- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (1)
Visite totali: (552) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Le Compagne del Profeta (pbsl): esempi per il nostro presente, guide per il nostro futuro,Di Khawtar Lucia Rallo

Le Compagne del Profeta (pbsl): esempi per il nostro presente, guide per il nostro futuro

Di Khawtar Lucia Rallo

lug 12th, 2011 | Dal sito http://www.islam-online.it

A3udhu biAllahi mi al-shaytani al-rajim bismillahi Arrahmani Arrahim wa assalatu wa assalamu ala achrafi-l-mursalin nabina Muhammad (*) wa ala ahlihi wa sahbihi ajma3in, wa na3udu bil-Allahi min shururi anfusina wa min sa’yyiat a3malina, wa yahdi Allahu fahuwa al-muhtad wa man yudhlil falan tajida lahu waliyyan murshidan, wa ashhadu an la ilaha ila Allah wahdahu la sharika lah wa ashhadu anna Muhammadan abduhu wa rasuluhu. Assalamu alaykoum wa Rahmatu Allahi wa Barakatuhu.

Inizierei col ringraziare il Centro Culturale Islamico per questa iniziativa dedicata in particolar modo al pubblico musulmano femminile italiano, per la consueta calorosa accoglienza e per l’impegno di tutto lo staff organizzativo (GMI), jazakoum Allahu Khayran!

Desideravo cominciare questo mio intervento con una breve introduzione per farvi capire su quale background si è installato il mio interesse per il femminismo islamico, per le Compagne del Profeta (*) e per la questione della donna nell’Islam in generale. Sin da tenera età ho sempre avuto una forte curiosità verso le lingue e le culture straniere. Non riuscivo ad amare fino in fondo la religione cattolica perché non mi faceva mai sentire protagonista del mio rapporto con Dio, mi sentivo sempre e solo una spettatrice della mia relazione con Dio.

Il mio primo contatto con l’Islam avvenne per caso nel 2000, a sedici anni, quando con i miei genitori mi recai in occasione del Giubileo in Palestina ed in Giordania, sulle orme di Isa (*). Di quel viaggio mi ricordo i minareti, mi ricordo i suq, mi ricordo la prima volta che sentii l’adhan alle 5 del mattino in una Amman innevata e mi ricordo soprattutto la moschea della Roccia, la sua cupola dorata, la cui vista era oltremodo emozionante. Dopo quel viaggio decisi che volevo imparare l’arabo, era la lingua più musicale che avessi mai sentito,così calorosa,al ritorno da quel viaggio adoravo già ascoltare il Corano. Mi sono poi laureata in arabo a Venezia e lo studio dell’arabo e della civiltà arabo-musulmana l’ho sempre vissuto come qualcosa che andava oltre la voglia di prendere un buon voto all’esame, rappresentando per me costantemente una ricerca di verità… ho imparato a parlar arabo in Tunisia ed è lì che sono venuta a diretto contatto con l’Islam. Mi sento profondamente legata a quella terra perché è il luogo in cui per la prima volta ho pronunciato la shahada, in cui ho pregato, la salat, in cui per la prima volta sono entrata in una moschea, in cui per la prima volta ho digiunato durante il sacro mese di Ramadan, quello in cui per la prima volta ho conosciuto delle donne musulmane velate e in cui ho incontrato degli occidentali convertiti all’Islam. Mi convertii nell’ottobre 2006, nel sacro mese di Ramadan, la mia conversione fu molto graduale. Dopo il primo periodo di eccitazione e di euforia per la mia conversione, la Tunisia cominciò a starmi parecchio stretta. Adoravo guardare e stimavo le donne che portavano il velo ma sapevo che anche se un giorno mi fossi sentita pronta per portarlo in Tunisia, avrei potuto avere problemi con la polizia. Il velo in Tunisia era vietato per legge. Riuscii ad entrare solo per 3 volte in una moschea, poi mi dissero che poteva esser pericoloso ed abbandonai anche quella speranza. Ero ansiosa di scoprire l’Islam, ma ogni mio tentativo di conoscerlo meglio e di praticarlo doveva rimanere segreto. Potevo studiarlo solo da autodidatta.

