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www.ildialogo.org I laici possono criticare il comportamento dei Chierici, quando da questo comportamento sembra non trasparire alcuna misericordia?,di Perin Nadir Giuseppe

Giubileo della Misericodia (8)
I laici possono criticare il comportamento dei Chierici, quando da questo comportamento sembra non trasparire alcuna misericordia?

di Perin Nadir Giuseppe

Seconda domanda
I laici possono criticare il comportamento dei Chierici, quando da questo comportamento sembra non trasparire alcuna misericordia ?
E’ chiaro che noi viviamo in un’epoca di crisi e di ripensamento.
Accanto a mutamenti sociali e culturali, che hanno profondamente inciso sulla evoluzione dei costumi, abbiamo assistito ed assistiamo ad un succedersi di nuovi e vari modi di essere e di “pretendersi Chiesa” che hanno talora, con il loro impatto, sconcertato la gente.
Ancora oggi, l’organizzazione della Chiesa continua ad essere burocratica, formale e spesso inflessibile.
In essa tutto si esige, nulla si scorda, mai si perdona.
Praticamente non c’è spazio per la misericordia e per una vera comprensione di situazioni particolari : imposizione del celibato ai preti; un radicato antifemminismo; il sospetto su tutto quello che ha a che fare con la sessualità e il piacere; il culto della persona del papa; la pretese di essere l’unica custode dell’eterna, universale ed immutabile legge naturale; la pretesa che “fuori della Chiesa” non ci sia salvezza.
Molte volte la storia ha dato ragione a coloro che erano considerati dalla Chiesa-istituzione come degli audaci, dei provocatori, dei ribelli, degli incompresi, dei profeti.
La storia è stata anche il racconto della loro vita e la conquista della verità è stato il prezzo delle loro sofferenze, delle condanne, delle scomuniche, degli anatemi subiti.
Da una parte “la Chiesa cattolica ritiene di essere in possesso di tutta la verità rivelata da Dio e di tutti i mezzi della grazia”1 dall’altra, afferma che nella genesi dell’ateismo, anche i credenti “possono contribuire” per aver trascurato di educare la propria fede; per una presentazione fallace della dottrina; per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, in quanto questi comportamenti contribuiscono piuttosto a nascondere che a manifestare il genuino volto di Dio e della religione” 2.
Come ho evidenziato in precedenza, sul come intendere il termine “Chiesa”, è sempre necessario saper distinguere tra la struttura essenziale che forma e costituisce la Chiesa, definendone la natura secondo il Vangelo e le varie strutture accidentali che hanno preso volto nel corso dei secoli, pur modificandosi secondo le circostanze. Ed è di queste strutture accidentali che siamo tutti prigionieri, compreso lo stesso Papa.
Per questo, e a tutti i livelli, abbiamo il dovere di rimetterle periodicamente in discussione, specialmente quando sono di “inciampo”, nel conformare la nostra vita al Vangelo, più che al Diritto Canonico.
Bisogna ritornare allo spirito del Vangelo che è spirito di libertà e di autenticità, tenendo presente che il credente non è la pedina di una scacchiera che viene manovrata continuamente dal di fuori.
Il cristiano deve sempre agire secondo la sua coscienza, anche se in comunione con la Chiesa, perché ci sono compiti che lo Spirito Santo affida al cristiano singolo.
Se non ci fosse la libera scelta, saremmo trasformati tutti in tante pedine anonime di un unico gioco, illudendoci, così, che potendo muovere liberamente delle pedine anonime, noi potremo con maggiore facilità, raggiungere l’obiettivo prestabilito.
Niente di più falso. Perché per “ricapitolare tutto e tutti in Cristo”, è opportuno predisporre un piano - come per una partita di scacchi - dove ogni pedina ha il suo posto, il suo ruolo e la sua mossa vincente. Ognuna con la sua azione concorre alla vittoria finale. Ugualmente, ogni uomo, pur diverso dagli altri per nome e per ruolo nella scacchiera salvifica, diventerà elemento decisivo per la vittoria finale. La Chiesa, tutta intera, è chiamata a giocare la sua partita, nella diversità dei ministeri e dei carismi, ma uniti nell’unica fede in Cristo risorto.
