmani italiani deve rimanere separato da quello dei musulmani immigrati, la cui realtà e le cui istanze sono essenzialmente diverse. Che si organizzino fra loro.
Qualunque accordo con lo Stato deve riguardare esclusivamente loro, se lo vogliono concludere.
Accettare, come italiani musulmani, di essere mischiati nel calderone, è un errore gravissimo.
4. Come abbiamo ripetutamente detto, la valenza politica di un imam nel Dìn è zero. Un imam non è parte di un prelato e non media fra la comunità e Iddio. Si prende cura della preghiera collettiva e della pulizia e manutenzione della moschea, tutto qui.
Pertanto, i musulmani italiani devono disinteressarsi di ogni programma di formazione e orientamento di immigrati musulmani che svolgono funzioni di imam in moschee. L'intera dialettica del "parlare la lingua, conoscere la costituzione, integrarsi nel contesto locale, ecc." riguarda loro e deve essere accettata da loro.
Ci fosse stata un'educazione islamica basilare, quest'ulteriore gravissimo errore da parte dei musulmani italiani non sarebbe stato commesso.
5. La khutbah del venerdì va fatta in arabo. Al massimo nella lingua locale - al netto delle citazioni dei versetti coranici e dei detti profetici, s'intende, e fintantoché non vi sia una sufficiente conoscenza della lingua sacra da parte dei fedeli. Oppure se ne fa una traduzione in italiano prima della khutbah stessa. E si evita l'orrore di immigrati che parlano per 30 minuti in una lingua (non certo dantesca) che ripetutamente storpiano.
6. I musulmani italiani devono organizzarsi fra di loro. Devono finanziarsi fra di loro e ottenere, come tali, finanziamenti indipendenti. 
Dopo di ciò, nelle loro moschee o zawàya, possono applicare il vero fiqh sull'Imam, sulla khutbah ecc, senza alcuna ingerenza. Perché una tale ingerenza nei confronti di cittadini italiani dalla nascita, da sempre, significherebbe, né più né meno, che sono cittadini di serie B discriminati che devono scontare il peccato originale di essere musulmani. E ciò non è accettabile.
7. Non è per noi interessarci dei fatti delle organizzazioni islamiche di immigrati o di moschee controllate da loro. L'unico beneficio possibile è pregarci di venerdì o quando ci si trova nei dintorni, in assenza di soluzioni migliori.
8. E' chiaro che, se cerchi riconoscimento dallo Stato laico moderno, ti danno un dito e ti prendono il braccio e anche più: "donne imamesse", imposizioni linguistiche, effettivo commissariamento e tutto il resto.
9. E' tempo di dare un taglio, e partire da zero.
L'educazione islamica basilare, su fiqh, 'aqidah e tasawwùf puro (non certo quello dei "tarantolati", sia ben chiaro), è ciò che ci deve coinvolgere. Su quella base salutare, si impianterà poi, spontaneamente, organicamente, una leadership comunitaria che possa parlare autorevolmente in nome dell'Islàm, per i musulmani italiani, e rapportarsi sia al resto della comunità islamica sia alle autorità italiane.
10. Il vero lavoro è quello piccolo e consistente, organico, fatto senza apparire.
...wa Allàhu a3lam...
 
In fede,
 
Prof. Davide Amore
Al-Ustàdh Dàwùd Sulaymàn 'Abdalwadùd Abù Yusuf Ibn Al-Amarì As-Siqillì Al-Malikì Al-Muràbit



Sabato 04 Febbraio,2017 Ore: 21:21
 
 
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