Lasciai la Tunisia per il Marocco dove avrei scritto la mia tesi di Laurea di fine studi. Mi sento legata al Marocco da un punto di vista affettivo non soltanto perché ho un marito di origine marocchina, ma perché è stato il paese in cui mi sono sentita finalmente libera di studiare e di approfondire le mie conoscenze in materia d’Islam, in cui sono diventata una musulmana praticante, in cui ho imparato a pregare 5 volte al giorno, in cui ho imparato a pregare il fajr, in cui mi sono sentita finalmente libera di pregare in qualsiasi moschea incontrassi, in cui insomma scoprii la bellezza della religione islamica. Durante le mie ricerche di un argomento per la tesi, mi imbattei per caso un giorno, in una libreria del centro di Rabat, in Le Coran et les femmes, une lecture de liberation di Asma’ Lamrabet. Contattai l’autrice telefonicamente, mi disse:” E’ fortunata, proprio questa settimana ci sarà l’incontro mensile del “Circolo di Rilettura dei Testi”.. Erano donne dalle più svariate professioni e formazioni, medici, avvocatesse, ingegnere, esperte d’informatica, tutte con un alto livello d’istruzione. Si trattava di donne praticanti e non, velate e non velate, insieme per riflettere su una corretta interpretazione dei versetti coranici e degli ahadith riguardanti la donna. Ogni riunione si concentrava su uno o più versetti coranici. La discussione si basava sullo scambio dei dati e delle ricerche che ogni donna aveva preparato riguardo i versetti in esame e in particolare sulle asbab al-nuzul (le Cause della Rivelazione) di quei versetti. Tutto era nuovo per me. Mi sembrava un campo di studio così affascinante e a me così sconosciuto. La discussione tra le varie componenti del gruppo non rimaneva di certo esclusivamente sul piano teorico. Ricordo che si discuteva di questioni apparentemente banali ma non meno importanti per una musulmana praticante, e soprattutto senza alcun imbarazzo o tabù. Era stupefacente vedere come queste donne fossero così sollecite nel cercare di vivere al meglio in coerenza con i loro principi, di rimanere fedeli alla tradizione islamica e di cercare di conciliarla con la loro modernità di donne del XXI secolo. La novità era rappresentata per me dal fatto che queste donne desideravano rendersi indipendenti e risalire da sole alle fonti scritturali, era un jihad teso a trovare da sole le risposte che cercavano, rifacendosi unicamente alla parola di Dio, il Corano, ed alla tradizione del Profeta, ovvero la Sunna, riprendendo solo ed esclusivamente gli ahadith riconosciuti come autentici.

Ero entusiasta di quella giornata. Tornai a casa di Asma’ una settimana, scoprii un orizzonte di studio in cui non mi ero mai avventurata. Mi consigliò di scrivere la mia tesi sulla partecipazione socio-politica della donna alla rivelazione coranica. Mi mostrò svariate opere storiche che non conoscevo, tra le quali spiccavano la tesi di dottorato in lingua araba dell’egiziana Asma’ Ahmed Zyada dal titolo Dawr al mar’a al-siyasi fi ‘ahd al-nabi wa al-khulafa’ al-rashidin (il ruolo politico della donna nell’epoca del Profeta e dei Califfi Ben Guidati) e l’immane opera sulla donna nell’Islam del sapiente musulmano Abd al-Halim Abu Shuqqa ovvero Tahrir al-mar’a fi asr al-Risala (“La liberazione della donna nell’epoca della Rivelazione Coranica”), nella sua versione sia araba che in francese (Encyclopédie de la femme en Islam).

Devo dire che non sono mai stata un’appassionata di storia antica, però mi sono profondante appassionata allo studio dell’epoca della Rivelazione perché leggendo l’esperienze di vita di queste prime donne musulmane della storia, vieni automaticamente a contatto con la figura del Profeta Muhammad (*) e finisci col l’amarlo sempre di più e col renderti davvero conto che era il miglior essere umano sulla terra, il miglior esempio per l’umanità; è triste a volte vedere come noi musulmani e musulmane non seguiamo le sue norme e i suoi insegnamenti. Una delle cose che più mi hanno colpito è leggere gli ahadith riportati da Aicha sul Profeta: era gentile, affettuoso, amorevole, direi anche ROMANTICO, era servizievole. Aiutava sua moglie nelle faccende di casa. Vi era solo una cosa che faceva sì ch’egli smettesse ogni attività: l’appello alla preghiera. Le donne si recavano in visita al Profeta (pbsl) ogni qual volta avevano bisogno del suo aiuto o si poneva loro un problema a cui non sapevano dar risposta, e non ricorrevano mai ad un uomo che facesse loro da intermediario.

La nascita dell’Islam modificò il corso dell’umanità. Con la nascita dell’Islam si mise in moto una dinamica di liberazione femminile che fece vacillare il sistema sociale dell’epoca, fondato su un ordine sociale fortemente patriarcale. Incoraggiate dalle direttive coraniche, le donne si impegnarono in ambito sociale, trasgredirono alle leggi tribali e politiche dell’epoca, contribuirono alla diffusione del messaggio coranico, attraverso il loro sacrificio e la resistenza alla repressione fisica e psicologica dovuta al loro nuovo impegno religioso. In nome della loro nuova fede andarono in esilio e si allearono politicamente e spiritualmente al Profeta Muhammad. Collaborando con gli uomini della nuova comunità musulmana, queste donne prendevano la parola, rivendicavano i loro diritti, partecipavano agli affari politici dell’epoca; le donne richiedevano a Muhammad maggiori occasioni d’apprendimento della nuova fede, le loro famiglie e i loro mariti per emigrare e salvare la loro fede. Le donne partecipavano, inoltre, alla vita della moschea insieme agli uomini, per istruirsi e dibattere insieme a loro su svariati argomenti.

