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www.ildialogo.org La donna nell’islam,di nibras breigheche

La donna nell’islam

di nibras breigheche

Testo dell'intervento in qualità di membro del direttivo dell'Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose, addetta al dialogo interculturale e interreligioso.


Ho ritenuto doveroso accettare l’incarico di membro del direttivo della nascente Associazione Islamica Italiana degli Imam e delle Guide Religiose per vari motivi. Uno di questi è che sono una donna e credo che la presenza attiva e il contributo delle donne musulmane in tutti i campi sia oggi altrettanto importante che nel passato. Anzi forse oggi lo è ancora di più, data la diffusione di numerosi pregiudizi che riguardano il ruolo della donna nell’islam.

Fin dagli albori della diffusione della religione islamica, 14 secoli fa, la donna ha avuto un ruolo importantissimo. La prima persona ad aver abbracciato la religione islamica è stata una donna, Khadija, e alla morte del Profeta Muhammad*, una donna, Aicha, divenne il principale punto di riferimento per i musulmani in materia religiosa: uomini e donne quando avevano un dubbio su una determinata questione che riguardava il credo o la pratica religiosa si rivolgevano a ‛Aicha. Quando il Profeta* morì, ‛Aicha era ancora molto giovane ed istruì più di una generazione di uomini e donne. ‛Aicha è famosa, tra l’altro, anche per aver trasmesso 2.210 tra detti, precetti ed insegnamenti del Profeta*, che sono dopo il Corano, la seconda fonte della giurisprudenza islamica. E come ‛Aicha numerose altre donne hanno contribuito alla raccolta e alla trasmissione dei detti del Profeta*.

Al-Shifà’ era un’altra donna conosciuta per la sua intelligenza e per la sua saggezza, veniva consultata dal Califfo ‛Omar che la stimava molto, le pagava le sue consulenze e le aveva affidato il controllo amministrativo sul mercato. Ricopriva in pratica il ruolo di ministro del commercio e delle finanze, 14 secoli fa.

Le prime donne che si convertirono all’islam scelsero l’islam, nonostante le dure persecuzioni subite dai primi musulmani, anche perché avevano capito che quel messaggio divino costituiva una liberazione da ogni forma di oppressione ed ingiustizia e quindi anche dalle oppressioni maschiliste che caratterizzavano la società araba pre-islamica, e quindi si impegnarono con grande intelligenza e tatto dando un contributo non indifferente alla diffusione dell’islam stesso.

Le donne musulmane hanno avuto un ruolo fondamentale non solo al tempo del Profeta ma anche durante i secoli successivi. Numerose erano le donne scienziate nei campi più svariati: dalla medicina all’astronomia, dalla letteratura alla teologia, dalla ginecologia all’oftalmologia, dalla pediatria alla dermatologia. Esse erano attive in tutti i campi della vita pubblica ed avevano dato il loro contributo non solo nell’ambito della ricerca scientifica e della diffusione della scienza e della conoscenza, ma anche in ambito economico, politico e sociale. Impossibile citarle tutte, perché esistono intere enciclopedie storiche in lingua araba in cui sono elencati i nomi di moltissime donne e le loro biografie.

Famosi teologi e fondatori di scuole giuridiche come Al-Shafi’i, Al-Zohri e Yhia bnu Ma’in sono stati allievi di teologhe donne come Nafisa bint Hasan ibn Zayd e ‘Amra bint ‘Abdirrahman.

I principi della religione islamica hanno restituito alla donna la dignità che Dio le ha dato fin dal primo giorno della sua creazione. Bellissimi i versetti del Corano nei quali è narrata la creazione di Adamo ed Eva, creature umane con la stessa identica dignità (tra gli altri si vedano i versetti II-35 ed VII-22). Dio nel Corano dice anche:“In verità non farò andare perduto nulla di quello che fate, uomini o donne che siate, perché gli uni venite dagli altri…”(III-195)

In verità per i musulmani e le musulmane, per i credenti e le credenti,… per i leali e le leali, per i benefattori e le benefattrici, per quelli che spesso ricordano Dio e per quelle che spesso ricordano Dio, Dio ha disposto perdono ed enorme ricompensa.” (XXXIII-35)

I credenti e le credenti sono alleati gli uni degli altri, ordinano il bene e sconsigliano ciò che è riprovevole…”(IX-71,72)

Ancor meno conosciuti sono i versetti del Corano e i detti del Profeta grazie ai quali la donna musulmana ha ottenuto già nel VII secolo d.C. numerosi diritti per i quali le donne in occidente hanno dovuto battersi per numerosi secoli per poter finalmente conquistarli solo pochi decenni fa come il diritto a scegliere chi sposare, il diritto al divorzio, il diritto a programmare le nascite, il diritto di proprietà, il diritto a mantenere il proprio cognome anche dopo il matrimonio, il diritto a partecipare attivamente in tutti i campi della vita pubblica (compreso il diritto a votare e ad essere votata).

