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www.ildialogo.org Egitto, che il velo sia da sposa,di Linda Chiaramonte

Egitto, che il velo sia da sposa

di Linda Chiaramonte

Intervista alla blogger Ghada Abdel Aal, voce e simbolo della rivolta delle donne


Riprendiamo questo articolo dal sito:  http://it.peacereporter.net/ 

01/07/2011

scritto per noi da
Linda Chiaramonte

L'ironia e l'umorismo possono essere utili anche per portare avanti delle battaglie civili e sociali, almeno è così per Ghada Abdel Aal, giovane farmacista, scrittrice e blogger egiziana che anche grazie a questi strumenti è stata testimone e protagonista della rivoluzione partita da piazza Tahrir, che nelle ultime ore è tornata ad infiammarsi.

Ghada, trentenne single, ha creato un blog dal titolo Voglio sposarmi affrontando col sorriso il tema del matrimonio, se non combinato comunque estremamente consigliato per una donna che ha già compiuto i trent'anni e che per la società rischia di essere troppo matura per il grande passo. Raccontando gli incontri più o meno maldestri che le è toccato fare offre un ritratto della società egiziana. Il blog ha riscosso un tale successo da spingere la più importante casa editrice del paese, Dar El Shorouk, a chiederle un adattamento letterario. Dal libro, pubblicato con il titolo Che il velo sia da sposa (edito in Italia da Epoché) è stata tratta anche una serie televisiva. Il suo seguitissimo blog nei giorni delle proteste è diventato una cassa di risonanza, un vero tamtam a sostegno delle ragioni della rivolta che ha portato Mubarak a lasciare il potere. Qualche settimana fa abbiamo incontrato Ghada di passaggio a Bologna per parlare di donne e giovani e del loro ruolo durante la rivoluzione.

Com'è nata l'idea del blog?
Ho iniziato a scriverlo nel 2006 sul tema dei "matrimoni da salotto" una sorta di appuntamenti al buio che, nel caso in cui dovesse piacere l'eventuale futuro sposo, ci si ritroverebbe fidanzate dopo tre o quattro incontri e sposate nel giro di un anno. Mi sentivo frustrata perché non avevo incontrato l'uomo giusto, in compenso ho conosciuto molte persone orribili, così ho sentito la necessità di raccontare questa esperienza. Presto il blog è diventato molto popolare e dopo un anno e mezzo è diventato un libro che, dopo nove ristampe, è ancora nella lista dei bestseller.

Che ruolo ha avuto il tuo blog e il web in generale durante la rivoluzione?
In quei giorni tutti noi vivevamo on-line, facebook è stato fondamentale per discutere, ipotizzare quale sarebbe stato il passo successivo, comunicare con gli altri e organizzarci, sono stati tempi difficili, pieni di speranza e paura insieme, ho appoggiato la gente di piazza Tahrir postando sulla mia pagina facebook le loro richieste di scorte, medicine, coperte. Cosa che si è dimostrata utile visto che ho alcune migliaia di amici, ho aiutato a diffondere gli appelli per le proteste. Un modo per fare passaparola. Durante le proteste è stato bello vedere uomini e donne, giovani e meno, lottare insieme. Tutto è cominciato da un evento creato su facebook, il regime ha deciso di staccare internet per toglierci il virtuale, così senza volerlo ci ha spinti a passare al reale. Siamo molto orgogliosi di noi stessi, usare facebook per noi è stata una questione di vita o di morte, una necessità, l'unico mezzo per connetterci. Uno strumento vitale per essere uniti, non potendoci incontrare.

Credi che la falsa blogger siriana abbia danneggiato l'attività degli altri blogger?
Certo, è stato un danno per tutti i veri blogger e le loro battaglie, ma anche una sorta di sveglia per tutti noi utile per ricordarci che bisogna controllare sempre la veridicità di ciò che si legge sul web e non prendere tutto come oro colato.