In un primo tempo i versetti del Corano utilizzavano esclusivamente il maschile plurale per parlare delle donne e degli uomini insieme. Un giorno, le donne (per alcuni Umm Salama) si rivolsero al Profeta e gli chiesero perché le donne non venissero mai menzionate nel Corano. Successivamente esso, che forniva sì un messaggio universale ma anche le risposte alle domande che le persone che circondavano il Profeta gli ponevano, avrebbe menzionato uomini e donne in maniera distinta:

“In verità i dati a Dio e le date a Dio, i credenti e le credenti, i devoti e le devote, i sinceri e le sincere, i pazienti e le pazienti, gli umili e le umili, i donatori di elemosine e le donatrici, i digiunanti e le digiunanti, i casti e le caste, gli oranti spesso e le oranti, a tutti Iddio ha preparato perdono e mercede immensa ( XXXIII, 35)”1.

Il Creatore si rivolgerà a loro considerandole uguali agli uomini. Il messaggio coranico e l’atteggiamento del Profeta puntavano a liberare le donne dalle costrizioni culturali delle tribù e dalle pratiche dell’epoca. In certi casi venivano uccise alla nascita per la vergogna della loro nascita e come ben sappiamo il Corano nega duramente questa pratica.

“Ma i credenti e le credenti sono l’un l’altro amici e fratelli, invitano ad atti lodevoli e gli atti biasimevoli sconsigliano e compiono la Preghiera e pagano la Decima e obbediscono a Dio e al Suo Messaggero. Di questi Dio avrà misericordia, ché Egli è potente sapiente. ( IX, 71 )”2. Hadith del Profeta che dice che le donne sono le sorelle degli uomini.

Non furono solamente le mogli del Profeta ad occupare la scena femminile islamica all’epoca della rivelazione coranica, basti citare il fatto che più di 1200 donne sono comprese nella lista delle migliaia di Compagni che furono in diretto contatto col Profeta3.

Bisogna ricordare ovviamente Khadija (*), la sua prima moglie e la prima persona ad essersi convertita all’Islam. E poi Aisha, la giovane ed energica ed moglie del Profeta, che all’età di 42 anni scese sul campo di battaglia a capo di un esercito che contestava la legittimità del quarto califfo ortodosso, Ali (*)4.A lei si deve la trasmissione di 1210 ahadith*5.

Prima di fornirvi un excursus generale e molto veloce sulla partecipazione della donna musulmana alla nascente comunità islamica nell’epoca della Rivelazione, gradirei darvi solo un piccolo dato che in realtà rappresenta un’enorme questione teologica che in questa sede non abbiamo il tempo di trattare: l’uguaglianza dell’uomo e della donna sin dal momento della creazione.

يَا أَيُّهَا النَّاسُ اتَّقُوا رَبَّكُمُ الَّذِي خَلَقَكُمْ مِنْ نَفْس ٍ وَاحِدَة ٍ وَخَلَقَ مِنْهَا زَوْجَهَا…

“O uomini! Temete Iddio, il quale vi creò da una persona sola e ne creò la compagna…”(Corano IV, I)

Secondo le moderne interpretazioni provenienti da esponenti del Rinnovamento Islamico bisognerebbe piuttosto intendere in questo modo: “O gente, temete Iddio il quale vi creò da una sola essenza e da sa ne trasse l’altra parte”. Il termine nafs w…|ida designerebbe secondo il punto di vista riformista di Muhammad Abdu “l’essenza originaria” a partire dalla quale l’umanità sarebbe stata creata6. Non vi è nel Corano nessuna traccia della donna tratta dalla costola di Adamo, un’immagine come sappiamo ben presente nella Genesi, da cui è scaturita in ambito Giudeo-cristiano la legittimazione della subordinazione della donna all’uomo. Non sta a me dire se quei 6 ahadith che parlano di Eva tratta dalla costola di Adamo siano deboli o meno, non è ho l’autorità, Allahu a3lam, Dio è il miglior conoscitore, sto solo cercando di trasmettervi la bellezza del Corano nella descrizione della nascita dell’uomo e della donna nello stesso istante e dalla stessa essenza….machallah!

Primi anni della Rivelazione

Nei primi anni della Rivelazione il ruolo della donna non si limitò a custodire il segreto della nuova religione e ad insegnarla ai componenti del rispettivo nucleo familiare, ma consistette anche in una silenziosa predicazione della nuova fede: è questo il caso di Umm Sharik, che si convertì nella fase di clandestinità dell’Islam, introducendosi in segreto nelle case delle mogli dei dignitari meccani. Fu scoperta dai qurayshiti, fatta prigioniera e rimessa nelle mani della sua tribù7.