Per questo è lecito e doveroso criticare queste “strutture accidentali” della Chiesa e tale critica pubblica è stata sempre esercitata nella Chiesa.
Paolo la esercitò nei confronti di Pietro; S. Girolamo nei confronti di papa Damaso; Bernardo di Chiaravalle criticò il papa Eugenio III; Brigida di Svezia fece altrettanto con il papa Gregorio XI; Filippo Neri con il papa Clemente VIII.
Altri famosi critici dei pontefici furono Caterina e Bernardo da Siena; Roberto Bellarmino e Thomas Moore che furono poi tutti fatti santi dalla stessa Chiesa.
Lo stesso Don Lorenzo Milani scriveva: “ Criticheremo vescovi e cardinali serenamente, visto che nelle leggi della Chiesa non c’è scritto che non lo si possa fare. Il peggio che ci potrà succedere e che ci taglino la carriera. Però se ci possono tagliare la carriera, non ci possono tagliare la Grazia, né la comunione con la Chiesa.
Questa critica non è solo lecita, ma anche doverosa. Criticheremo i nostri vescovi perché vogliamo loro bene. Nessun vescovo può vantarsi di non aver nulla da imparare, specialmente quando si parla al vescovo di cose delle quali abbiamo esperienza diretta, mentre lui non ne ha alcuna.
E’ vero che la Chiesa trae credibilità da Cristo perché Lui è il nostro Maestro, ma è altrettanto vero che se crediamo la Chiesa, la crediamo non come se avesse già raggiunta e realizzata la perfezione, ma come una comunità ancora in viaggio verso la pienezza di vita che le viene da Cristo.
La riforma della struttura esterna e visibile della Chiesa, non solo è necessaria, ma anche salutare.
Prendiamo ad esempio “l’imposizione per leggedel celibato ai presbiteri della Chiesa Occidentale.
Il presbitero, al quale lo Spirito santo ha fatto il dono del carisma del celibato, è chiamato a viverlo in piena libertà. Diversamente, deve avere possibilità di optare per un presbiterato sposato, in armonia con la dottrina di Gesù, conforme alla prassi della Chiesa primitiva, dei Padri e della Chiesa d’Oriente.
Davanti alle forme di aggressività incontrollata e di astensione indifferente che manifestano difficoltà ad accettare e di conseguenza repulsione verso tutto ciò che viene imposto, è necessario chiedersi il “PERCHE’” di questa aggressività ed astensione, cercarne le motivazioni, dal momento che si contesta e si rifiuta, prima di tutto, ciò di cui non si comprende più il senso.
Ricercando i motivi vi si scopre, spesso, un’ esigenza di autenticità radicale, di coerenza totale tra ciò che si professa e ciò che si fa, perché ciò che è sicuro nell’oggi della nostra storia ecclesiale non è tanto il passato, né il presente, ma il futuro da costruire non sulla “sabbia”, ma sulla roccia che è Cristo.
Tutte le istituzioni, guidate da uomini, Chiesa compresa, da che mondo è mondo, hanno dimostrato di aver avuto nella loro storia, nei confronti del popolo, non sempre degli atteggiamenti corretti, ma dei comportamenti ingiusti, discriminatori, lesivi dei diritti umani, causando nel popolo che avevano il dovere di “servire” e non dal quale “farsi servire”, reazioni aggressive, spesso incontrollate, repulsioni, astensionismo, mancanza di partecipazione….
Nella Lumen Gentium e nell’Apostolicam Actuositatem si afferma che tutti ( clero e laici) sono responsabili della conservazione e della integrità della fede e della rivelazione.