Anche la campagna "women 2 drive" in Arabia saudita è nata grazie a facebook. Si può dire che il computer è il nuovo mezzo per l'emancipazione dei vostri paesi?
È il bello di internet. Queste donne hanno sofferto molto per il loro isolamento e l'impossibilità di comunicare, se non fosse stato per la tecnologia, che sicuramente ha rappresentato un mezzo per l'emancipazione, sarebbe ancora così. Lo è per tutti, ma nelle comunità chiuse per le donne è più difficile esprimersi e riunirsi, ecco perché ha un effetto maggiore sulle nostre vite e le nostre battaglie.

Qual è la forza delle donne nella vostra società?
Le egiziane sono sempre state forti, sono le colonne della casa, di solito hanno sempre l'ultima parola anche se agli uomini non piace ammetterlo apertamente. Soffriamo come tutte le donne nel mondo. Già solo per il fatto di essere nate donne bisogna sempre lottare per i nostri diritti, solitamente però vinciamo tutte le nostre battaglie.

Quale credi dovrebbe essere la prima decisione da prendere per il nuovo Egitto? Hai qualche esempio di ricostruzione civile e sociale possibile in mente?
Abbiamo bisogno di un miglior sistema di istruzione, un onesto e rispettoso corpo di polizia, un'economia di libero mercato. Dovremmo prenderci più cura della nostra industria turistica e dell'agricoltura così non dipenderemmo da nessuno se non da noi stessi.

Esisteva anche prima una società civile che lottava per ottenere alcuni diritti?
L'intero paese si è battuto per anni chiedendo di rispettare i diritti, negli ultimi tempi si è vista gente protestare davanti al parlamento, non lontano da piazza Tahrir, quasi quotidianamente. Lavoratori, attivisti, gente comune, tutto il paese era in ebollizione per difendere i diritti umani, i salari e una miglior istruzione.

Ora cosa chiedete?
Le stesse cose, ma abbiamo più speranza nel futuro.

Dopo questa primavera rivoluzionaria ti senti più coinvolta nella vita politica del paese?
L'intero Egitto lo è e io non sono diversa, da quando ho scoperto internet nel 2002 ho sempre parlato e scritto di temi sociali sulle questioni femminili e di politica, non faccio parte di un partito, ce ne sono molti nati all'indomani della rivoluzione e sto ancora valutando in quale entrare a far parte. Abbiamo vissuto in uno stato di coma per oltre trent'anni, non è una battaglia facile e non è ancora finita. I regimi lasciano sempre delle tracce sulla popolazione, ma ora abbiamo speranza, è il momento di ricostruire un nuovo paese. Ne avevamo abbastanza del regime supportato dagli Usa e sopportato dell'Europa, la Tunisia ci ha indicato la via, ci ha reso più chiara la strada da percorrere.

Cosa si deve fare per continuare a difendere i diritti delle donne?
Ci sono spesso proteste per dar vita a lobby che facciano pressione, a parte questo dubito si possa fare molto altro. Protestare e cercare di far sentire le nostre voci è l'unica soluzione. I diritti delle donne sono un tema internazionale e trasversale e non di solo appannaggio dei paesi mediorientali, arabi o islamici. In tutto il mondo le donne chiedono e si battono per ottenere più diritti. Onestamente non vedo tante differenze fra le donne italiane e quelle egiziane, siamo tutte donne forti che lavorano e si occupano della casa. Ci sono alcuni diritti ottenuti grazie alla politica delle moglie di Mubarak che vorremmo mantenere: il divorzio rapido e la legge contro la circoncisione femminile.

Ti definiresti una donna resistente?
Sì. Chiunque cerchi di cambiare la situazione può dirsi resistente, tutti noi vogliamo più diritti e chiediamo cambiamenti. Siamo in una fase in cui la rivoluzione non è ancora finita, non abbiamo un presidente, né un parlamento, stiamo ancora lottando e le cose stanno cambiando velocemente. Siamo molto fiduciosi sul futuro.
 

E' possibile seguire il blog di Ghada anche in Italia

 

Christian Elia



Domenica 03 Luglio,2011 Ore: 16:36
 
 
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