Prima martire: Sumayya

E’ necessario ricordare che la prima martire dell’Islam, ovvero la prima persona morta sotto tortura a causa della sua conversione all’Islam, fu una donna, Sumayya Umm Ammar,, pugnalata da Abu Jahl, notabile meccano e acerrimo nemico del Profeta. Questa donna fu una delle prime sette persone che si convertirono all’Islam e malgrado la sua umile posizione sociale, non ebbe paura di rivendicare la sua fede nell’Islam e nel Dio unico, in un momento i musulmani preferivano nascondere la loro fede8. Sumayya, insieme a tutti i membri della sua famiglia, fu predestinata al Paradiso da Muhammad. Sumayya infatti è una delle otto donne che rientrano nella lista delle donne predestinate al Paradiso da Muhammad, ovvero le mubashsharat bi-l-jannah.

L’emigrazione femminile

Forse in pochi sanno però, che quello per Medina non fu l’unico esilio intrapreso dalla prima comunità musulmana della storia. Un piccolo gruppo di musulmani decise, infatti, dopo alcuni anni dall’inizio della Rivelazione, di recarsi in Abissinia per chiedere asilo politico al sovrano cristiano che allora regnava quella terra, il Negus cristiano “giusto e onesto”, come Muhammad stesso lo descrisse. La prima emigrazione, quella per l’Abissinia, fu volontaria e temporanea, mentre la seconda, quella per Medina, fu obbligatoria per tutti i musulmani e le musulmane. Donne e uomini, tutti furono interessati da tale atto politico che fu l’égira. Il Corano, infatti, nomina le muhajirat*, al pari dei loro equivalenti maschili, i muhajirun . L’emigrazione a Medina rappresentò invece una svolta politica necessaria per il consolidamento e l’espansione dell’Islam, verso la costituzione di una vera e propria dimora per la comunità musulmana.

Il concetto di “baya”

Il termine mubayat deriva dalla parola baya (البيعة, plur. bayat) , che indica “l’atto o il patto di alleanza” e si definisce come il giuramento d’obbedienza e di fedeltà al Dio unico e al Profeta Muhammad. Le mubayat furono le donne che stipularono tale patto d’alleanza con Muhammad. Numerose furono le occasioni in cui le sahabiyyat prestarono giuramento di fedeltà al Profeta e diversi furono i modi in cui lo fecero. La baya delle donne è importante perché rappresenta davvero la concretizzazione della partecipazione politica della donna alla vita dell’epoca.

Tra le più famose ci furono le bayat di Aqaba, che si svolsero in diverse tappe. Gli ansar, infatti, si riunirono ad Aqaba tre volte: la più importante fu la seconda baya di Aqaba, che aveva come condizione fondamentale il jihad. Vi parteciparono settantacinque Ansar, di cui settantatre uomini e due donne in rappresentanza delle tribù medinesi dei Khazraj e degli Aws, ovvero Nusaiba Umm Amara. La seconda era Asma’ bint Amr dei Banu Salama, chiamata Umm Muni.

Muhammad spiegò agli Ansar presenti le condizioni del patto: obbedienza alla parola di Dio, invitare al bene e vietare il male (al-amr bi-l-marouf wa al-nahi an-l-munkar). Egli domandò ai musulmani presenti d’impegnarsi al suo fianco nella lotta armata contro il nemico, di assicurargli protezione, assistenza e di giurargli fedeltà, quali che fossero i sacrifici e le privazioni da sopportare.

Le donne in moschea ai tempi della Rivelazione

La moschea è il cuore e l’anima di una società musulmana. E’ il luogo di culto per eccellenza, ma anche il luogo adibito alla trasmissione del sapere, all’attività sociale e politica.

La donna dell’epoca della rivelazione coranica poteva recarsi in moschea senza alcuna difficoltà, avendo un legame diretto con la vita pubblica della comunità musulmana di quel periodo. La moschea rappresentava per lei il luogo in cui partecipava alle pratiche cultuali, apprendeva l’Islam attraverso le lezioni e i sermoni a lei personalmente dedicati, si informava sulla situazione sociale e politica della comunità e intesseva rapporti di amicizia con le altre credenti.9. Il diritto di recarsi in moschea era per la donna qualcosa d’indiscutibile, al punto che tale diritto fu preservato anche dopo l’incidente dello stupro di una donna che si stava recando in moschea per la preghiera del fajr, ovvero la preghiera dell’alba, secondo quanto afferma uno |ad†th riportato da Ahmad10. La nascente comunità musulmana non era immune da episodi spiacevoli come questo.

Secondo uno hadith presente in entrambi i Sahih, Umm Atiyya domandò un giorno a Muhammad in occasione della preghiera dell’Id:

Inviato di Dio, cosa c’è di male nel non uscire, se una di noi due non ha il suo jilb…b* (mantello)?” Rispose: “Che la sua compagna la copra del suo jilb…b…”11.

