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www.ildialogo.org Contro l'omofobia qualcosa si muove anche nell'islam,di Omar Camiletti

Conoscere l'islam
Contro l'omofobia qualcosa si muove anche nell'islam

Si è svolto a Parigi un convegno internazionale sul tema religioni e omofobia


di Omar Camiletti

Il teologo Tariq Oubrou è capofila delle aperture su un tema tabù per i Paesi musulmani, in molti dei quali l'omosessualità è un reato


Diritti, società, cittadinanza
L'iniziativa è nata dopo l'appello del 17 marzo, firmato da religiosi di tutte le confessioni monoteiste.
La condanna dell'omosessualità nelle grandi religioni è di carattere soprattutto morale, salvo alcuni casi
L'autore del best seller "Professione imam" sostiene: «L'invito ad amare il prossimo vale di sicuro anche per gli omosessuali»
Oggi ben 25 nazioni condannano chi è gay a una pena detentiva, e ancora in sette Stati a maggioranza islamicavige la pena capitale
L'imam della Moschea di Parigi chiede maggiori approfondimenti sulle coppie di fatto pur difendendo la tradizione
Si è svolto a Parigi lunedì scorso, con il patrocinio del ministero francese del­l'Interno e dei Culti, un importante convegno su "Religioni, omofobia e tran­sfobie". E per l'occasione si è anche com­memorato il giorno in cui esattamente 20 anni prima, nel 1990, l'Organizzazione mondiale della sanità aveva ritirato l'omo­sessualità dalla lista che la classificava fra le malattie mentali. La discussione aveva una sorta di prologo nel documento appel­lo di alcuni religiosi contro l'omofobia e la transfobia, redatto il 17 marzo scorso.
D'altronde, le religioni abramitiche han­no tutte una storia in comune, quella di Lot, nipote del profeta Abramo, che viveva a Sodoma, una città dove gli uomini erano dediti ai rapporti omosessuali, nonostante le ingiunzioni divine a loro rivolte attra­verso lo stesso Lot. E la Bibbia, ad esempio, racconta che dopo numerosi avvertimenti, Dio distrusse Sodoma. È stato principal­mente attraverso questa storia, menziona­ta nei testi sacri, che le religioni monotei­ste fondano la condanna - innanzitutto mo­rale - della pratica dell'omosessualità. «Il ruolo della famiglia è fondamentale nel giu­daismo e nelle altre religioni abramitiche -ha detto Richard Prasquier, presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia (Crii) - in cui il cresce­re e moltiplicarsi è visto come un obbligo divino. E uno dei motivi per cui l'omosessualità è vissuta così male, è che dà l'im­pressione di bloccare tale obbligo».
Ma all'inizio del colloquio parigino Louis-Georges Tin, presidente del comitato Idaho (Giornata internazionale contro l'omofobia e trans), ha specificato che «la violenza con­tro gli individui è stata invece spesso com­messa da persone che usano la religione per giustificare il loro odio verso un capro espiatorio». E ha aggiunto: «Non stiamo chiedendo alle religioni di approvare omo­sessualità o trans-identità, stiamo promuo­vendo la stigmatizzazione dell'omofobia e della transfobia». Per questo - ha conti­nuato - tutti gli uomini di fede sono chia­mati a condannare attivamente la violenza contro gli omosessuali, affinché tutte le va­rie comunità religiose in Occidente e tutti gli Stati non si basino più sulla religione per giustificare l'omofobia».
Alcuni esponenti delle religioni hanno comunque già accolto questo processo a fa­vore dei diritti umani. Tra questi, il rabbi­no Rivon Krygier, il saggista cristiano Je­an-Claude Guillebaud, il protestante filoso­fo Olivier Abel, e il teologo musulmano Ta­riq Oubrou, tutti firmatari dell'appello del 17 marzo scorso. «Preoccupati per la di­scriminazione, l'umiliazione e la violenza di cui continuano ad essere oggetto omo­sessuali e transessuali; secondo noi l'ama­re il prossimo tuo come te stesso vale anche per gli omosessuali», ribadisce il filosofo protestante Olivier Abel. «L'argomento, è vero, è molto delicato, e urta la sensibilità comune fra i musulmani», dice Tariq Ou­brou, autore dell'assai apprezzato libro Professione imam, ricordando che l'omo­sessualità è una pratica antica che esiste ed è esistita anche nelle società musulmane. «Ma rimaneva nell'ambito del privato. Non era previsto alcun quadro giuridico e lega­le per essa, salvo nel caso che vi fosse una condotta apertamente scandalosa».
