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www.ildialogo.org CHIESA . ORGANISMO SOCIALE, GIURIDICO, ORDINATO GERARCHICAMENTE.,di Perin Nadir Giuseppe

Giubileo della Misericodia (3)
CHIESA . ORGANISMO SOCIALE, GIURIDICO, ORDINATO GERARCHICAMENTE.

di Perin Nadir Giuseppe

IL SECONDO ASPETTO DELLA CHIESA è quello di essere, anche, un organismo sociale, giuridico, ordinato gerarchicamente1, nel quale ciascuno dei suoi membri esercita una particolare funzione ministeriale, in base ai doni (carismi) ricevuti dallo Spirito santo 2.
Si tratta della Chiesa in quanto ISTITUZIONE, cioè società visibile, giuridicamente organizzata, nella quale sono stati istituiti due stati di vita3, cioè due modi di essere e di operare giuridicamente: lo “stato di vita clericale” e lo “stato di vita laicale”.
a)il “corpo clericale” è formato dai CHIERICI, cioè da quei fedeli che, oltre al sacramento del battesimo, hanno ricevuto anche il sacramento dell’Ordine che li ha costituiti “ministri”(servitori), con la missione di “pascere pastoralmente il “popolo di Dio : un’opera che ha essenzialmente il carattere di “diaconia” o di “servizio”.
I diritti e doveri dei Chierici (vescovi, preti, diaconi) a seconda del ruolo che ciascuno riveste, sono specificati nel Diritto Canonico. Ai Chierici è riservato, in forma esclusiva, il “munus docendi” , il munus regendi” e il “munus santificandi”, cioè il potere di comando, di parola, di dottrina e degli strumenti di salvezza.
b)il corpo laicale è formato dai LAICI, cioè dai semplici fedeli che hanno ricevuto il sacramento del battesimo, ma non il sacramento dell’Ordine.
Anche i diritti e doveri dei laici, sono specificati nel Diritto Canonico.
I due stati di vita sono stati così “codificati”, strutturando attorno a queste due condizioni, una serie di norme e di leggi che hanno fatto dei “chierici” una casta, dando vita al clericalismo4 e dei laici, una moltitudine anonima, creando tra “chierici” e “laici” non tanto “ponti” per dialogare, ma “muraglie” per dividere.
Perché è nata questa distinzione tra la condizione di chierico e quella di laico ?
Perché l’Ordine è stato sacralizzato in modo tale che l’ordinazione presbiterale divenne, in seguito, ordinazione “sacerdotale”, portando ad una profonda frattura tra clero e laici sia rispetto al dialogo, alla collaborazione, ma soprattutto ha tolto ai laici la coscienza di sentirsi responsabili della vita della comunità e dei suoi problemi.
A causa di questa eccessiva sacralizzazione del ministero presbiterale, la collaborazione tra clero e laici è stata resa molto difficile e spesso scoordinata, favorendo la reciproca incomprensione e degenerando, qualche volta, in un reciproco sospetto.
Sono nati così i due termini : clericalismo e laicismo quasi a significare due mondi, due realtà completamente opposte.
Ma questo cambiamento non è avvenuto in un “batter d’occhio”, ma ha preso forma con il trascorrere del tempo, fino ad arrivare al punto che la figura del presbitero delle prime comunità apostoliche, è stata sostituita con la figura del “sacerdote”, esattamente come nell’Antico Testamento.
Il “sacerdote”, infatti, nell’AT era colui che si doveva occupare delle cose sacre (sacer = sacro), e che, in quanto tale, doveva rimanere separato da ciò che era ritenuto “profano”.
Mentre nel NT, l’ordinazione presbiterale avrebbe dovuto radicare la differenza tra “pastori” e “gregge” in una unità fondamentale che, annullando le separazioni, non solo non recasse alcun pregiudizio alle differenze stesse, ma mettesse in rapporto tra loro le differenti realtà, evidenziandone, nello stesso tempo, la reciproca interdipendenza e complementarità.
Tuttavia, questa mentalità potrebbe essere superata sia sul piano del pensiero : evidenziando la complementarità delle varie membra, cioè dei ministri ordinati e dei laici nell'unico corpo di Cristo che sul piano dell'azione: valorizzando la corresponsabilità di tutti nell'edificare lo stesso Corpo di Cristo che è la Chiesa.
Infatti, la condizione di fedele cristiano, che si acquisisce con il battesimo è la categoria base che determina l’uguaglianza fondamentale di tutti i membri della Comunità ecclesiale e dalla quale traggono origine le diversità funzionali.
Infatti, la condizione di cristiano è comune sia ai ministri ordinati che ai laici ed è precedente ad ogni distinzione e differenza ministeriale. Si potrebbe dire che, nella Comunità ecclesiale, tutto è di tutti, in quanto non c'è nulla che sia così esclusivamente di qualcuno che gli altri non vi abbiano parte, sia pure con espressioni ed attuazioni differenti.
Tutti sono sacerdoti, profeti, testimoni, ma in modo diverso, a seconda del dono (carisma) ricevuto dallo Spirito Santo. Ogni cristiano, infatti è titolare della missione ecclesiale, ma relativamente al ministero o servizio al quale è stato chiamato.
Questo dovrebbe aiutare i chierici e i laici a non “navigare” da soli nel mare del mondo, ma a vivere in “comunione” e in solidarietà, perché la Chiesa che tutti insieme formiamo, non è una sala d’attesa, ma un “Popolo in cammino” per cui bisogna combattere la stanchezza dal troppo riposo.
E’ necessario, anzitutto riscoprire la missione del prete, nella società di oggi che è quella di: *“accompagnare” il gregge a lui affidato, sulla via della fede, trasmettendo in una lingua adeguata al nostro tempo, il significato dell’amore incondizionato ed infinito di Dio e di Cristo verso ogni essere umano; *di educare i fedeli a partecipare con responsabilità e competenza, assieme ai loro “pastori”, alle decisioni da prendere in questioni importanti per la vita della persona umana; *di dare testimonianza della propria Fede e della Speranza che è in noi, come afferma l’apostolo Pietro. “Adorate il Signore nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” ( 1Pt 3,15).
Tutti siamo chiamati dallo Spirito Santo, a rimboccarci le maniche e metterci in marcia evitando di rimanere prigionieri di un “clericalismo” che fa sì che il ricordo prevalga sul desiderio, la memoria sulla fantasia, la nostalgia sulla speranza.
E’ vero che i vescovi ed i preti sono come i “direttori” d’orchestra, ma non devono però sostituirsi ai musicisti.
La chiesa è comunione, perché è un popolo radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e questa comunione richiede tre NO decisi :
* NO al disimpegno;
* NO alla divisione;
* NO alla stasi che sono tre atteggiamenti volti solo a conservare il passato.
Mentre il battesimo che abbiamo ricevuto esige da tutti :
*un impegno responsabile;
*il dialogo;
*l’accoglienza reciproca nella varietà dei doni e dei servizi.
Ma la Chiesa, in quanto “comunione”, richiede a tutti i battezzati di dire, anche, tre SI, sia con le labbra che con la vita :
* SI alla corresponsabilità;
* SI alla comunione;
* Si alla continua riforma ispirata al Vangelo: La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo ed un’anima sola e nessuno considerava proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune ( At 4,32).
In questi tre NO e tre SI si esprime un popolo di cristiani adulti, liberi e fedeli a Cristo, capaci di farsi volto dell’amore trinitario fra gli uomini, impegnati nella continua conversione del cuore, a relativizzare le grandezze di questo mondo e a farci coscienza evangelicamente critica della prassi storica. Dobbiamo avere il coraggio di porre le nostre azioni, dove prima abbiamo messo le nostre parole” ! Questa è la coerenza del cristiano !