Nel caso del suddetto hadith si nota come il Profeta ordini chiaramente alla donna di assistere alla preghiera del Id, che costituiva tanto per gli uomini quanto per le donne una prescrizione divina.

Vi sono diversi ahadith che amo particolarmente sulla partecipazione femminile alla vita della moschea:

Umm Salama, sposa del Profeta, racconta: “…Un giorno, mentre la serva stava pettinando i miei capelli, sentì il Profeta chiamare dal pulpito: “O voi, gente!…”. Dissi allora alla serva: “Lasciami andare” e la serva rispose: “Ha chiamato solo gli uomini, non le donne”. Le risposi: “Ma anch’io faccio parte della gente”12.

E diceva Muhammad (*):

Non vietate ai servi di Dio le Sue moschee”13.

Esempi di jihad al femminile all’epoca del Profeta (*)

Il jihad di Umm Amara Nusayba bint Kaab:

Ibn Saad riporta in al-Tabaqat che Umm Amara prese le armi per difendere il Profeta in seguito alla ritirata dei musulmani il giorno di Uhud. Umar ibn al-Khattab disse di aver sentito il Profeta quel giorno:

Dovunque io mi volgessi, a destra o a sinistra, vedevo Umm Amara combattere per me14.

A Uhud fu ferita tredici volte e Maometto, vedendola lottare malgrado tali ferite, le disse:

Ma chi dunque potrebbe sopportare tutto quello che stai subendo, Umm Amara.

In occasione di questa stessa battaglia disse pure di lei:

Il livello del coraggio di Umm Amara è oggi il più elevato di tutti.

Fu presente nella battaglia di al-Yamama, nel corso della quale perse una mano15.

Abu Shuqqa sottolinea, nella sua opera, come i testi attestanti la partecipazione femminile al jihad utilizzino i verbi al tempo imperfetto, cosa che stabilisce che questa partecipazione fosse costante e continua.

Conclusione

Mohammad Akram Nadwi, esperto di ahadith e ricercatore al centro di studi islamici d’Oxford ha raccolto le biografie delle donne sapienti nel campo degli ahadith, nell’insegnamento del Corano, nel fiqh, risalendo agli inizi dell’Islam. All’inizio di questo suo lavoro, pensava di trovarne solamente una ventina, ma con sua grande sorpresa, ne ha classificate 8000 in 40 volumi ed ha intitolato il suo studio “al-muhaddithat:le donne sapienti nell’Islam”. In questo vasto studio, parla delle donne che trasmettevano il sapere religioso, che emettevano degli avvisi giuridici o fatwa, che insegnavano gli ahadith e la loro critica. Queste donne secondo questo studio, nei primissimi secoli dell’Islam non costituivano l’eccezione, ma la norma. (al-muhaddithat:women scholars in Islam). E che dire della grande sapiente Nafissa?Specializzata tanto nell’esegesi coranica, quanto nella scienza degli hadith, che ha vissuto in Egitto e la cui erudizione era riconosciuta da grandi sapienti dell’epoca tra cui l’imama al-Shafii, proprio il grande fondatore della scuola giuridica. Quando si recava al Cairo egli ascoltava i suoi corsi di ahadith e nel mese di Ramadan, gli chiedeva a volte di dirigere delle preghiere del Tarawih ( Ibn Kathir, al-bidaya wa al-nihaya). Ma che è successo dunque a queste donne che, a partire da un certo momento della storia, non hanno più partecipato alla riflessione intellettuale?

I versetti coranici dovevano essere letti, interpretati e proiettati nello specchio ideale del comportamento del Profeta. Tuttavia le prime letture furono opera principalmente degli uomini che leggevano la Rivelazione attraverso la doppia lente del loro genere e della cultura nella quale vivevano. I Compagni e i primi ulama’ non poterono far altro che leggere il testo a partire dalla loro situazione, dal loro punto di vista e dal loro contesto. Mentre il Corano parlava delle donne, della loro essenza e del loro cuore, i fuqaha’ si impegnarono a definire i doveri e i diritti a partire dalle varie funzioni, dai ruoli sociali che vengono loro attribuite: figlie, sorelle, spose, madri e a partire da queste categorie si è costruito il discorso sulla donna. In effetti risulta difficile ad un uomo e per di più giurista avvicinarsi alla questione della donna in quanto essere nella sua complessità e nella sua totalità. Questi uomini dovevano per forza stabilire una funzione alla donna e una lista di doveri e di obblighi. Non solo in quanto uomini era pressoché impossibile per loro prescindere da una delimitazione della funzione delle donne, ma non potevano neppure prescindere dalla loro cultura, ne erano i prodotti. (al-Tabari, al-Razi, al-Qurtubi). Le donne erano escluse dalle elaborazioni giuridiche. È quindi necessario tornare ai Testi e alla loro interpretazione alla luce del contesto nei quali sono stati rivelati. Le rivelazioni coraniche erano accompagnate dall’esempio profetico e rispondevano ad una pedagogia divina che consisteva nell’arco di 23 anni nel far evolvere la mentalità dei primi musulmani e nel far loro considerare diversamente la questione femminile. Bisognerebbe affermare a chiare lettere che pratiche come l’analfabetismo delle donne, il divieto di lavorare, di possedere un’autonomia finanziaria, di gestire il proprio patrimonio, di avere un ruolo sociale, economico, direi anche politico(anche se alcuni per la presenza di uno hadith sarebbero contrari), i matrimoni forzati, l’impossibilità delle donne di divorziare, la violenza coniugale, sono tutte pratiche assolutamente contrarie al messaggio coranico e all’atteggiamento del Profeta (*).Al-fahm, la buona comprensione dei Testi scritturali, del Corano e della Sunna, è fondamentale. D’altra parte, è Allah (SwT) ad insegnarci che il Corano non è un libro che va semplicemente letto ed appreso, pensate a quante volte nel Corano troviamo il verbo allama (al-Rahman, primi versetti), (al-Alaq). È un testo che va letto (iqra) e che va compreso e dal suo insegnamento deriva la sua comprensione. Dalla nostra comprensione possiamo costruire il nostro discorso. È importante sviluppare un discorso sulla donna basato sulla nostra comprensione e che rilevi le sfide che la nostra epoca ci pone dinanzi.