Oggi, ovviamente, i tempi sono cambiati: sono sempre di più gli omosessuali che rivendicano apertamente un riconoscimento morale e legale ovunque essi si trovino, in Occidente come nei Paesi islamici, cosa che però molte società non sono disposte ad ac­cettare facilmente, anzi molti Stati, per tut­ta risposta a quello che ritengono un virus "occidentale", hanno inasprito la legisla­zione contro il comportamento degli omo­sessuali. Oggi, 25 Paesi condannano l'omo­sessualità a una pena detentiva, mentre in sette nazioni vige la punizione con la pena capitale (Afghanistan, Arabia Saudita, Iran, Mauritania, Nigeria, Sudan, Yemen). Non è difficile rendersi conto che questi set­te Paesi sono a maggioranza musulmana. «Dobbiamo evitare di ridurre la religione a un sistema di castighi e pene - dice Oubrou - per il quale il senso alto delle tradizioni religiose deve assolutamente impedire ogni pretesto per una diffusione della violenza». «In quanto teologo e responsabile di una co­munità religiosa - conclude Oubrou, che è l'imam della città di Bordeaux - non accet­to la violenza contro le persone solo perché non condividono la nostra etica sessuale». Inoltre, seppur assai criticato per la sua assenza alla conferenza, il Consiglio fran­cese del culto musulmano non si è sottrat­to alle spinosa questione, la quale in so­stanza rivela quanto siano disposti a inte­grarsi i musulmani in una società aperta come quella europea. E così ha preferito condannare con una semplice dichiarazio­ne «contro qualsiasi forma di attentato per­petrato a una persona a causa delle sue opi­nioni, della sua appartenenza religiosa o a causa del suo orientamento sessuale. Senza dare alcun giudizio o valutazione sulle pra­tiche sessuali dei cittadini - si leggeva espli­citamente nel comunicato - il Consiglio ricorda che «l'Islam, come altre religioni mo­noteiste, crede che la vita sessuale, secondo i nobili principi, non possa essere conce­pito che come parte integrante della vita co­niugale tra uomo e donna uniti da un con­tratto di matrimonio». Una posizione che evidentemente non contesta l'apertura di Tariq Oubrou e di cui si devono ritenersi soddisfatti gli esponenti della Lgbt (Lesbi­che, Gay, Bisessuali e Transgender) che hanno sostenuto l'appello degli esponenti religiosi contro l'omofobia. Un analogo prudente silenzio c'è - va sottolineato - da parte dei rappresentanti del cattolicesimo e dell'ebraismo ma sull'argomento specifi­co del cosiddetto "matrimonio" gay. Dalil Boubaker, rettore della Grande Moschea di Parigi, chiede ad esempio un maggior ap­profondimento per non negare la diversità umana e questo grazie a una lettura più at­tuale del testo sacro, Senza avventurarsi «in proposte di azioni concrete che non ver­rebbero prese in considerazione dalla mag­gior parte dei fedeli», ammette l'importan­te esponente musulmano. Del resto a gen­naio del 2010 è nata l'Associazione Gay mu­sulmani di Francia (HM2F) che riunisce og­gi circa 40 membri, nel tentativo di consen­tire a gay e lesbiche di religione musulma­na di conciliare la loro omosessualità e la loro fede: «Noi non abbiamo scelto di esse­re gay, mentre abbiamo scelto di avere cre­denze reUgiose», ha detto Ludovic Zahed, il fondatore di "Testardo" la rivista di HM2F. «Spetta a Dio a giudicare», recita un tradi­zionale adagio tanto caro ai musulmani di tutto il mondo. La dignità dell'uomo, qua­lunque sia la sua religione, come le sue ori­gini, il suo genere e il suo orientamento ses­suale, sono uno dei valori massimi, comuni a tutte le religioni, compreso l'Islam.
 Omar Camiletti
Da il SECOLO d’Italia Quotidiano Data: 25-05-2010 - Pagina\ Q Foglio 1/3


Venerdì 11 Giugno,2010 Ore: 16:03
 
 
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