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www.ildialogo.org In quali comportamenti i chierici non dimostrano alcuna misericordia?,di Perin Nadir Giuseppe

Giubileo della Misericodia (6)
In quali comportamenti i chierici non dimostrano alcuna misericordia?

di Perin Nadir Giuseppe

IN QUALI COMPORTAMENTI COLORO CHE nella Chiesa, detengono il Munus docendi, regendi, santificandi, nei confronti dei presbiteri e su un tema di vitale importanza, come quello del CELIBATO, non dimostrano alcuna misericordia ?
1-Quando hanno deciso di imporre per legge canonica, il celibato a tutti coloro che sono stati chiamati da Dio al ministero presbiterale, nella Chiesa Cattolica d’Occidente e nel continuarlo a fare, nonostante gli innumerevoli effetti negativi;
2-Nel modo di trattare i presbiteri – che hanno chiesto ed ottenuto dal Papa, il Rescritto di dispensa dalla promessa di celibato
 
3-Nell’ignorare l’esistenza della famiglia del prete-sposato ed il suo valore profetico all’interno del popolo di Dio, al contrario, invece, di quello che avviene nella Chiesa d’Oriente
4-Nel dimostrarsi chiusi ad ogni dialogo e proposta per superare la scarsezza di presbiteri nel ministero
La missione della Chiesa, come corpo mistico di Cristo, trova nella misericordia la sua “architrave”.
E questo dovrebbe trasparire dalle parole, dai gesti di ogni battezzato, ma soprattutto, nella pastorale della Chiesa-istituzionale.
Ogni comportamento dovrebbe manifestare “misericordia” perché la misericordia non è un sentimento che va e viene, ma costituisce l’essenza dell’essere cristiano, dal momento che nulla dovrebbe essere tralasciato per dare un volto concreto all’amore di Dio, che è sempre pronto ad accogliere quanti sono in cerca del suo perdono e riprendere la vita nuova del Battesimo.
La misericordia per essere visibile ha bisogno di gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni relazione con l’altro, basata sull’amore rispettoso della dignità e della libertà delle persone.
Papa Francesco ha affermato con chiarezza che “ i ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio, senza perdersi. Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato1 .
Papa Francesco, dopo la sua elezione, ha cominciato a sollecitare tutta la Chiesa (chierici e laici) ad intraprendere un percorso di “uscita”, cioè uscire fuori dai ristretti confini parrocchiali, perché ciò che ha da donare è qualcosa di prezioso.
Usciamo per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze.
Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita.
Più che la paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta : “ Voi stessi date loro da mangiare” ( Mc 6,37) 2 .
Il volto della Chiesa, sia come “Popolo di Dio”, comunità di fede, di amore e di speranza e sia come Chiesa-istituzionale, dovrebbe essere un volto illuminato dalla luce che proviene dalla Parola del Signore per permettere a tanti “fratelli” lontani di ritrovare il cammino verso la casa paterna, per gustare la gioia del perdono e della tenerezza di Dio.
Tutta la Chiesa, ma in modo particolare i chierici che detengono il munus regendi, docendi e santificandi, dovrebbero trasformarsi in un ospedale da campo dove la terapia più efficace per curare i vari sintomi della patologia spirituale, dovrebbe essere: la consolazione, la misericordia e la solidarietà: che sono i segni che indicano la vicinanza di Dio e della sua tenerezza verso tutti.
Il contrario della misericordia è quello che il Vangelo chiama la “sclerocardia”, cioè l’indurimento del cuore, la sclerosi del cuore ( cfr Mt 19,8; Mc 10,5 e 16,14) che è la chiusura del cuore al suo linguaggio proprio che è l’amore.
Quando il cuore non ha più compassione, in quel momento muore perché non è più irrorato dal sangue caldo dell’amore e della compassione divina.
La cultura moderna, che guida l’agire delle persone delle istituzioni civili e buona parte, anche, dell’agire degli uomini della Chiesa–istituzionale, manifesta chiaramente i sintomi della “sclerocardia”, perché spesso, nel cercare una soluzione alle varie situazioni di disagio, si sostituisce, la “cultura del Vangelo, con la cultura del “Diritto Canonico”, trasformando molti chierici in giudici implacabili, dimenticando, così, che “senza la testimonianza del perdono rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato”, perché le forme di perdono sono alla base del vivere personale e sociale.
Perché la cultura moderna – lontana dalla cultura del Vangelo, e più vicina alla cultura del Diritto nella persona che “la sposa ciecamente”, appare lontana dall’essere e mostrare “misericordia” ?
