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www.ildialogo.org LA SCOMUNICA: STRUMENTO DI DIO O DELL’UOMO?,a cura di Maria Teresa D’Antea

LA SCOMUNICA: STRUMENTO DI DIO O DELL’UOMO?

a cura di Maria Teresa D’Antea

All’Angelus di domenica 15 gennaio scorso papa Francesco lanciò una delle sue tante paterne esortazioni alla Chiesa, esattamente in questi termini: ”La Chiesa non annuncia se stessa. Se lo fa vuol dire che ha perso la bussola, non sa dove va”. Queste parole semplici chiare e inequivocabili mi riempirono di gioia perché mettevano il dito nella piaga, indicando il gap, lo storico iato tra vangelo e Chiesa. C’è ovviamente chi nega questa separazione tra la parola di Cristo e la Chiesa affermando che essa in tutta la sua storia ha solo comunicato la parola di Dio. E questo è incontrovertibile: le Sacre Scritture, per nostra fortuna, non sono mai state estromesse dai pulpiti. Ma è pur vero che nella sua secolare storia la Chiesa ha testimoniato più se stessa e il suo potere che il vangelo. Basta pensare alle guerre combattute abusando del nome di Dio, ai roghi accesi per chi non si uniformava, alla pena di morte mantenuta fino all’abolizione voluta da San Giovanni Paolo II, alla insaziabile fame di beni temporali che spinse Dante ad apostrofarla con l’epiteto graffiante e accorato di “puttana sciolta”, cioè senza freni. Eppure proprio a questa fantastica, grande “meretrice” dobbiamo il fatto di sentire ancora fra di noi il profumo d’alta montagna del vangelo, a conferma che Dio si serve anche del più infangato dei suoi figli per comunicarci il suo amore per noi. In altre parole, per farci intendere che la storia e con essa la Chiesa sono guidate dallo Spirito Santo e nessuno può bruciare la gramigna se non Lui, dopo averla fatta crescere insieme al grano.
Per questo sono rimasta amaramente sorpresa quando il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale presso la santa sede ha dichiarato alla stampa di avere in progetto la scomunica per mafiosi e corrotti. E’ vero che nel 2014 papa Francesco sulla spianata di Sibari a Cassano sullo Ionio ebbe a dire: “I mafiosi sono scomunicati”. La frase tuttavia non mi fece pensare a un intervento oggettivo di scomunica, come accadeva nel medioevo. La lessi infatti secondo la cifra teologica che vuole fuori dalla comunione di Dio e dei fratelli chiunque si macchi di peccato, dal più grave al meno grave. In parole più semplici: chiunque pecca si autoesclude dalla comunione dei santi, proprio come se si auto scomunicasse. E vidi papa Francesco sulla stessa linea del suo predecessore Giovanni Paolo II quando nel 1993 nella Valle dei Templi gridò ai mafiosi: “Convertitevi!” senza aggiungere anatemi tipici di una Chiesa preconciliare. Ora, per papa Francesco la corruzione, mafiosa e non, è una costante preoccupazione di pastore, anche per quanto riguarda quella all’interno della Chiesa e l’ha bollata come “cancro della società”. Ma non credo che il pontefice del giubileo della misericordia, cui spetterà l’ultima parola in merito alla proposta di scomunicare mafiosi e corrotti, contraddica il ministero da lui svolto fino ad oggi, ispirato solo all’esempio di Cristo che non giudica, non condanna ma salva, né tantomeno scomunica e anche quando è messo a morte dai suoi aguzzini invoca solo il perdono del Padre per essi. Una Chiesa che non ha presente questo esempio e lo stravolge erigendosi a giustiziera è appunto una Chiesa che propone se stessa e, come ha già detto il santo padre, “una Chiesa che ha perso la bussola e non sa dove va”.
Maria Teresa D’Antea



Venerdì 14 Luglio,2017 Ore: 18:10
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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