A proposito di libertà religiosa, nel Corano leggiamo: ”Non vi è costrizione nella religione”(II-256). Quindi né il velo né altre prescrizioni religiose possono essere imposte, né agli uomini ne’ alle donne. Non può assolutamente essere etichettato come islamico il comportamento di chi voglia imporre ad una donna un determinato abbigliamento. In questi casi si tratta di persone che agiscono spinte dall’ignoranza dei principi della loro stessa religione. Altrettanto inaccettabili sono i comportamenti discriminatori nei confronti delle donne che scelgono di portare il velo. Purtroppo molte di loro oggi in Italia faticano maggiormente ad esempio a trovare lavoro. Ci preoccupano molto i tentativi di alcuni di limitare la libertà religiosa delle donne e delle ragazze musulmane che scelgono di portare il velo, proponendo di vietare di portarlo a scuola.

Il Profeta Muhammad non si è mai stancato di raccomandare ai musulmani di trattare le donne non solo bene, ma “nel migliore dei modi” e di non privarle dei loro diritti: “Il gentiluomo è colui che tratta le donne nel migliore dei modi, ignobile è colui che le tratta male”, “I migliori di voi sono coloro che trattano meglio la propria moglie”. Aicha, moglie del Profeta, rispose a chi le chiese come si comportava il Profeta in casa, che “restava ad aiutarla nelle faccende domestiche fino all’ora della preghiera.”

Purtroppo, nonostante questi insegnamenti chiari, ci sono ancora oggi anche nel mondo islamico realtà in cui le donne devono battersi per i loro diritti. Si tratta di situazioni dovute a mentalità, abitudini e tradizioni nelle quali la religione stessa è strumentalizzata. (Quando certi “cristiani” parlano di “crociate contro l’islam”, di guerra di religione, ecc. sappiamo benissimo che non rappresentano il cristianesimo).

Con l’estendersi del mondo islamico inoltre si diffusero pratiche, credenze e consuetudini pre-islamiche che per ignoranza venivano attribuite all’islam stesso. Alcune di queste credenze riguardavano il ruolo della donna, che venne in molti casi messo in secondo piano. Nonostante il diffondersi di queste credenze e le conseguenti difficoltà, numerose furono le donne che ebbero la possibilità di istruirsi e di istruire, con la differenza rispetto ai secoli precedenti, che la maggior parte di loro appartenevano alle classi più alte della società.

Anche quando il mondo arabo islamico è stato colonizzato, le donne hanno avuto un ruolo importante, basti ricordare a questo proposito i nomi di quattro donne: Aicha Taimur, Zaynab Fuaz, Anisa Shartuni e Malak Hafni Nasef. Queste 4 donne si sono preoccupate in particolare di migliorare la situazione della donna durante il colonialismo e dell’importanza della sua istruzione.

Non posso non ricordare un’altra donna molto conosciuta nel mondo arabo per il suo impegno e per la sua determinazione: Zainab Al-Ghazali. Durante gli anni ’50 e ’60, durante il sanguinario governo di Nasser in Egitto furono imprigionati migliaia di oppositori politici, molti dei quali hanno subito la pena capitale. Di conseguenza molte famiglie si sono trovate in difficoltà tra l’altro anche economica. Zaynab Al-Ghazali ha costituito un’associazione per sostenere le famiglie dei prigionieri politici ed era molto impegnata per aiutare le persone socialmente in difficoltà. Per questo motivo è stata lei stessa imprigionata e torturata per più di vent’anni. È sopravvissuta a tutto questo e una volta uscita di prigione nonostante il suo fisico fosse ormai debilitato da tutto ciò che aveva subito, ha continuato la sua attività al servizio dei più deboli. È autrice di un’autobiografia molto toccante: Ayyam min hayati.

Concludo citando Tawakkul Karman, una donna musulmana praticante che porta il velo che ha ricevuto nel 2011, insieme ad altre due donne, il Premio Nobel per la Pace, “per la loro battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace", un riconoscimento internazionale per il suo impegno per la libertà, la democrazia e il rispetto dei diritti umani di tutti i popoli che chiedono libertà e dignità. La Karman, più volte arrestata durante le manifestazioni pacifiche, è una giornalista yemenita, madre di tre figli, avvocato, fondatrice e  presidente dell'associazione 'Giornaliste senza catene', membro del partito politico “Raggruppamento yemenita per la riforma”, branca yemenita dei Fratelli Musulmani. 
Come donna considero questo premio un riconoscimento all'impegno di tutte le donne musulmane che si sono battute e che si stanno battendo pacificamente, a fianco degli uomini, in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, in Siria o in qualsiasi altra parte del mondo. Durante la “Primavera Araba” le donne sono sempre state in prima fila insieme agli uomini per chiedere pacificamente libertà, dignità e democrazia, pagando molto spesso con la loro stessa vita, o con quella dei loro cari. La storia è e sarà testimone anche di questo loro grande contributo per il progresso dell’umanità verso il dialogo e la convivenza pacifica.



Martedì 13 Dicembre,2011 Ore: 09:00
 
 
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