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www.ildialogo.org I MUSULMANI NON VANNO BENE NE' SE METTONO BOMBE NE' SE VANNO A MESSA,di Augusto Cavadi

I MUSULMANI NON VANNO BENE NE' SE METTONO BOMBE NE' SE VANNO A MESSA

di Augusto Cavadi

Riprendiamo questo articolo, su segnalazione dell'autore che ringraziamo, dal suo blog Augustocavadi.com
“Repubblica – Palermo”
3.8.2016
IL DIFFICILE CAMMINO DEI CATTOLICI DAL CARDINAL RUFFINI A PAPA FRANCESCO
Anche la Cattedrale di Palermo ha ospitato, durante la messa di domenica 31 luglio, una delegazione di musulmani recativisi in segno di solidarietà dopo l’assassinio del parroco francese per mano di due fanatici sedicenti islamici. Un segno confortante in un momento storico di lacerazione. Ma la cosa non è andata giù a una schiera (minoritaria se pur non esigua) di persone: da teologi vicini all’Opus Dei (mons. Antonio Livi) a vaticanisti della RAI (Aldo Maria Valli) e persino di giornali ‘progressisti’ (Sandro Magister dell’ “Espresso”) , passando per fedeli comuni abituati a chiamare i musulmani con l’epiteto (per loro offensivo) di  “maomettani”.
  La questione non è semplice. E’ una di quelle cartine di tornasole che evidenziano differenze radicali all’interno del mondo cattolico, prima ancora che tra il mondo cattolico e gli altri universi religiosi e culturali. Come ricordano i meno giovani fra noi, negli anni Sessanta si svolse a Roma il Concilio ecumenico Vaticano II, assemblea di tutti i vescovi del mondo convocati da Giovanni XXIII (che aprì il Concilio nel 1962) e da Paolo VI (che lo chiuse nel 1965).  Il Concilio emanò una serie di documenti sulla fede, sulla Bibbia, sulla chiesa, sui sacramenti, sui rapporti con le altre religioni, con gli atei, con l’intera umanità. Ma non fu un lavoro pacifico. I conservatori, capitanati dall’arcivescovo di Palermo, Ernesto Ruffini, e di Genova, Giuseppe Siri, volevano ribadire gli insegnamenti degli ultimi quattro secoli; i riformatori volevano apportare cambiamenti incisivi che riportassero i cattolici allo spirito evangelico dei primi secoli e alla grande tradizione del primo millennio. Il risultato fu ambiguo: in ciascun documento c’era abbastanza per dare ragione agli uni e agli altri. Giovanni Paolo II e soprattutto Benedetto XVI hanno dato un’interpretazione ‘continuista’ del Concilio; la maggioranza dei teologi e dei preti vi ha visto l’inizio di una rivoluzione troppo a lungo differita e adesso riconosce in Francesco un provvidenziale esponente della linea innovatrice.
Così ogni discorso, ogni gesto, ogni decisione di questo papa (per quanto gesuiticamente prudente) costituisce occasione di disputa.  Persino quando non si pronunzia – come non si è pronunziato esplicitamente sulla presenza dei musulmani nelle chiese cattoliche – il suo silenzio è motivo di divisione: tace perché approva o tace perché dissente? Alla base di ogni dilemma contingente ferve una questione radicale: che cattolicesimo si vuole? Il cattolicesimo identitario, dogmatico, convinto di essere portatore di tutta la verità e solo di verità, occidente-centrico, gerarchico e normativo o piuttosto un cattolicesimo transnazionale, critico, docile alle lezioni della storia e della scienza, dialogico, fraterno e rispettoso della coscienza dei fedeli?
Nel maturare una propria risposta personale andrebbero considerati almeno due criteri. Il primo: non può essere questione di gusti. Non si tratta di optare secondo le mode o le preferenze soggettive. Si dovrebbe studiare attentamente la storia della teologia cristiana dalle origini ai nostri giorni: ma sappiamo che lo studio in generale, e lo studio della teologia in particolare, non rientrano fra gli sport più popolari (neppure fra gli opinion makers).  Secondariamente: mentre ci si affanna sulle (irrinunciabili) differenze fra cristiani, ebrei e musulmani non ci si accorge che  - nella percezione comune – si tratta di dispute sempre meno comprensibili. Le tragedie del XX secolo non hanno messo in questione questa o quella confessione religiosa, ma l’idea centrale comune a ogni monoteismo: l’idea stessa di un Dio che abbia a cuore il destino degli esseri umani – anzi, di tutte le creature viventi. Chi si accalora tanto sul modo di adorare Dio non si accorge che la nozione stessa di fede religiosa è sotto processo, imputata di alimentare le violenze più atroci. Questo il papa venuto dalla fine del mondo l’ha capito benissimo: per questo a Cracovia ha sottolineato che la vera differenza è fra il fondamentalismo (ebraico, cristiano o islamico) e la fedeltà a un Dio intrinsecamente “misericordia”.
Augusto Cavadi
WWW.AUGUSTOCAVADI.COM



Lunedì 08 Agosto,2016 Ore: 20:31
 
 
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La chiesa di Papa Francesco

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