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www.ildialogo.org Khadija Dal Monte, Ucoii: “Lavoriamo per l’integrazione nel rispetto dell'identità",di NUCCIO FRANCO

Khadija Dal Monte, Ucoii: “Lavoriamo per l’integrazione nel rispetto dell'identità"

di NUCCIO FRANCO

Riprendiamo questo articolo da: http://www.agenziaradicale.com/

venerdì 04 febbraio 2011

khadija.jpgPatrizia Khadija Dal Monte, veneta di Bassano del Grappa è Vice Presidente dell’Ucoii nonché membro dell’ European Muslim Network. Convertita all’Islam, da giovane fervente cristiana ha conseguito il titolo di “Magistero in Scienze religiose” all’Istituto teologico di Assisi. “Ogni giorno, nella fede cerco di comprendere cos’è che posso dare al servizio degli altri” afferma decisa. Spiritualità e pragmatismo sono dunque equamente bilanciati e si fondono in lei in un’alchimia perfetta. Redattrice di islam-online, portale di informazione ed approfondimento, Khadija si occupa prevalentemente dei diritti delle donne.

- Dottoressa, spesso l’Ucoii è stata accusata di fondamentalismo sia dalla comunità islamica che da ambienti laici o cattolici. Ciò in virtù delle vostre posizioni e la contiguità presunta con personaggi discussi. Fu anche chiesto di estromettere la vostra rappresentanza dalla Consulta per l’Immigrazione mentre secondo altri ancora, sareste la centrale italiana dei Fratelli Musulmani, organizzazione capostipite del fondamentalismo sunnita. Cosa risponde a queste accuse?

Non mi ritengo assolutamente una fondamentalista, anzi, se ho difficoltà è proprio nel capire quelle persone che hanno letture molto rigide delle Fonti islamiche. Nell’Ucoii non vedo e non ho trovato nulla di tutto questo. Credo che l’accusa di fondamentalismo sia elaborata in rapporto ad una concezione del musulmano che si vorrebbe quanto più possibile conforme al modello occidentale. Se invece la volontà è quella di essere fedele alla propria religione, più visibilmente musulmano, allora partono le critiche. Quanto all’esclusione della nostra rappresentanza in seno alla Consulta (attualmente il Comitato per l’Islam,ndr) se si guarda alle personalità che lo compongono, questo spiega molto bene le ragioni di tale scelta. Si era affermato che fosse necessario uno stop al criterio di rappresentanza per dare spazio alle idee. Ideologie, direi, in quanto esso è utile solo per sentirsi dire ciò che fa più comodo ed in maniera assolutamente slegata dalla realtà dei musulmani. Escludendo l’Ucoii che è la maggiore organizzazione attualmente presente, ci si allontana giocoforza dalla comunità reale, dai suoi problemi e bisogni. E’ un Comitato molto ideologico, ci sono dei professori rispettabili ma se manca il rapporto con la realtà è difficile che esso possa svolgere il compito per cui era stato concepito. Uno degli scopi dell’Ucoii è favorire la integrazione dei musulmani in Italia, denunciare le discriminazioni che avvengono e nello stesso tempo mantenere l’identità islamica. Quanto ai Fratelli Musulmani non ne faccio e non ne farei parte. Non esistono collegamenti ma non nego ci possa essere qualcuno che simpatizzi per loro, però l’Ucoii è una realtà eterogenea, si riscontrano persone con sensibilità molto diverse. Anzi, ci proponiamo come associazione indipendente anche dagli stati e non accettiamo ingerenze di sorta.

- Una questione di estrema attualità: il divieto di indossare il niqab. La Francia ha già adottato una legge ad hoc. In Italia sono all’esame del parlamento alcuni disegni di legge. Modernità e tradizione, identità e futuro. E’possibile trovare una sintesi tra diverse esigenze e come?

A mio avviso si tratta di un falso problema.Come associazione abbiamo preso posizione da tempo,anche pubblicamente in un’audizione alla Camera. Consigliamo alle donne di non indossarlo in Italia e lavoriamo in tal senso, perché è un segno che si presta a molte incomprensioni. Che non esista nelle Fonti è altro discorso. In esse si fa cenno alle donne velate integralmente, ma l’obbligatorietà del niqab è discussa da sempre. Nei testi si trova una cosa e l’altra ergo si tratta di un problema di interpretazione, solo una minoranza pensa che sia un obbligo per tutte le donne. Rappresenta per chi lo indossa un atto di devozione, una imitazione delle Madri dei credenti;nella percezione dei musulmani e delle musulmane è comunque legittimo, anche se non obbligatorio (per la maggioranza). Ad ogni modo pensiamo che una legge che proibisca espressamente il niqab sia deleteria perché ideologica ed utile solo ad inasprire le posizioni, nonché a peggiorare di fatto la condizione di queste donne. Fare una legge ad hoc probabilmente ha lo scopo di allontanare la discussione da problemi ben più urgenti, strumentalizzando un argomento di forte impatto emotivo, è quello che si chiama populismo.

