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www.ildialogo.org Il musulmano della porta accanto.,di AISHA, COMITATO DONNE MUSULMANE

Il musulmano della porta accanto.

di AISHA, COMITATO DONNE MUSULMANE

Da Il quotidiano LIBERO di Savona e provincia.
 
 Si sente quotidianamente parlare di Islam e musulmani, e questo avviene da anni, dal tristemente noto 11 Settembre del 2001, tragedia mondiale che rimarrà purtroppo nella memoria storica collettiva.
Però, a dir la verità, in pochissimi conoscono davvero la nostra religione, della quale nel precedente articolo ho cercato di riassumere i punti principali per far sì che se ne comprendano perlomeno i pilastri basilari.
In molti credono di saperne a sufficienza, ma quanto si sbagliano… Io che sono italiana e che 12 anni fa ho scelto di essere musulmana lo so, che si sbagliano.
 Sì, perché ho scelto l’Islam prima di quella terribile, famigerata data.
E quindi ho avuto la possibilità di conoscerlo appieno, avendo la fortuna di essere scevra dai pregiudizi che oggigiorno circolano come circola l’ossigeno nell’atmosfera… All’epoca non ve ne erano molti, o perlomeno non erano così diffusi, pesanti e fuorvianti.
 Ho avuto quindi modo di conoscere anche i veri musulmani, non quelli di cui si parla tanto nei TG, ma quelli che costituiscono la maggioranza della “ummah”, della comunità, persone alle quali praticamente non si accenna mai perché la brava gente, lo sappiamo, non fa audience… Sì, i veri musulmani. I nostri vicini della porta accanto, le madri che portano i bambini nelle scuole dove vanno i nostri figli, le ragazzine che incontriamo al supermercato, i nostri colleghi di lavoro… Una delle prime musulmane che ho incontrato era marocchina. Io ero entrata nell’Islam da poco all’epoca, ed ero praticamente una sconosciuta ai suoi occhi.
Forse anche uno “strano animale”, dato che appunto, venendo lei da un paese musulmano, non aveva mai incontrato un’italiana che aveva fatto un percorso di conversione verso la sua religione. La prima volta che l’ho vista stava parlando con altre donne musulmane di vari paesi e stavano decidendo di incontrarsi a casa sua per un tè. Io ero presente, e sono stata a mia volta invitata.
Quindi decido di andare, nonostante il mio carattere piuttosto timido, per conoscere questa persona e le altre che a loro volta avrebbero partecipato a questa giornata conviviale.
 Una volta giunta a casa sua, mi saluta con il saluto musulmano, ovvero “As salam alaykum”, “La pace sia con voi” e mi abbraccia, dandomi baci sulle guance. Dopo la calorosissima accoglienza mi fa accomodare in un tipico salottino alla araba, ovvero una stanza con al centro un tappeto, un basso tavolino circondato da tre divani con la struttura in legno ricoperti da una stoffa damascata bordeaux con vari cuscini colorati appoggiati sopra. Una casa semplice, noto, con pochi quadri e soprammobili, ma piena di calore umano… Non si vedono, ma si percepiscono, certe cose.
I suoi due bambini si mettono a giocherellare con la mia, si picchiano, ridono, corrono e ne combinano di tutti i colori, tutti e tre assieme, come ogni bambino del mondo usa fare… non hanno pregiudizi, loro. Interagiscono subito l’uno con l’altro senza troppe fisime… Poco più tardi ci raggiunge una ragazza somala, con un bimbo in passeggino, molto tranquillo rispetto ai nostri tre, ed anche lei mi saluta con molto affetto e cordialità, pur non avendomi mai vista in vita sua. All’incontro era presente anche una mia cara amica, italiana musulmana come me, che aveva fatto la sua scelta qualche anno prima.