*Perché la cultura d’oggi è una cultura che dà il primato all’emotività, alle sensazioni forti e alla fenomenologia, tralasciando la razionalità, la progettualità e la consistenza di un pensiero ontologico. Noi viviamo in un mondo complesso, ma nello stesso tempo fragile e inconsistente. La bulimia di sensazioni forti ed esplosive si accompagna ad un’anestesia delle tenerezze e dei sentimenti dolci e durevoli.
*Perché la cultura d’oggi è una cultura della frammentazione. Tutto viene fatto a pezzi e scomposto nei vari punti di vista. I pezzi vengono mischiati, mentre vengono messe alla prova le esperienze umane fondamentali, quali il rapporto uomo-donna, la sessualità, la generazione, l’amicizia, l’educazione dei sentimenti. Con il risultato che la persona umana, oggi, si sente confusa, disorientata e non sa dove collocarsi. Vive in un mondo sradicato e non è in grado di rispondere alle domande vitali : da dove vengo ? Chi sono ? Dove vado? Cosa voglio ?
Si tratta di una cultura del “supermarket”, dove c’è una pluralità di idee, di credenze, di modi di pensare, di esperienze di vita. Ognuno si sente libero di “comperare” il “prodotto” che più gli interessa.
*Perché la cultura d’oggi è una cultura della soggettività. L’uomo d’oggi si dà automaticamente lui delle risposte e non vuole essere inglobato in una risposta data da altri e per sempre.
C’è un’inflazione dell’Io. Il Tu , diverso da me, diventa un potenziale nemico. La prossimità è ritenuta un disvalore. Il vero uomo deve bastare a se stesso, senza relazioni interpersonali.
*Perché la cultura di oggi è una cultura contradditoria, nella quale si afferma tutto e il contrario di tutto : si parla di non violenza e si applica la violenza; si dichiara la tolleranza, ma spesso non si accettano le persone che la pensano diversamente; si esalta la pace, ma si continua a fare la guerra; si cerca di migliorare la propria capacità di comunicare con l’altro, frequentando anche dei corsi di training, ma si resta ancora prigionieri dell’incomunicabilità. Consideriamo il mondo come un “villaggio”, ma restiamo ancora prigionieri dell’estraneità e dell’indifferenza.
*Perché la cultura d’oggi è una cultura narcisista dal momento che “l’individuo” si preoccupa solo di sé, ama solo se stesso, l’immagine che si è fatto di sé, escludendo gli altri e non riconoscendo i propri limiti.
E’ preoccupato d’affermare costantemente la propria immagine di perfezione.
Non riesce a decentrarsi per riconoscere ed accogliere i bisogni degli altri,perchè è troppo occupato ad occultare i propri.
Più che affetto, cerca ammirazione per sollevare la propria autostima, piuttosto bassa.
Non ama confrontarsi per non prendere contatto con la sua immagine “mitica”, ma vive la vita come una competizione.
E’ attratto dalla tentazione del potere, il bisogno di sentirsi eccezionale, speciale per vocazione, per compito, per doti, per santità di vita.
E’ incapace di instaurare rapporti genuini, duraturi, profondi, ricchi di umanità.
E’ continuamente alla ricerca di “conferme” da parte degli altri.
Sostituisce il potere all’amore.
Controlla gli altri più che amarli.
Esercita l’autorità anziché sviluppare “relazioni” sane ed intime.
Nega il suo “essere creatura” .
Fugge dalle proprie zone d’ombra perché vengono percepite come “brutte”, goffe e non ha fiducia nella capacità degli altri di “prendersi cura di lui”.
Fa le cose per se stesso perché gli piacciono e lo soddisfano, ma non perché lo realizzano, lo fanno crescere o lo fanno “diventare uomo”.
Vive seducendo.
E’ onnivoro di sensazioni, di piaceri, di emozioni, di eccitazioni.
Vive in uno stato di eccitazione continuo, di ansia, di stress, di stordimento.
C’è in lui un’avidità mentale e visiva di conoscere. Per questo ingoia tutto, ma non mastica, né assimila. Il suo “fare” prevale sullo “stare con” e per questo : programma, organizza, diventa frenetico, ma perdendo, così, il contatto con la natura, con ciò che è semplice ed ovvio.
E’ una persona che vive di grandi progetti e sogni, ma non sostanziati dalla sapienza.
Vive nell’illusione, in un contesto di emozioni superficiali, con effetti disastrosi sulla “verità delle relazioni”3 .
 
NOTE
1 Cfr. Spadaro A., intervista a Papa Francesco, in Civiltà Cattolica, III 2013, p. 462.
2 Cfr. Fratel Michael Davide, Le chiavi di casa, Appunti tra un Sinodo e l’altro, Edizioni la meridiana, maggio 2015, pp.8-9
3 Cfr. Romolo Taddei, Non abbiate paura delle tenerezza - Training per presbiteri, Edizioni la Meridiana, febbraio 2015, pp. 25- 38.



Domenica 11 Ottobre,2015 Ore: 18:36
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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