- Alcuni fatti di cronaca danno un immagine falsata dell’Islam. Esiste l’impressione, anche in conseguenza di questi fatti recenti, che un islam moderato faccia fatica ad affermarsi e che addirittura possa esistere come tale. Qual è la sua opinione?

L’islam è moderato, al centro c’è la parola equilibrio; un versetto del Corano dice “Abbiamo fatto di voi una comunità equilibrata”. Esso si propone proprio come una religione non troppo ascetica né troppo poco. Di conseguenza, dire che esso non è moderato dipende dal metro di giudizio usato da ciascuno. L’espressione credo sia nata durante il colonialismo per distinguere i musulmani che erano obbedienti ai colonialisti e coloro i quali non lo erano e rivendicavano la propria identità. Al di là di tutto, credo sia necessario essere moderati, che l’Islam è tale e sono pochi coloro che non lo sono. Ci sono degli estremisti ma sono una minoranza esattamente come nelle forze politiche, nei partiti. La moderazione è la natura profonda della nostra religione e può non sembrar tale a chi giudica superficialmente, facendo riferimento e confondendo i costumi dei paesi con la religione o lasciandosi guidare dai mass media.

- Da quanto tempo è avvenuta la Sua conversione e quali sono state le ragioni alla base della scelta di abbracciare un credo diverso da quello d’origine? Quali sono state le tappe fondamentali del suo personale cammino?

Sono convertita da 21 anni. Sono stata sempre molto religiosa ed il fatto di riferirmi a Dio è stata una cosa fondamentale nel mio cammino di vita. Ad un certo punto, verso i 30 anni ho conosciuto l’Islam tramite persone conosciute nell’88 con la prima ondata di immigrazione, ho letto il Corano, i pochi libri che c’erano allora e attraverso la lettura ho riconosciuto la somiglianza con la religione cristiana. Il Corano cita gli stessi profeti, ha un linguaggio simile .Inoltre,ho individuato la differenza fondamentale nell’interpretazione della figura di Gesù, pace su di lui, che nella rivelazione islamica appare come un grande profeta, ma totalmente umano. Ho riflettuto a lungo su questo ed alla fine mi sono convertita.

- Cos’è cambiato a seguito di questo percorso nel quotidiano vissuto, in famiglia, al lavoro?

La mia vita non è cambiata radicalmente perché era già incentrata sulla preghiera ed un certo atteggiamento verso gli altri. Questo è rimasto immutato. Mi si è chiarita la profonda unità della vita, e sono cambiate le regole, tra cui il modo di vestire. Venti anni fa c’era curiosità nelle persone ma non uno sguardo così pesante sull’Islam ed i musulmani. Chiedevano informazioni, volevano capire e non è stato difficile anche se all’epoca della mia conversione non c’era nemmeno una donna musulmana a Reggio Emilia dove risiedo. Dopo l’11 settembre è diventato tutto decisamente più difficile, anche in virtù del martellamento mediatico che ne è conseguito e che ha inculcato l’idea che ogni musulmano sia una persona sospetta. Quello che ho notato in 20 anni è stata, invece, una grande crescita della comprensione della comunità dei modi occidentali, c’è un inserimento effettivo. Il fatto stesso che abbiano eletto una donna nel direttivo dell’Ucoii è un grande passo in avanti.

- Alla luce della Sua esperienza, cos’è per Lei l’Islam oggi? Qual è e come vive il rapporto individuo – collettività?

Islam è abbandono in Dio, è vivere ogni giorno, tutti i momenti della propria vita davanti a Lui cercando di fare ciò che devo ossia la preghiera ed il servizio verso gli altri. Un versetto del Corano dice che i musulmani sono “Coloro che credono nell'invisibile, assolvono all’orazione e danno ciò di cui Dio li ha provvisti”. Ogni giorno cerco di comprendere cos’è che posso dare. Ho assunto la responsabilità del Dipartimento per il dialogo interreligioso e del dialogo interculturale in seno ad Ucoii in quanto musulmana italiana ed avvezza alla cultura occidentale e cercherò di lavorare in tale ambito. Inoltre porterò avanti la campagna contro i matrimoni imposti, partita dal comune di Rotterdam e promossa da Tariq Ramadan e lo Spior (sigla che raduna diverse associazioni musulmane a Rotterdam), cui la nostra associazione ha aderito, attraverso incontri sul territorio. Con riferimento ai matrimoni forzati, reputo sia necessario superare certe consuetudini che si sono aggiunte alla religione e che talvolta provocano effetti dannosi. In alcuni paesi dove questo avveniva ed avviene, pur non essendo giustificabili si inseriscono in un insieme sociale che li ammortizza; di contro, nella nostra realtà causano esclusivamente grandi problemi. La mia guida è credere nel Supremo e fare il bene ed in questo ambito rientra anche la campagna contro la violenza sulle donne e sulla corretta cittadinanza nel tentativo di passare da una concezione passiva ad una attiva della società, dove si possa essere cittadini artefici di un percorso di costruzione e crescita insieme agli altri.