Non esiste una riflessione approfondita, strutturata e dialettica sulla donna in quanto essere umano, sull’essere femminile, sulla sua spiritualità, sulla sua autonomia. È importante che la società moderna musulmana e occidentale possa riconciliarsi con la donna in quanto essere nella sua integrità, nella sua spiritualità, per rifiutare non solo le riduzioni della donna vista in funzione di un determinato ruolo, ma anche l’immagine della donna-oggetto di oggi. Non si parla cioè spesso della realizzazione dell’essere femminile da un punto di vista spirituale, ma piuttosto della specificità del ruolo della donna. È importante quindi a mio parere dar vita ad un nuovo discorso, ad un discorso costruttivo sullo statuto della femminilità sul piano spirituale, ovvero sulla realizzazione della donna sul piano spirituale.

Rileggendo i testi alla luce dei maqasid al-sharia, possiamo riflettere sul contributo delle donne allo sviluppo delle società moderne e, al tempo stesso, combattere contro le discriminazioni che subiscono in terra d’Islam e in Occidente (ragazza a cui è stato strappato il velo). Si tratta ad esempio di rifiutare e di combattere il fatto che per una donna velata sia difficile trovar lavoro nonostante le sue competenze e il suo curriculum. Significa rifiutare che una donna con la stessa formazione professionalità di un uomo venga pagata meno dell’uomo. Che gli incarichi di responsabilità le siano preclusi solo perché è una donna e, aggiungo io, se siamo in Italia, velata, che la gravidanza venga considerata come un handicap, ecc.

Per gli esponenti del rinnovamenti Islamico in generale è fondamentale leggere le nostre Fonti alla luce delle finalità superiori, i maqasid al-sharia, quali l’integrità dell’essere, la dignità, l’educazione, l’autonomia, lo sviluppo, la libertà, il benessere, l’uguaglianza, la giustizia, l’amore. Condividendo le opinioni del Rinnovamento Islamico, penso anch’io come altri esponenti di questa corrente che sia importante una Riformulazione di alcune categorie del fiqh sulla donna basata sulla rilettura dei (gli Obiettivi del Legislatore Divino, che non è altri che Dio):

  • Non c’è dubbio che la formulazione del fiqh sia inseparabile dal principio della giustizia. Si afferma chiaramente nel Corano che Allha (*) non commetterebbe mai alcuna ingiustizia. Il Corano non potrebbe dunque mai essere ustao come base per l’ingiustizia umana, e l’ingiustizia contro le donne non potrebbe mai essere vita come derivante da Allah (SwT). Secondo Riffat Hassan, lo scopo dell’Islam è quello di mantenere la giustizia sulla terra.
  • Il principio di uguaglianza, in tutti i livelli e le aree della vita (al-musawa). Quando si parla d’uguaglianza ovviamente non si vuol intendere l’uguaglianza biologica tra l’uomo e la donna, un’affermazione fortemente negata dalle femministe musulmane. Uguaglianza significa uguaglianza agli occhi di Dio. L’ineguaglianza tra uomo e donna può solo essere un prodotto di costruzioni sociali, culturali. Uomo e donna nell’Islam sono invece complementari, questo è ciò che affermano le femministe islamiche. È bellissimo il versetto in cui Allah (Swt) dice hunna libasun lakum wa antum libasun lahunna, ovvero l’uomo rappresenta per la donna quasi una seconda pelle per la donna, la completa, e viceversa.
  • Benchè il termine shura sia menzionato solo una volta nel Corano, era regolarmente praticata dal Profeta(*), specialmente quando bisognava parlare di strategie di guerra o di argomenti di interesse pubblico, Letteralmente vuol dire “consultazione”, ma nel mondo moderno gli intellettuali musulmani l’hanno assimilato al concetto di democrazia. Questo concetto non è importante solo a livello politico e per argomenti di interesse pubblico, ma è utile anche nella vita privata, per risolvere le controversie familiari. D’altra parte per descrivere i rapporti tra i due sposi Allah (*) utilizza nel Suo Libro il termine taradi, ovvero comune accordo, e tashawwur, consultazione, che ha la stessa radice di shura. Gli sposi dovrebbero cioè consultarsi a vicenda, cosa che dovrebbe essere alla base di ogni relazione coniugale sana e armoniosa, e non una cieca ed incondizionata obbedienza dello sposa allo sposo, ricordatevi il concetto di bi-l-ma3ruf, obbeditemi in ciò che è conveniente. Se ci dev’essere un’obbedienza assoluta, sarà quella di entrambi gli sposi verso Colui che li ha creati.

