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ISSN 2420-997X

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www.ildialogo.org Ai firmatari dell’Appello per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti,di Vittorio Bellavite

Ai firmatari dell’Appello per la riabilitazione di Ernesto Buonaiuti

di Vittorio Bellavite

Cari amici, faccio seguito alla mail di venerdì scorso con cui ricordavo che oggi 20 aprile ricorrono i 70 anni dalla sua morte. Vi allego un file con le risposte e i testi che ho ricevuto in questi giorni. Sono di particolare interesse e vi invito a leggerli. Teniamoci in contatto reciprocamente e in modo non episodico. Scambiamoci informazioni e documenti. Un abbraccio fraterno
Vittorio Bellavite, a nome di tutti promotori dell’Appello

Oggi 20 aprile 2016 settanta anni fa Ernesto Buonaiuti concludeva la sua vita terrena. Informazioni dai firmatari dell’Appello per la sua riabilitazione
L’Appello con le ultime adesioni si può leggere su: noisiamochiesa.org
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Le riviste aderenti alla rete Viandanti pubblicheranno un lungo articolo su Buonaiuti di Maurilio Guasco: Il gallo in due parti sui quaderni di giugno e luglio/agosto. Francesco Ugo Basso.

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Trasmissione di Uomini e Profeti su Buonaiuti del 7 novembre 2015 condotta da Brunetto Salvarani con Barbara Faes e Maurilio Guasco:
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Testi di Buonaiuti segnalati da Paola Marone
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Mi scrive Cesare Milaneschi
Grazie. Io sto preparando la seconda edizione del mio testo Il  Vecchio Cattolicesimo in Italia, che uscirà nel 2017 presso l'Editore   Pellerini di Cosenza.    Se gli dai uno sguardo, vedrai che alcuni peronaggi (Ignaz von Doellinger,  Hyacinthe Loyson, Ugo Janni edaltri) hanno molto in comune col Buonaiuti. Un caro Saluto. Cesare Milaneschi
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Gian Giacomo Migone, Fredo Olivero, Stefano Zani , Mauro Matteucci e il Centro di documentazione e di progetto “don Lorenzo Milani” di Pistoia hanno firmato l’Appello
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Franco Barbero mi ha inviato questa bellissima mail:
Mi ha fatto molto piacere e grande emozione ricevere la tua comunicazione su Ernesto Buonaiuti, da settant'anni nella vita piena con Dio. Forse tu  sai che ricordare Buonaiuti costituisce per me un riandare, commosso fino alle lacrime, ad uno dei maestri che mi hanno toccato il cervello e il cuore.
Circa 40 anni fa, solo e sprovveduto, volli organizzare un convegno a Torino sulla sua figura e sulla sua opera. Mi contattarono Donini e Missir,  impossibilitati a  partecipare. Fu un piccolo convegno in cui fui umiliato e deriso dall'ufficialità cattolica e disperatamente alla ricerca di coprire le spese.
Poi nel 1981 gli dedicai uno dei miei piccoli libri "I diritti umani nella chiesa cattolica", Claudiana Editrice, ad un secolo dalla sua nascita.
Storie, vicende, gratitudine, scelte che restano ancora oggi nel mio cuore. Mi sembrava che fosse tempo di raccogliere il suo messaggio e non mi davo pace  del modo con cui ancora regnava un pesante silenzio su di lui.
Una vita alla ricerca e una morte senza arrendersi.
A te  grazie  per averci ricordato questa data e un forte abbraccio.
Franco Barbero
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L’Avvenire di domenica 17 aprile ha pubblicato questo articolo di Marco Roncalli
«Scomunicato il 1921, di nuovo il 26 marzo 1924. Dichiarato vitandus nel gennaio 1926. Morto il 20 aprile [1946] sabato santo. Quando le campane cominciarono ad elevare le loro voci sopra il silenzio della Passione, egli fece aprire anche l’altra finestra della sua camera per udire meglio il loro canto. Verso l’una dopo il mezzogiorno ad un tratto portò la mano alla fronte dicendo: Vengo meno, vengo meno, e spirò. Erano le 13,15. Morto dunque a 65 anni sine luce et sine cruce. I suoi ammiratori scrissero di lui che era uno spirito profondamente e intensamente religioso, aderente al cristianesimo con tutte le sue fibre, stretto da vincoli infrangibili alla sua diletta Chiesa cattolica. Naturalmente nessun ecclesiastico a benedire la sua salma; nessun tempio ad accoglierne la sepoltura. Parole del suo testamento spirituale fra il 18 e il 19 marzo 1946: 'Posso aver sbagliato, ma non trovo nella sostanza del mio insegnamento materia a sconfessione o a ritrattazione'. Dominus parcat illi… ». Così Giovanni XXIII, in un appunto del 1961, a proposito di Ernesto Buonaiuti, da lui conosciuto ai tempi del Seminario Romano. Sono trascorsi settant’anni dalla morte dell’alfiere del modernismo italiano (fenomeno che a detta di don Giuseppe De Luca visse a Roma di «rigovernature»: «Non un Laberthonnière, non un Loisy, non un Turmel […].Tanto meno un Tyrrel»), e chissà se si tornerà a riproporre lo schema consolidato dai due profili più noti dedicatigli. Il primo di Valdo Vinay, attento all’aspetto ritenuto 'ereticale' del biografato e al contesto, non a caso intitolato Ernesto Buonaiuti e l’Italia religiosa del suo tempo (Claudiana 1956); il secondo di Giordano Bruno Guerri, che avvolge l’«eretico« con il mantello del «profeta» (titolo, appunto, Eretico e profeta. Ernesto Buonaiuti, un prete contro la Chiesa, Mondadori 2001). Se è vero che il compito di un anniversario dovrebbe essere anche aprire percorsi inesplorati e verificare a distanza nel tempo la fondatezza di interpretazioni più ripetute che approfondite, ecco alcuni dati che vanno in questa direzione. Non sono passati inosservati, infatti, diversi spunti offerti dal convegno svoltosi a Roma nello scorso ottobre presso la Facoltà Valdese di Teologia su «Buonaiuti nella cultura tra modernismo e mondo evangelico»: l’incontro infatti ha indicato piste sin qui meno esplorate, dal circolo di Buonaiuti – discepoli, amici, nemici (sul tema è uscito da poco anche Una rete di amicizie. Carteggi dalla «koinonia» di Ernesto Buonaiuti,curato da Ottavia Niccoli per Viella), ai suoi rapporti con il mondo degli evangelici, come pure con filosofi, politici, editori. Sullo sfondo sempre il problema del modernismo, per Pio X la «sintesi di tutte le eresie». A questo proposito una nuova occasione per scavare nella personalità buonaiutiana potrà arrivare nel convegno del 22 aprile a Roma presso l’Istituto storico italiano per il medioevo, da un intervento di Paolo Vian su «Buonaiuti e il discepolo Raffaello Morghen», inteso a verificare il loro rapporto in quel contesto. Anche l’università La Sapienza lo scorso 18 marzo, in un convegno sul suo periodo costituzionale transitorio (1944-’48) con interventi di Giancarlo Pani e Francesco Margiotta Broglio, e in precedenza con l’intitolazione di un’aula, non ha dimenticato l’antico docente allontanato nel 1931 per non aver giurato fedeltà al regime fascista. Ed ecco infine, a sparigliare un po’ le carte, Francesco Mores che – ripartito dagli studi di Fausto Parente e Annibale Zambarbieri, lavorando sui nodi degli anni della formazione e successivi alla morte, attento al rapporto con Umberto Benigni e Angelo Giuseppe Roncalli – tratteggia ora un Buonaiuti «né eretico, né profeta». È quanto affiora dai suoi saggi introduttivi alle dispense dei primi corsi di Buonaiuti tra il 1904 e il 1906 al Seminario Romano (usate dal Roncalli docente e scoperte da Mores nell’archivio del Seminario di Bergamo): le «Lezioni di storia ecclesiastica» dedicate al medioevo (pubblicate dal Mulino nel 2012) e le «Lezioni di storia della Chiesa antica» (ora in libreria per le Edizioni di Storia e Letteratura): pagine litografate ad uso didattico dove si trova poco o nulla di «modernismo»: per questo Buonaiuti provò a cancellare le tracce del suo primo insegnamento? Certo, la persecuzione che anche il suo antico maestro Umberto Benigni scatenò contro di lui dopo il 1908 fece il resto, ma è da questo rapporto che pare utile ripartire per scrivere l’itinerario buonaiutiano. E rendersi conto – non limitandosi al dettato autobiografico del Pellegrino di Roma (1945) – di quanto veramente fu modernista e profeta.
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Ricordo di Maurilio Guasco per le riviste del circuito dei Viandanti

