- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (199) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org Ratzinger e Bergoglio, c’è continuità ?,di Rosario Amico Roxas

Ratzinger e Bergoglio, c’è continuità ?

di Rosario Amico Roxas

La diatriba che si sta svolgendo in Vaticano in questi giorni coinvolge ancora una volta, la pretesa continuità tra il pontificato di  Ratzinger-Benedetto XVI e l’attuale di Bergoglio Papa Francesco.
Il pontificato di Ratzinger, concluso con le dimissioni, meriterebbe di transitare velocemente  dalle pagine di una storia minima, al Limbo del dimenticatoio.  Grande è lo sforzo che Papa Francesco sta compiendo per riportare la Chiesa di Roma nell’alveo di un umanesimo che si sarebbe voluto superare con un neo illuminismo  di stampo pangermanico, come se non bastasse il pangermanesimo dei governi tedeschi.
Il più importante elemento di discontinuità tra i due pontificati sta nell’analisi e nella prassi dettata dal Concilio ecumenico Vaticano II.
Nella visione che fu di Benedetto XVI il Concilio andrebbe riletto secondo una visione storicistica.
Saremmo, quindi, vissuti nell’errore.  Per oltre 40 anni, da quando nel dicembre del 1965 Papa Paolo VI chiuse il Concilio Vaticano II, i fedeli, i teologi, i padri della chiesa  avrebbero interpretato in maniera erronea il Concilio stesso. Si sarebbero perfino divisi tra conservatori e progressisti per una disputa che non aveva ragion d’essere. Il Concilio, secondo l’interpretazione di papa Ratzinger, espressa nel corso di una riunione della  Curia romana, non fu rottura, non fu cambiamento,  al massimo si potrebbe parlare di  “riforma”.
E’ interessante che un sacerdote tedesco scelga proprio il termina “riforma” nel ventaglio di sinonimi disponibili. Non può essere un caso.  Per “riforma” si è sempre inteso un cambiamento radicale, al contrario Ratzinger attribuisce al termine  il significato di conservazione sostanziale dell’esistente, mentre il popolo della Fede vide  nel Concilio un momento di svolta e di forte cambiamento all’interno della Chiesa.  Il mondo cattolico non  si era diviso sull’opportunità di quel cambiamento, oggi sostenuto da Bergoglio, non vi erano dubbi sul fatto che il Concilio fosse stato una svolta.  La chiesa di Roma subì anche un piccolo scisma  intorno al cardinale ultraconservatore francese Marcel Lefebvre, che fu per questo scomunicato da Paolo VI.
Il Concilio Vaticano II fu un evento così trascendente ,che il mondo cattolico  lo definì con un italianismo dal significato incontrovertibile: “aggiornamento”.  Ratzinger scoprì che non ci fu nessun aggiornamento, inteso come un processo di stare al passo con i tempi.  Attenzione privilegiata ai poveri, rinnovamento nella dottrina, riti celebrati nelle lingue nazionali, questi furono i caratteri più evidenti di quell’evento voluto da Giovanni XXIII e portato a termine dal suo successore Giovan Battista Montini.
Per la prima volta la chiesa era “particolarmente dei poveri”, come affermò ripetutamente Giovanni XXIII. E solo così la Chiesa, che era stata di Pio IX, del Sillabo e delle scomuniche, erede dell’Inquisizione, uscì dal Medioevo.  Il “segno dei tempi” affermò nuovi ruoli per molte categorie trascurate, come il ruolo delle donne nella Chiesa, i poveri, i lavoratori, gli operai.
Ratzinger, allora cardinale, fornì la sua interpretazione con l’autorevolezza del ruolo che ricopriva:
con il Concilio non ci sarebbe stato alcun rinnovamento e meno che mai rottura con il passato dai retaggi medievali.  Ratzinger non lo dice, ma è evidente che considerava Roncalli in errore, e in errore anche Montini. Presso talune gerarchie vicine a Ratzinger la ventata innovativa piacque poco, ma il “segno dei tempi” prevalse.
La ripresa della polemica, alimentata dal  “Papa emerito” e da taluni cardinali nominati da Benedetto XVI,  non è altro che un attacco a Bergoglio, considerato, ancora oggi, come un usurpatore del trono di Pietro, che sarebbe dovuto  andare al card. Scola, secondo i disegni della Cei. Ne è la riprova il messaggio augurale che dalla CEI partì, appena vista la “fumata bianca”,  diretto al card. Scola, senza attendere i tempi tecnici  della  ufficializzazione dell’”habemus papam”; errore di analisi di quei tempi tecnici per la proclamazione, che confermò l’ipotesi di anomalo tentativo di intervento rivolto verso alcuni cardinali del Conclave, da parte della CEI, andato a male e ancor più malamente ricomposto  con un (deluso) successivo messaggio inviato a Bergolio.
Rosario Amico Roxas



Giovedì 22 Marzo,2018 Ore: 19:10
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
La chiesa di Papa Francesco

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info