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www.ildialogo.org L’IMMAGINE DI CHIESA, NEL CORSO DEGLI ANNI,di Perin Nadir Giuseppe

Giubileo della Misericodia (4)
L’IMMAGINE DI CHIESA, NEL CORSO DEGLI ANNI

di Perin Nadir Giuseppe

L’immagine di “Chiesa” è certamente migliorata nel corso degli anni, ma in molti cristiani non c’è ancora la presa di coscienza di far parte di una “Comunità di fede , di speranza e di amore”, nella quale l’unica regola del gioco, è quella di “vivere l’amore” gli uni verso gli altri.
Fino a dopo il Concilio Vaticano I [1869-1870] l’immagine di chiesa è stata un’immagine “piramidale” che ha ispirato tutta la struttura del Diritto canonico, codificato nel 1918.
Al vertice della piramide c’era il Papa, intermediario principale fra il Signore che regna sulla chiesa e la chiesa stessa, considerata una società giuridica perfetta, cioè indipendente e sufficiente a sé stessa nel suo campo. La caratteristica principale del papa era rappresentata dal suo potere universale di giurisdizione. Egli delegava una parte della sua autorità ai vescovi, i quali, come successori degli Apostoli, lo rappresentavano e lo completavano, ognuno nella propria diocesi.
Il vescovo, a sua volta, delegava parte della sua autorità ai parroci da esercitare nelle loro parrocchie, ad altri sacerdoti e ai laici che avessero ricevuto una “missione canonica”.
La base della piramide era costituita dai laici.
Tale immagine, in cui “gerarchia” e “chiesa” erano diventati sinonimi, influenzò profondamente l’orientamento giuridico del diritto canonico; favorì una concezione curiale della vita della chiesa; orientando, in un certo modo, le strutture ecclesiali concrete; il comportamento di molti vescovi e l’atteggiamento dei fedeli verso i sacerdoti.
Il Concilio Ecumenico Vaticano II [1962 –1965] spezzò questa immagine cercando, in tutti i modi, di elaborarne una nuova che aiutasse a comprendere come la chiesa fosse essenzialmente “popolo di Dio”, la comunità dei battezzati e dei confermati; la comunità di grazia nella fede e nella speranza, cioè “comunione” (Koinonia).
La concezione della chiesa come “popolo di Dio”, pellegrinante sulla terra (LG, 9; EV 1/310) esprime un aspetto molto importante, in quanto prima di ogni distinzione e differenziazione fra ministri ordinati e laici, afferma, nel nome di Gesù, l’uguaglianza e la pari dignità di tutti i battezzati (maschi e femmine), i quali formano insieme (e solo insieme) il popolo di Dio.
Il Papa stesso, secondo questa prospettiva, figura come il più umile sacerdote e diacono, ed è, anzitutto, un fedele che insieme agli altri fedeli forma il popolo di Dio, riunito dal Padre a immagine del Figlio per la grazia dello Spirito.
In questa visione di chiesa, l’accento non cade più sul suo carattere giuridico, ma sul carattere di comunità di grazia, nella fede, che esige una visibilità anche nella sua esistenza legata al tempo.
La concezione della chiesa come “comunione”, sottolinea invece il suo aspetto di icona, cioè d’immagine e sacramento di Dio Trinità e partecipa alla comunione che esiste fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo (LG,4; EV 1,287). Dal momento che Dio può essere pensato solo come comunione e comunicazione, la comunione e il dialogo diventano “elementi essenziali” per la vita della chiesa.
Di conseguenza, se tutti i battezzati formano il soggetto comunitario della chiesa, allora occorre che tutti i cristiani partecipino a tutti gli aspetti della vita della chiesa e ai suoi processi decisionali e che, il loro diritto alla parola e la loro partecipazione alle decisioni, siano giuridicamente assicurati.
Queste prospettive relazionali dettate dalla “comunione” e dalla “comunicazione” non indicano soltanto un modo nuovo di esercitare il ministero nella chiesa e una nuova cooperazione che dovrebbe esistere tra i ministri ordinati ed i laici, ma spingono, anche, a ravvivare la stessa struttura ecclesiale come una “comunione di battezzati” che conferisce ad ogni credente la stessa dignità e la stessa importanza.
Infatti, “fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all’edificazione del corpo di Cristo” (CIC, can 208).
La dignità e l’uguaglianza di tutti i battezzati è un dato originario e basilare che viene prima di qualsiasi altra distinzione in servizi e ministeri.
