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www.ildialogo.org “NON AMIAMO A PAROLE MA CON I FATTI”,di Maria Teresa D’Antea

“NON AMIAMO A PAROLE MA CON I FATTI”

IL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO NELLA GIORNATA MONDIALE DEI POVERI.


di Maria Teresa D’Antea

A conclusione dell’anno giubilare della misericordia, papa Francesco ha pensato di istituire la Giornata mondiale dei poveri. Non poteva non farlo. Dopo averci mostrato il volto misericordioso di Cristo, non ha potuto far finta di non vedere i volti induriti dall’indifferenza o imbruttiti dall’ostilità di tanti credenti di oggi
davanti al crescente spettacolo di una umanità lacera e spogliata di tutto. Non solo. E’ andato anche più in là quando ha affermato che “il mendicante è il protagonista della storia”. Solo lui poteva essere così lungimirante. Non più dunque il lavoratore è il soggetto rivoluzionario che debellerà tutte le ingiustizie, secondo la logica marxista, ma il mendicante, colui che è stato privato di tutto, anche del lavoro. Se noi non sapremo vedere questo nuovo soggetto storico non sapremo tirare fuori dalle nostre coscienze le energie necessarie per il buon indirizzo della storia umana.
La Giornata dei poveri si è celebrata domenica 19 novembre e per prepararsi ad essa si è fatto commentare in tutte le parrocchie il messaggio del papa, pubblicato quest’anno nel giorno della memoria liturgica di Sant’Antonio di Padova, il 13 giugno.
Il messaggio ha come significativo titolo un versetto della lettera di Giovanni: “Non amiamo a parole, ma con i fatti”. La concretezza di papa Francesco va subito al cuore del problema. Come si è creato nel popolo dei credenti un manierismo dell’umiltà, così si è venuto piano piano affermando un disastroso manierismo dell’amore, secondo il quale parliamo d’amore con molto compiacimento, ma difficilmente sappiamo compiere azioni che lo esprimano concretamente. Nel messaggio si sottolinea subito la contraddizione tra parole dette a vuoto e assenza di fatti concreti, cioè tra amore parolaio e amore espresso con i fatti. Ma quando si commenta la prassi della Chiesa primitiva, ricordata nel messaggio, che metteva in comune proprietà e sostanze per dividerle con tutti, mentre oggi è la più zelante nell’accumulare beni materiali fatti di proprietà e di denaro, nasce, come c’era da aspettarsi, un gran vespaio che nessuno certo vuole provocare ma è intrinseco al testo di papa Francesco. Laici e religiosi temono sempre che si parli di condivisione della ricchezza. Si crede scioccamente che i beni accumulati siano resi intangibili dalle leggi che li proteggono e difendono. E i più accaniti sostenitori di questo legalismo appartengono proprio a certo clero e a certi cattolici che credono di poter servire Dio e Mammona. Il problema è tutto qui. Il legalismo farisaico, come quello dei tempi di Gesù, sostiene a spada tratta il diritto alla ricchezza, mentre nel mondo avanza una povertà impressionante. Quando papa Francesco vede nel mendicante il protagonista della storia è profeta di verità, perché oggi il mendicante con la sua sola presenza e il suo silenzio scatena un gran subbuglio nelle nostre coscienze. Un subbuglio che non può essere placato sganciando qualche spicciolo di elemosina. Quella del mendicante è la più ardita e disarmata provocazione all’attuale assetto economico del mondo. Il mendicante è l’ “Ecce Homo” che Pilato mostrò alla folla inferocita dei ricchi farisei. E fu mandato a morte. Noi oggi siamo posti davanti alla medesima scelta: o mandiamo a morte il mendicante ( e per certi versi lo stiamo già facendo ) oppure salviamo noi e lui con una fraterna condivisione universale della ricchezza. Non abbiamo scampo. E non si dica più che abbiamo un papa comunista. Il suo Verbo non è Marx, ma Cristo. Sia chiaro, per piacere, a chiunque non l’abbia ancora capito.
Maria Teresa D’Antea
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Venerdì 24 Novembre,2017 Ore: 12:59
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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