Ma, in pratica, la gerarchia si comporta come se ne fosse l’unica depositaria.
Come si può proporre di convertirsi ad una vita moralmente santa, se la conversione non tocca la Chiesa-Istituzione e, in primo luogo, le modalità di esercizio del potere che viene usato, quasi sempre, per imporre nuove regole e precetti ? Come l’obbligatorietà del celibato per i preti ?
Come Chiesa, prima di richiamare gli altri alla penitenza ed alla conciliazione, dobbiamo confessare per primi i nostri peccati storici”3.
Anzitutto, non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte a dei compagni di viaggio che, strada facendo, si sono “staccati” dalla Chiesa-istituzione ! Non facciamo finta di non conoscere le cause di questi sofferti “abbandoni di campo” ! Non continuiamo a mentire a noi stessi e al mondo che Dio ha tanto amato, da “dare il Suo Unigenito Figlio”, per salvarlo!
Non è possibile trascurare il bisogno di dialogo con le espressioni del dissenso ecclesiale, con chi ha lasciato il ministero ecclesiale e con tutti coloro che ci appaiono istintivamente diversi e lontani. Anche su questo si misura la verità di una Chiesa riconciliata e riconciliatrice! 4
Sospetti di eresia, di scisma, di cattiva interpretazione del Magistero, che oggi alcuni fratelli portano contro altri fratelli in Cristo, come se una sola parte di fratelli sapesse chiaramente tutte le cose, come se una sola parte di fratelli avesse e conservasse tutta la verità”.
La nostra epoca di rapidi mutamenti, di cambiamento culturale, esige una revisione delle forme tradizionali che superino il piano dell’adattamento e dell’aggiornamento e che siano piuttosto una nuova creazione. Non basta più mantenere, adattando quello che c’è stato.
Bisogna ricostruire. Bisogna essere creativi – ha detto Papa Francesco. E, una ricostruzione si può fare solo sulla base di una revisione molto coraggiosa della storia, delle istituzioni, delle strutture e delle forme e di un ritorno alle fonti spirituali”5.
Sarebbe necessaria, anzitutto, una seria riflessione teologica sul rapporto gerarchia-laicato, come Popolo di Dio.
I fedeli laici sono molto sensibili ad una partecipazione effettiva là dove si elaborano le decisioni.
C’è il desiderio non solo di offrire dei suggerimenti a coloro che decidono, ma di decidere insieme a loro. La causa di Cristo e del popolo di Dio è troppo importante per essere lasciata nelle mani della sola Gerarchia.
La concezione di una Chiesa gerarchica che concentra nelle sue mani tutti i diritti ed i poteri, ha pregiudicato senza dubbio non solo l’espansione della Chiesa, ma la sua stessa “comprensione”, come “Comunità di Fede, di speranza e di amore”, animata dallo Spirito Santo.
Se guardiamo per esempio, nel nuovo contesto umano e sociale, ad alcune parrocchie che oggi, pur chiamandosi comunità, sono diventate, invece, dei piccoli feudi, ci accorgiamo che la testardaggine di alcuni parroci soffoca sul nascere l’ispirazione di vivere la propria fede; sono diventate degli spazi dove si privilegia l’osservanza del diritto, della “legge”, fatta dagli uomini, a discapito di un salutare approccio umano alla “proposta di vita” offerta dalla Parola di Dio, che ancora troppo pochi conoscono, celebrano e testimoniano nel quotidiano trascorrere del tempo.
Mentre da una parte si proclama il carattere sacerdotale profetico e regale del “Popolo di Dio”, dall’altra si “demonizza” chi lo vuole esercitare!
Allo Spirito santo è stata data la regola che “deve soffiare soltanto ad “alti livelli” dove stanno coloro che hanno l’esclusiva della verità!
Quanti guai e quanti traumi, quante violazioni di coscienze ha causato questa distorta concezione dell’autorità ! Si è condizionata la fede e la coscienza cristiana a delle leggi che, se pur valide e necessarie, non sono mai indispensabili.