- Certamente, è anche grazie ai convertiti che l’Islam si è fatto più visibile nei media e più presente alle Istituzioni. Qual è stato l’atteggiamento della comunità nei Suoi confronti? E’ diverso l’approccio ai temi ed alle problematiche di fede, sociali e politiche dell’Islam di un convertito?

Sono stata conosciuta attraverso le parole dette e scritte in termini assolutamente occidentali. Sono stata tra le poche a far questo in quanto, di solito, i convertiti spesso hanno la tendenza a ripetere il discorso dei sapienti antichi oppure molti aderiscono a confraternite sufi, ad un islam più mistico, spirituale per soddisfare quel bisogno prettamente occidentale di ricerca della spiritualità. Essendo già formata da un punto di vista religioso non venivo compresa mentre oggi mi chiamano a parlare nelle moschee il che è una grande conquista per tutte le donne e, come dicevo, rappresenta una decisa maturazione della comunità nella comprensione di un linguaggio che prima era a loro estraneo. All’inizio mi sono sentita, come dire, coccolata dalla comunità in quanto le convertite erano pochissime. Di fronte alla conversione i musulmani sono molto contenti. C’è stata tuttavia una difficoltà iniziale perché parlavo un linguaggio diverso, non gradivo il tono apologetico dei testi antichi, ero abituata ad un altro modo di esprimermi. Tuttavia piano, piano, studiando ho capito meglio loro e loro hanno fatto lo stesso con me. Ho compreso che per essere accettati era necessario sempre fare riferimenti alle fonti, a differenza di noi occidentali che cerchiamo di procedere sul piano logico e adesso combino le due cose e funziona. Quanto ai convertiti, c’è da dire che la differenza sostanziale risiede nell’aspetto culturale di base che presuppone modi di fare differenti ma dal punto di vista religioso l’Islam è uno; si può affermare che esso è plurale solo se si parte da una prospettiva esclusivamente socio-culturale. I musulmani europei hanno determinate caratteristiche ed a mio avviso svolgeranno un ruolo di primo piano nel rinnovamento della riflessione sulle Fonti, coscienti della necessità di una interpretazione che tenga conto del contesto in cui vivono e con cui hanno legami forti. Tutto il patrimonio occidentale di conoscenza sull’uomo dovrebbe essere integrato nella visione islamica e sotto questo aspetto gli occidentali possono fornire un grande apporto.

- Negli ultimi anni si è assistito alla crescita di un fronte liberale, che chiede riforme democratiche e al cosiddetto femminismo islamico. Qual è il Suo parere sull’argomento e quali, a Suo avviso, i margini futuri di sviluppo di questa corrente?

Penso che i musulmani debbano maturare un loro confronto con la modernità, sia circa la figura della donna sia nei confronti della democrazia, sul piano politico. Ci sono strade proprie che non necessariamente debbono imitare il modello occidentale, ma possono prendere da esso alcune cose e coniugarle con il meglio della tradizione. Ad esempio, nell’ambito del femminismo islamico, quello di tipo occidentale è circa l’1% mentre quello islamico, che reclama riforme ed un posto più egualitario della donna nella società, a partire dalla religione, raccoglie una percentuale molto maggiore di donne e fa un discorso molto più accettabile da parte di tutta la comunità. Ad un occidentale può sembrare strano, ma i popoli musulmani non hanno l'esigenza di liberarsi della religione, caso mai di rinnovare alcune interpretazioni. Anche sul piano politico, la democrazia è importante ma va costruita tenendo conto della memoria del paese, non imposta dall'esterno. Il laicismo, per citare un altro esempio, in Occidente ha una certa tradizione e ragioni storiche alla base; non così in alcuni paesi musulmani dove risulta spesso come un'imposizione o un'eredità colonialista.



Venerdì 03 Giugno,2011 Ore: 17:17
 
 
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