Ho inoltre un consiglio soprattutto diretto alla donne musulmane convertite all’Islam o nate già musulmane e in generale per coloro che si stanno avvicinando all’Islam. NON PERDETE LA VOSTRA IDENTITà ITALIANA. Convertirsi all’Islam non significa perdere le proprie abitudini culturali e doversi per forza “arabizzare” o “marocchinizzare” nei vostri gusti. L’Islam non ha cultura, non è arabo, è universale. Non esiste alcuna contraddizione tra amare il nostro Profeta Muhammad (*) ed amare Mozart, Bach, Chopin o Shakespeare. Dovete camminare a testa alta col vostro velo ed essere fiere della vostra religione musulmana e fiere della vostra cultura italiana. La vostra cultura italiana non deve esser in nessun caso motivo di vergogna, anzi, di fierezza. Dobbiamo reclamare il diritto di partecipazione alla vita della società, dobbiamo cercare d’esser presenti in ogni ambito, anche in quello politico e far capire a tutti gli italiani che un velo non diminuisce l’intelligenza o le competenze di una donna. Facciamo capire al mondo che noi donne abbiamo grandi competenze e siamo dotate di grandi professionalità alla pari di qualsiasi altra donna italiana. Non fermiamoci nell’Islam alla distinzione tra halal/haram. Non chiudiamoci in noi stessi/e, non trasformiamo la nostra meravigliosa religione in un “codice della strada”. Conoscere i “limiti” è fondamentale per delineare il nostro cammino, scopo ultimo del musulmano è trovare la pace del cuore, è quello di entrare nella pace e nell’armonia di Allah (SWT), cosa che non possiamo fare se non conosciamo cosa significa huda, solo seguendo le regole islamiche di vita possiamo sentirci davvero liberi, ma quest’ultimo non può ridursi solamente alla conoscenza e al rispetto di tali limiti. L’Islam è qualcosa di più profondo. Di molto più profondo. E il nostro Profeta (pace e benedizione su di lui) ne è stato la prova vivente attraverso il suo nobile esempio. La vera dawa è, a mio parere, mostrare al mondo intero la profonda semplicità e spiritualità dell’Islam.

E’ sulla base di questi principi del considerevole lavoro di riflessione sulla donna nell’Islam portato avanti con dedizione dal ”Circolo” che Asma’ Lamrabet ha fondato nel 2008 il GIERFI, ovvero il “Gruppo Internazionale di studio e di riflessione sulla donna nell’Islam” (Groupe d’étude et de reflexion sur la femme en Islam) con una conferenza tenutasi a Barcellona, città scelta come sede dell’associazione. L’attività del “Circolo di Rilettura dei Testi” si concretizzò così in un’associazione di carattere internazionale, confrontandosi col pensiero ed il lavoro di femministe musulmane di differenti nazionalità, provenienti dal Nord Africa, dal Medio Oriente, dall’Europa ed dall’America del Nord.

È a mio avviso importante dare un’idea su cosa parliamo quando parliamo di femminismo islamico. Esso rappresenta una forma alternativa di femminismo, che parte dall’interpretazione in senso non maschilista e antipatriarcale dei versetti del Corano e degli ahadith (i detti del Profeta) riguardanti la donna, rivendicando un diritto all’interpretazione dei Testi Sacri da parte femminile, ad avere una voce nella riflessione sui testi sacri dell’Islam. Il GIERFI, l’associazione di femministe islamiche con cui sono venuta a contatto in Marocco, si inserisce all’interno di un “movimento femminista globale” che lotta contro ogni discriminazione femminile e che ha come obiettivo il miglioramento della condizione socioculturale della donne. Il femminismo islamico si concentra sui diritti universali ed inalienabili della donna, che vanno difesi e che sono gli stessi per qualsiasi donna nel mondo. Le donne del GIERFI accolgono dunque la denominazione di “femministe”nonostante la forte connotazione negativa che tale termine veicola nell’immaginario musulmano e talvolta anche occidentale, a causa del fatto che alcuni movimenti femministi hanno sviluppato degli orientamenti ostili nei confronti degli uomini e della nozione di famiglia. Molte donne musulmane rifiutano per questa ragione il termine “femminismo”, ma ne utilizzano comunque analisi e strategie. Esso intende distaccarsi da un femminismo occidentale di natura laica, che utilizzerebbe un linguaggio privo di spiritualità in cui le donne musulmane non si riconoscerebbero, un linguaggio che si distaccherebbe dalla memoria e dal contesto socioculturale di queste donne, ma anche da un tipo di discorso islamico ufficiale sulla donna musulmana troppo riduttivo e infantilizzante. Si tratta di un discorso che, tendendo giustamente a mettere l’accento sulla dignità e sui diritti che l’Islam ha garantito alle donne, resta però dell’ordine della teoria; un discorso di carattere eccessivamente “normativo”, che guarda cioè alla donna solamente come un insieme di diritti e di doveri, e che non considera la donna nella complessità della sua identità e della sua essenza.