In molte parrocchie, il più delle volte, si constata che il rapporto parroco-fedeli è basato principalmente su disposizioni giuridiche, liturgiche e pastorali, anziché su una vera comunione di fede e di reciproco amore cristiano.
La Chiesa tutta, ma soprattutto coloro che “guidano la barca (la Chiesa) che Cristo ha affidata a Pietro” devono avere il coraggio di andare verso il nuovo e non ancora sperimentato, fino al limite estremo, fino al punto estremo in cui una dottrina ed una coscienza cristiana chiaramente ed indiscutibilmente, al di la del quale, non possono andare ”.
Soltanto il nuovo ed il non ancora sperimentato sarà la vera liberazione del popolo di Dio! Perché, ogni uomo, nel progetto divino, è una “scintilla” unica, una particella irripetibile della bellezza di Dio! E non è consentito ad alcuno, nemmeno ai “chierici”, di fare dei “laici”, elementi indistinti di una massa amorfa di individui, perché ad ognuno di noi, Dio ha donato lo Spirito Santo che ci guida a diventare “figli di Dio”, a somiglianza dell’Unigenito Figlio del Padre, Gesù Cristo.
Tuttavia, le crisi non ci devono spaventare, perchè ci danno la possibilità di riflettere sul vero volto della Chiesa e di riscoprire quello originale: un volto ripulito da quelle sovrastrutture meno autentiche, che nell’arco dei secoli, hanno contribuito a deformarlo.
Infatti, ripercorrendo la storia della Chiesa, spesso ci siamo trovati di fronte ad una Chiesa della sopravvivenza e della conservazione statica, attaccata al passato, alle comode sicurezze ed alle formule del tempo che fu.
Altre volte, ci siamo trovati di fronte ad una Chiesa di tutti i giorni, cioè quel tipo di Chiesa da prendere così come viene offerta. Una Chiesa che non lascia spazio all’inventiva, che arriva sempre ultima dinanzi alle nuove scoperte, che indugia sempre nel vivere la sua dimensione di strada e di cammino.
E’ la Chiesa dell’ieri continuo, dell’abdicazione alla fantasia, dell’avventura, del coraggio.
E’ la Chiesa in cui la “prudenza” non è virtù, ma cautela, precauzione, paura delle cose, paura dell’uomo, paura del futuro.
E’ la Chiesa che ha dimenticato la speranza, che non sente il messaggio di Cristo, che non sa gridare l’annuncio di salvezza.
E’ la Chiesa del sonno che non vuole essere disturbata. Imbambolata nella sua quiete.
E’ la Chiesa che non offre la possibilità ai giovani di rendere effettivo il loro bisogno ed il loro diritto di partecipare alla costruzione di un mondo nuovo.
E’ la Chiesa “ovattata”, senza crisi, perché l’ovatta attutisce ed assopisce tutto.
In questa Chiesa, molti sono ritenuti ospiti scomodi e lo spirito di profezia e di trasformazione del mondo, è stato e viene, spesso, respinto.
Che cosa si può fare ?
Anzitutto è necessario “amare la Chiesa”, la “famiglia dei figli di Dio”.
Solo con un atto di amore noi potremo capire la Chiesa, farci Chiesa, edificare la Chiesa.
Questa Chiesa bisogna amarla perché altrimenti rischiamo di essere soltanto dei seguaci di un’ideologia o ci potremo paragonare ai membri di un club che distribuiscono o prendono le tessere di un’associazione da cui si attendono determinati vantaggi.