 Ci si mette poi tutte assieme a parlare del più e del meno, di come sono diventata musulmana, della lingua araba, dei figli, etc… e si decide che la padrona di casa avrebbe insegnato a me e alle altre due ragazze italiane e musulmane che avevo nel frattempo conosciuto i rudimenti della sua lingua, molto importante religiosamente parlando, dato che il Corano originale è in lingua araba, ed è bene che sia letto così, se è possibile. Il tutto tra un pasticcino fatto in casa più buono dell’altro, e bollenti e squisiti bicchierini di thè verde alla menta… Abbiamo cominciato quindi a frequentarci tutte settimanalmente, a ridere, a scherzare, a pregare insieme e a commentare la realtà dei fatti quotidiana. Le ragazze, sorelle di religione, straniere, mi parlavano delle loro esperienze di vita, di come fosse strano, per loro, essendo appunto provenienti da paesi musulmani, avere a che fare con persone che non sapevano in che cosa consistesse questa religione, che le guardavano con sospetto per la strada, che talvolta le insultavano e, in alcuni casi, sputavano loro addosso dalle finestre quando le vedevano camminare sotto casa con addosso i loro foulard colorati… Ad Albenga, questo, non molti anni fa.
 Nonostante ciò mi dicevano che era giusto avere pazienza e non arrabbiarsi, pur essendo profondamente dispiaciute di taluni atteggiamenti avvenuti perfino alla presenza dei loro bambini. Pazientavano quindi, e si affidavano a Dio, ad Allah, sperando che la gente pian piano cominciasse a comprendere quanto in realtà fossero pacifiche, oneste, degne di fiducia così come lo sono tutte le persone per bene.
 Da italiana mi sono davvero sentita ferita dai loro racconti. Pensavo “Caspita, persone così buone, gentili, accoglienti perché, perché debbono essere trattate così?”. Ignoranza? Forse. Ma cattiveria e insensibilità, anche. Alla prima, lo credo fermamente, si può rimediare, ma alle altre? Mah… Speriamo… Tempo dopo, avendo io stessa da tempo adottato l’abbigliamento islamico, mi sono sentita a mia volta discriminata. Sul lavoro perché mi si chiedeva di togliermi il foulard per andare a lavare le scale (quanti colloqui ho fatto, e quanti lavori ho perso per questo motivo…), per strada quando sentivo battutine idiote da parte di persone che non conoscevano me come le mie amiche e che, pensandomi straniera e credendo che io non capissi le loro parole, non si limitavano nella sgradevolezza.
 E mi ritrovo a mia volta così, come le mie amiche somale, marocchine, algerine, ad aver pazienza (e a dare anche qualche rispostina piccata, a dir la verità…), comprendendo che forse molti fra gli italiani hanno bisogno di più tempo per conoscerci, noi musulmani; che magari sì, all’inizio ci temono e forse ci scherniscono credendoci diversi da ciò che invece non siamo, ma col tempo, con la pazienza che mi hanno insegnato le mie sorelle di religione, con il dialogo sono certa che le persone capiranno che il cosiddetto musulmano “comune” non è chi stermina innocenti in nome di una non ben chiara “guerra Santa”, che di santo in realtà ha ben poco; non è chi uccide la propria figlia, non é chi odia gli altri; il musulmano “comune”, queste persone, non le considera null’altro che assassini, delinquenti.
E non è neanche chi spaccia o ruba, o chi si ubriaca e alle quattro di notte scatena risse per la strada.
 Il musulmano “comune” lavora, porta i figli a scuola, interagisce tranquillamente con la società, fa amicizia con i credenti delle altre religioni e non desidera altro che pregare, vivere tranquillamente e pacificamente con tutti.
 L’ho scritto nel precedente articolo: Islam deriva dalla stessa radice della parola “Pace”, e “Pace” è anche uno degli attributi che Allah, Dio, si è dato nel Sacro Corano.
Islam è pace quindi, e il vero musulmano non può esprimere o cercare altro che la pace. Intorno a sé e all’interno della sua anima.
Lo scoprirete, col tempo, che è così. Anche voi, non musulmani, abbiate pazienza, e conosceteci soprattutto. Andate oltre il pregiudizio corrente: rimarrete piacevolmente sorpresi dalla nostra normalità.
 Aisha, Comitato Donne e Mamme Musulmane della Liguria.


Venerd́ 21 Maggio,2010 Ore: 15:40
 
 
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