Nella chiesa, infatti, non esistono persone non chiamate, ma tutti sono responsabili della missione della chiesa, proprio in forza del sacerdozio comune ad ogni battezzato (LG, 32; EV 1/366).
Questo significa che l’ordinazione degli uni (sacerdoti) non può comportare la sotto ordinazione di tutti gli altri (laici). Infatti, colui che ha ricevuto il sacramento dell’Ordine (= ministro ordinato) non è più cristiano di qualsiasi altro fedele.
Il suo elemento specifico consiste nel rendere al popolo di Dio, il servizio per il quale è stato preposto, cioè “preservare e tramandare l’origine santa dell’evento Cristo”.
Inoltre, il ministero ordinato, inteso come servizio al popolo di Dio, deve risultare chiaramente dal modo in cui viene esercitato, seguendo la parola dell’apostolo Paolo: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede: siamo invece i collaboratori della vostra gioia”(2 Cor 1,24).
Quello che i battezzati, oggi, desiderano non è tanto l’abolizione dell’apparato burocratico istituzionale della chiesa, quanto piuttosto che essa diventi sempre più “comunione” (Koinonia), “servizio” (diaconia) “partecipazione”; una chiesa di “fratelli e sorelle” per testimoniare la viva realtà di Dio che è comunione, dialogo in Gesù Cristo, nello Spirito Santo, dal momento che è formata da ministri ordinati e da semplici fedeli, che, insieme e solo insieme formano il “popolo di Dio”.
Tuttavia, l’affermare che tutti i fedeli sono uguali in dignità, non comporta la soppressione del ministero ordinato; come l’affermare che anche il semplice fedele deve avere il diritto di parola e alla condecisione, non significa che la verità debba stare dalla parte della maggioranza.
Lo stesso esercizio dell’autorità, specialmente di quella religiosa, di per sé così diversa da ogni altra, dovrebbe subire un profondo cambiamento, specialmente nel suo esercizio, senza con questo significare di volere la negazione dell’autorità stessa.
Con Giovanni XXIII s’impose una concezione più aperta e dinamica della chiesa.
Il centro della storia umana non era più costituito dalla chiesa, ma da Cristo. La chiesa veniva così a perdere il monopolio della salvezza e Dio era libero di guidare l’umanità verso la sua realizzazione, nel Cristo.
In questa prospettiva la chiesa è chiamata a servire tutti gli uomini e non solo i fedeli.
Il suo servizio, divenuto ministero di salvezza, si dispiega nell’arco della storia dell’uomo, all’interno della quale essa, come l’umile serva e sposa di Cristo, porta la salvezza, trasformando la storia dell’uomo, in storia di salvezza.
In questa prospettiva, l’immagine della chiesa diventa:
  • un’immagine aperta, perché nella sincera accettazione della sua missione terrestre s’interessa del bene di tutti gli uomini e accetta un dialogo con tutti coloro che ricercano la stessa felicità, anche se al di fuori della chiesa stessa;
  • un’immagine dinamica perché la sua missione si sviluppa con il ritmo della storia e quindi deve adattarsi alle condizioni di un mondo in piena evoluzione;
  • un’immagine escatologica perché accetta francamente la sua responsabilità umana in questo mondo di uomini, vive intensamente nella speranza e nella certezza che è Cristo a dirigere questa storia verso il suo completamento nello Spirito.
L’unico legame che lega i battezzati l’uno all’altro all’interno della chiesa e nel loro rapporto con il mondo è quello dell’amore e del servizio (diakonia) reciproco.
Infatti il Figlio di Dio venne su questa terra “non per essere servito”, ma “per servire”. “…Pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce”( Fil 2,6-8).
Da rilevare, infine, tanto per completare il quadro, come nella Sacra Scrittura noi non troviamo un’ecclesiologia sistematica ed il tema della chiesa viene spesso affrontato attraverso una pluralità di immagini.
Alcune, sono immagini di stabilità nel tempo e nello spazio, altre di mobilità; alcune sono immagini più organiche, altre accentuano il carattere relazionale della chiesa.
Tali immagini, però, non si escludono a vicenda, ma interagiscono e molto spesso sostengono e chiariscono all’altra i rispettivi elementi di maggiore forza e di maggiore debolezza.
Nessuna immagine, infatti, è considerata un riferimento isolato, ma ciascuna interpreta l’altra e viene interpretata dalle altre.
