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www.ildialogo.org LE DUE REALTA’ DELLA CHIESA, NON DEVONO ESSERE SEPARATE, NE’ IDENTIFICATE, MA APPARTENGONO ALL’INTERO ESSERE DELL’UNICA CHIESA.,di Perin Nadir Giuseppe

Giubileo della Misericodia (5)
LE DUE REALTA’ DELLA CHIESA, NON DEVONO ESSERE SEPARATE, NE’ IDENTIFICATE, MA APPARTENGONO ALL’INTERO ESSERE DELL’UNICA CHIESA.

di Perin Nadir Giuseppe

Le due realtà della Chiesa, cioè quella di essere il Popolo di Dio, la comunità di fede, di speranza e di amore, Corpo Mistico di Cristo, Sposa di Cristo e nello stesso tempo un organismo sociale, giuridico, ordinato gerarchicamente (Chiesa istituzionale) non devono essere separate, né identificate, ma appartengono all’intero essere dell’unica Chiesa.
Se noi vedessimo nella Chiesa solo l’unione di grazia dei redenti, allora arriveremo al concetto eretico di una chiesa soltanto invisibile di predestinati.
Se invece, vedessimo in essa solo la società giuridicamente organizzata, cioè l’ “Istituto della salvezza” questo sarebbe un nestorianesimo ecclesiologico o un naturalismo ecclesiologico.
Ma pur essendo l’una, l’aspetto visibile, sacramentale e simbolico dell’altra, tuttavia esse non coincidono adeguatamente e non possono essere strettamente concepite come due aspetti di un’unica e medesima cosa che possono andare sempre soltanto insieme.
Perché , qualcuno, in determinate circostanze, può appartenere alla comunità di grazia dei rendenti nel Cristo, senza essere membro della Chiesa visibile, giuridicamente organizzata e in quanto tale.
Dall’altra parte, qualcuno può essere, apparentemente, membro della società visibile della Chiesa, eppure essere separato a causa del “peccato mortale”, dalla comunità di grazia, di tutti, nel Cristo e ciò fino al rifiuto, solamente interiore della fede.
Così, comunità di grazia e società giuridica, nonostante la loro reciproca coordinazione e comunque appartenenza al concetto pieno di Chiesa, sono realtà diverse. Ciò deriva dal fatto che esse si collocano su piani sociologici del tutto differenti e sono formate in maniera diversa l’una dall’altra.
Il rapporto tra l’individuo e la Chiesa in quanto società organizzata viene determinato in maniera diversa.
Dal momento che la persona umana è una originalità spirituale e personale santificata dalla grazia, deve essergli concesso anche nel campo dell’agire umano, una sfera del privato come spazio della sua concreta attualizzazione e della sua possibilità di manifestarsi.
Nella misura in cui l’individuo ha una sua originalità spirituale e personale, gli spetta anche il diritto e il dovere di una decisione che nel suo contenuto concreto, non può essere regolata direttamente dalla Chiesa come società organizzata.
La Chiesa-istituzionale può predicare un’etica individuale di carattere formale : “Divieni ciò che sei; compi la volontà di Dio che è posta nella tua situazione individuale”, ma quale sia in concreto la legge secondo la quale, in ciascun caso, io sia chiamato ad agire, la Chiesa non me lo può dire.
La Chiesa mi può dire :”sii individuo dinnanzi a Dio”, ma non può dire all’uomo che cosa egli è e che cosa deve fare per essere questo individuo.
Né l’individuo ha il diritto di nascondersi sempre e dappertutto dietro a consegne ecclesiastiche, perché non è sicuro nella sua coscienza.
La teologia e la casistica morale non possono sostituire il “dono del discernimento degli spiriti”: “Signore che vuoi che io faccia ?”.
Ci deve essere per l’essere umano una vita religiosa fondamentale privata: della preghiera, della decisione morale… perché la chiesa non deve togliere alla persona umana il peso dell’iniziativa e la responsabilità della decisione.