 

NOTE
1 - Lumen Gentium, n. 14
2 - Lumen Gentium, n. 8, 1.
3- Il Diritto canonico afferma che per istituzione divina esistono nella Chiesa due stati fondamentali: lo stato clericale e quello laicale (cfr. can 207,§1), mentre il terzo stato, quello dei religiosi è di istituzione ecclesiastica (cfr. Pio XII, Discorso “annus sacer”, 8 dic. 1950, Discorsi e radiomessaggi, vol. XII, p. 344). Esiste pertanto nel codice una bipartizione istituzionale e gerarchica fra chierici, laici e religiosi, fondata su diverse condizioni di vita e diverse finalità ( can 207, can. 1008). Non mi risulta che nel Vangelo, Gesù abbia sancito questa distinzione tra i suoi discepoli : chierici e laici. Si tratta solo di una distinzione giuridica che non ha niente a che fare con il Vangelo !
4 - Il clericalismo è stato stigmatizzato da Papa Francesco in un discorso tenuto ai responsabili del Celam il 28 luglio 2013 a Rio de Janeiro, dove mettendo in risalto la figura del parroco al quale lo stesso laico chiede di essere “ clericalizzato” perché in fondo gli risulta più comodo, nel senso che nella parrocchia tutto quello che accade è perché il parroco vuole che accada. Lui si considera il centro della comunità; tutto deve fare riferimento a lui; tutto deve essere filtrato da lui.
In tal modo il parroco nei confronti della parrocchia si può paragonare al “collo di una bottiglia”.
Ma, la sua ristrettezza di vedute, molto spesso, la subordinazione al suo consenso, la sue scarse conoscenze delle questioni sociali e culturali, i suoi pregiudizi nei confronti dei cambiamenti, possono impedire alla comunità parrocchiale di venire a contatto con nuove proposte pastorali, e conseguentemente di accoglierle ed aprirsi al cambiamento.
Il clericalismo –afferma papa Francesco – è come il tango, si balla in due: il sacerdote a cui piace clericalizzare, il laico che chiede di essere clericalizzato. Invece, bisognerebbe lasciare lavorare i laici in pace, non clericalizzateli”. Il papa Francesco vuole che si rispettino le vocazioni e ripete : il clericalismo è un peccato che frena la libertà della Chiesa” e ripercorrendo la sua esperienza rivela: “quante volte mi è successo che un parroco mi ha detto: ho un laico meraviglioso nella mia parrocchia, lo facciamo diacono ? Questo è clericalizzare !”
Quello che il papa Francesco, invece, si augura è “ vedere i vescovi assieme ai sacerdoti”, che è la cosa più bella di una Chiesa particolare, ma aggiunge: “abbiamo bisogno di sacerdoti vicini al popolo di Dio, abbiamo bisogno di vescovi vicini al popolo di Dio!



Sabato 19 Settembre,2015 Ore: 19:31
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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