Nel Nuovo Testamento, la maggior parte delle immagini della Chiesa sono cristologiche, come : la vite, il gregge, la festa nuziale, la sposa. Tutte servono, però, ad illuminare alcuni aspetti dell’essere e della vita della chiesa. L’immagine della vite, per esempio, sottolinea la sua totale dipendenza da Cristo; l’immagine del gregge sottolinea la fiducia e l’obbedienza che deve a Cristo; l’immagine della festa sottolinea la presenza, in essa, dello sposo.
Tuttavia, le immagini scritturistiche della chiesa che acquistano una particolare rilevanza sono quelle riferite alla sua dimensione trinitaria.
Tra esse, sono importanti le immagini del “popolo di Dio” e del “corpo di Cristo”, accompagnate dalle figure del “tempio” o della “casa” dello Spirito.
Nessuna di queste, però, è esclusiva, ma ognuna di esse, in modo implicito o esplicito, comprende anche le altre dimensioni.
Tutte le immagini bibliche della chiesa che vengono enumerate nel capitolo primo della Lumen Gentium e che fanno risaltare rispettivamente le note complementari d'identificazione e di differenza di Cristo e della chiesa, possono trovare nel termine "sacramento" quasi una trascrizione formale.
La sacramentalità della chiesa viene espressa ed opera soprattutto nella liturgia, segue il ministero della Parola quando è esercitato nelle sue più elevate espressioni e infine il campo ove si dispiega la funzione pastorale con il potere di governo ( LG, 23). Per questo il popolo eletto di Dio è stato provvisto di ministeri e di mezzi di crescita che assicurano il bene dell'intero corpo.
Non si possono, quindi, separare, nella Chiesa, gli aspetti inerenti alla sua struttura, da quelli inerenti alla sua vita, perché questi due aspetti: struttura e vita sono intimamente associati tra loro.
La comunione che definisce il nuovo popolo di Dio è dunque una comunione sociale gerarchicamente ordinata; è una realtà organica che richiede una forma giuridica, ma che, nello stesso tempo, deve essere sempre animata dalla carità.
Venti secoli ci separano ormai dalla venuta del Figlio di Dio sulla terra e dalla nascita della chiesa e del cristianesimo.
Il ministero, nei suoi molteplici aspetti di diakonia (servizio) – come c’insegna la Sacra Scrittura - viene da Dio e si colloca all’interno della comunità, non sopra la comunità.
E’ una chiamata che Egli fa all’uomo, perché ognuno, spinto dall’amore, assuma nei confronti dell’altro l’atteggiamento del “servo”.
Ma, noi sappiamo come gli avvenimenti della storia abbiano segnato positivamente o negativamente la nostra attuale comprensione della chiesa e dei ministeri che sono sorti nelle varie comunità cristiane, anche se, lungo il corso dei secoli, la Chiesa ha sempre cercato di vivere nello stile di vita proposto dal Maestro e nella fedeltà alla sua chiamata evangelica.
Tuttavia, se è vero che la chiesa deve essere fedele a Gesù Cristo, è anche vero che questa sua fedeltà non può essere concepita come una semplice ripetizione della sua formulazione iniziale o delle sue istituzioni del passato.
Infatti, lo Spirito Santo che agisce nel mondo e nella chiesa d’oggi come ha agito in quella d’ieri, può indirizzare la chiesa verso un aggiornamento, un rinnovamento delle formule e delle istituzioni del passato, per essere, veramente, “la luce delle nazioni”.
Oggi, grazie alla ricerca storica e teologica conosciamo più di quanto non si conoscesse in passato sull’attuale configurazione istituzionale della chiesa.
Sappiamo, per esempio, come in moltissimi suoi aspetti, la Chiesa-istituzionale non sia l’espressione diretta della volontà di Cristo, quanto piuttosto la conseguenza di decisioni prese da uomini, anche se a ciò legittimati e di strutture che hanno preso piede lungo la sua storia millenaria e sono state poi codificate.
Questo significa che l’immagine di chiesa fin qui tramandata, fatti salvi i suoi tratti essenziali voluti da Cristo, dovrebbe essere ripensata in alcuni suoi aspetti, riguardanti le varie colorazioni assunte lungo il corso della storia ed, eventualmente, anche modificata, per potersi incarnare nelle diverse culture dei popoli ai quali si rivolge e non essere, invece, l’imposizione di una cultura diversa.



Domenica 27 Settembre,2015 Ore: 09:27
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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