Il problema di oggi non è tanto un “collettivismo” imposto dall’esterno, quanto piuttosto il collettivismo interiore, cioè la stanchezza e la viltà dei cuori che si lasciano volentieri alleggerire dalla responsabilità di decidere e che traspare quando si vede una grande docilità degli uomini verso la Chiesa-istituzionale, le sue prescrizioni…
Nella Chiesa è bene che ci siano “discussioni sui vari problemi che interessano la vita dell’intero Popolo di Dio, perché dove non si discute, c’è una Chiesa morta. Solo nei cimiteri non si discute. Mentre la “parresia”, cioè la capacità di parlare sinceramente è il principio che ha salvato la Chiesa primitiva. Il coraggio di Paolo di dire le cose, il coraggio degli Apostoli di discutere tra loro.
Se non c’è questa capacità di dialogo, di discussione, per arrivare ad una soluzione condivisa nel Popolo di Dio, significa che siamo di fronte ad un “collettivismo interiore” che non rappresenta una “forza credente”, né “una convinzione vivente”, personalmente scelta, ma debolezza del cuore che abbattuto e disperato si lascia trascinare da qualsiasi altro: dal prete… dalla tradizione familiare… dal risentimento…
All’interno di ciò che è astrattamente lecito e moralmente possibile vi è uno spazio di compiti e doveri individuali che costituiscono il campo della vera maturità del laico.
Tuttavia, la sfera privata non è un distretto isolato che praticamente non deve venire in contatto con il sociale, dal momento che la vita privata dell’individuo influisce anche sugli altri perché c’è una sfera delle relazioni reciproche dei cristiani tra loro che, in quanto tale, non fa parte dell’organizzazione sociale della Chiesa.
Per esempio : quando due cristiani pregano insieme… là dove uno edifica, l’altro con la Parola ispirata dallo Spirito, lo conforta… Sono realtà che non possono essere sostituite o soppiantate da un’organizzazione giuridica di natura ecclesiale, per quanto utile e necessaria possa essere, perché spinti da quell’istinto burocratico che non sopporta nulla che non sia ufficialmente organizzato. Altrimenti avremmo uno “statalismo ecclesiastico” dimentico del fatto che anche la Chiesa è per gli uomini e non gli uomini per la Chiesa e che tutte le forme di ordinamento e di organizzazione ufficiale nella Chiesa, anche quando sono necessarie e di diritto divino, hanno tuttavia carattere sussidiario e non devono assorbire la vita privata della comunità, ma promuoverla, convalidarla e completarla.
Un giorno, il Regno di Dio sarà compiuto. Allora vi saranno soltanto individui con un volto ed un destino unico che l’amore tutto personale di Dio ha disposto per l’individuo. E questi destini unici saranno eterni, perché essi sono stati sempre qualcosa di più delle esatte applicazioni particolari dell’universale.
Ma gli individui sono individui amanti e l’amore è la cosa più unica e al tempo stesso la più comprensiva di tutto.
Perciò tutti questi individui unici formano la comunità dei santi, l’eterno regno dell’amore di Dio che è al tempo stesso : Uno – Trino e il Tutto. Ed ivi ciascuno è precisamente se stesso, perché comprende tutto in sé: poiché l’amore unisce mentre dà libertà e distinzione.
Questo è ancora il tempo della Chiesa. Ma, in lei c’è già l’ “eone” futuro dell’amore che rende liberi ed unisce. Per questo la Chiesa visibile rende l’individuo libero. E, l’individuo conquista la sua libera individualità, offrendo se stesso incessantemente nella Chiesa, con amore umile e fedele1.
 
NOTE
1 -Karl Rahner, Pericoli nel Cattolicesimo d’oggi, Edizioni Paoline, 1964, Alba.



Domenica 04 Ottobre,2015 Ore: 11:29
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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