Il GIERFI rivendica una liberazione della donna ispirandosi proprio al contesto spirituale della nascita dell’Islam, iscrivendola al tempo stesso in un processo di evoluzione della giurisprudenza islamica e delle sue fonti, attraverso la riapertura delle porte dell’ijtihad (lo sforzo di riflessione personale su questioni di diritto islamico allorché tutte le altre fonti del diritto rimangono silenti), e alla luce dei maqasid al-sharia, ovvero degli obiettivi supremi del Legislatore Divino.

A cosa serve tornare alla storia, al passato, alla donna musulmana del XXI secolo? Dobbiamo affrontare le sfide del presente senza nostalgia per i fasti di un passato che non esiste più, un passato che potrà esser utile alla donna musulmana solo nella misura in cui le ricordi quali sono i suoi diritti, diritti che coincidono con i diritti universali dell’essere femminile, per poter ricordarle la sua emancipazione ed essere finalmente protagonista della loro vita, proprio come lo erano quelle prime musulmane della storia.

1 Bausani Alessandro, Il Corano, Sansoni Editore, Firenze, 2007, pag. 309.

2Bausani Alessandro, Il Corano, Sansoni Editore, Firenze, 2007, pag. 139.

3 Roded Ruth, Women in Islamic Biographical Collections. From Ibn Sa‘d to Who’s Who, Boulder & London, Lynne Rienner Publishers, 1994, pag. 15.

4 Mernissi F…tima, Donne del Profeta, la condizione femminile nell’Islam,ECIG, Genova, 1997, pag. 11.

5 Op.cit. pag. 92.

6 Lamrabet Asm…’, Le Coran et les femmes, une lecture de libération, Editions Tawh†d, Lyon, 2007, pag. 35.

7Ibn ðajr al-¼Asqal…n†, al-I¡…ba fi tamz al-¡a|…ba, vol.4, pag. 466 in « Ab™ Shuqqa ¼Abd al-ðal†m, Encyclopédie de la femme en Islam, Editions al-Qalam, 2000 », pag. 630.

8 Lamrabet Asm…’, Le Coran et les femmes, une lecture de libération, Editions Tawh†d, Lyon, 2007, pag. 160

9 ¼Abd al ðal†m Ab™ Shuqqa, Encyclopédie de la femme en Islam, éditions al-Qalam, 2000, pag. 420.

10 Op. cit. pag. 423.

11 Al-Bukh…r†, Ÿa|†| Al-Bukh…r†, Libro delle due feste, vol.3, pag. 122. Muslim, Ÿa|†|, Libro della preghiera delle due feste, vol. 3, pag. 21 in “Ab™ Shuqqa ¼Abd al-ðal†m, Encyclopédie de la femme en Islam, Editions al-Qalam, 2000” pag. 331.

12 Muslim, Ÿa|†| Muslim, Libro delle virtù, vol.7, pag. 67 in op.cit. pag. 208.

13 Al-Bukh…r†, Ÿa|†| Al-Bukh…r†, Libro dell’appello alla preghiera, vol. 2, pag. 492 in op.cit. pag. 422.

14 Ibn Sa¼d, al-¥abaqt al-kubr, vol. 8, pag. 415, in op. cit. pag. 323.

15 Mab†d Mu|ammad, Mausu¼a |ayt al-¡a|…biyt,in « Lamrabet Asm…’, Le Coran et les femmes, une lecture de libération, Editions Tawh†d, Lyon, 2007 » , pag. 157.



Sabato 16 Luglio,2011 Ore: 20:34
 
 
Commenti

Gli ultimi messaggi sono posti alla fine

Autore Città Giorno Ora
carlo camillo ponte della priula 25/8/2011 18.10
Titolo:complimenti
non conosco l'arabo, e non moltissimo gli insegnamenti dell'islam.
Però sono contento di trovare discorsi come questo!!!

Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (1) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Conoscere l'islam

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info