Ma, non è facile amare la Chiesa, perché spesso ci troviamo di fronte ad una Chiesa incapace di farsi amare… ad una Comunità incapace di suscitare interesse e di conseguenza, alla quale “aderiamo”, ma senza passione, senza entrarci dentro…Una Comunità nella quale non ci sentiamo coinvolti , perché tende ad escludere, ad isolare, ad emarginare più che ad accogliere…
Certamente la Chiesa che presenta queste caratteristiche non può essere ritenuta come la “Comunità di Cristo Gesù”, perché – come diceva Antonio Rosmini - uno dei più grandi contestatori cattolici - “La Chiesa di Cristo è quella che non si può mai amare troppo, né relativamente, né assolutamente”. Noi spesso, pensiamo di sapere tutto sulla Chiesa…. Mentre abbiamo di fronte, una Chiesa che da duemila anni attende di “essere finalmente riscoperta”.
E’ la Chiesa degli Apostoli” : La Chiesa di Pietro che ci dà la fermezza nella fede e la solidità della sua unicità; la Chiesa di Paolo : Chiesa missionaria proiettata all’annuncio della buona novella; la Chiesa di Giovanni : Chiesa aperta al soffio dello Spirito santo, dispensatore di carismi e di doni; la Chiesa di Matteo: più modesta e silenziosa, ma concreta, impegnata, altrettanto autentica; la Chiesa di Simone, lo zelota, l’uomo impegnato nella vita, nella realtà politica, come oggetto di comprensione; anche la Chiesa di Giuda Iscariota che poi tradisce quando vede i suoi sogni terreni venir meno.
Questa diversità di aspetti e volti differenti della Comunità dei credenti in Cristo, ci fanno vedere e capire i molteplici atteggiamenti storici che essa ha assunto nel corso della sua storia.
Per questo, amare la Chiesa vuol dire “comprendere” i suoi errori sia riguardanti il passato che il presente, con la convinzione però che “comprendere” non significa accettazione degli errori, ma impegno a non ripeterli, impegno a rettificarli in quella pluralità di forme e di esperienze, nelle quali la Comunità di Cristo è chiamata a vivere la sua storia e a testimoniare la Parola del Padre.
Quale caratteristiche dovrebbe avere il vero volto della Chiesa ? Di questa Comunità di fede, di speranza e di amore, nell’oggi della storia dell’uomo ?
Quello di una Chiesa che torna umilmente alla figura del Gesù storico: semplice operaio e profeta, Figlio incarnato, imbevuto di una missione divina : quella di annunciare che Dio è qui presente, nella storia dell’uomo, con la sua grazia e misericordia per tutti.
Una Chiesa che riconosce le altre chiese come espressioni differenti dell’eredità sacra lasciata da Gesù, cioè quella di “amarci gli uni e gli altri, come Lui ha amato noi”.
Una Chiesa che si apre alle altre religioni e sentieri spirituali, vedendo in essi l’azione dello Spirito Santo che è Amore e che arriva sempre prima del missionario.
Una Chiesa che è disposta ad imparare dalla sapienza accumulata dall’umanità e che rinuncia a qualsiasi potere e spettacolarizzazione della fede, affinché non sia pura facciata di una spiritualità inesistente.
Una Chiesa che si presenta come avvocato difensore degli oppressi di qualsiasi tipo, disposta a soffrire persecuzioni e martiri a somiglianza del suo fondatore.
Per questo, il Papa quale successore di Pietro, al quale Cristo ha affidato il ministero di “pascere il suo gregge”, dovrebbe essere per tutti i credenti, un padre, una guida saggia e audace, un “faro di luce” verso l’ unità della fede, la speranza della vita divina, senza fine, nella pienezza dell’amore.
 
NOTE
1 cfr. Unitatis Redintegratio, 4
2 cfr. Gaudium et Spes, 19
3 - card. Kim, arcivescovo di Seul
4- Bruno Forte, ora arcivescovo di Chiesti-Vasto, al convegno di Loreto, quando era teologo - su Avvenire 10/04/1985.
5 -Y. Congar, in Concilium 73 (1972),p.305/13.



Lunedì 02 Novembre,2015 Ore: 19:57
 
 
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