ERNESTO BUONAIUTI (1881-1946)

Un protagonista del modernismo italiano

In occasione della ricorrenza dei 70 anni della morte di Ernesto Buonaiuti (1881-1946), Viandanti e le riviste aderenti alla Rete dei Viandanti intendono fare memoria della figura dello studioso, protagonista del modernismo italiano.
Il ricordo, secondo le specifiche caratteristiche delle varie testate, è fatto contemporaneamente daDialoghi (Lugano/CH)Esodo (Mestre/VE)Il gallo(Genova)Koinonia (Pistoia)l’altrapagina (Città di Castello/PG)Matrimonio(Padova), Notam (Milano)Oreundici (Roma)Tempi di fraternità (Torino).
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Buonaiuti nasce a Roma il 25 giugno 1881, compie gli studi avendo come compagni i futuri storici e archeologi Manaresi, Belvederi e Roncalli (futuro Giovanni XXIII), viene ordinato sacerdote nel 1903, e due anni dopo sostituisce Bonaccorsi nella direzione della neonata “Rivista storico-critica delle scienze teologiche”. Per un certo periodo diventa in seminario titolare dell’insegnamento di storia della Chiesa, sostituendo il suo professore Umberto Benigni, ma poco tempo dopo sarà sospeso da tale insegnamento.
Intensità e fame di conoscere
Divenuto il maggiore protagonista del modernismo italiano nei primi anni del secolo XX, incorrerà nella scomunica dopo la pubblicazione di una risposta all’enciclica Pascendidel 1907, con la quale Pio X condannava il modernismo, una risposta che però sarà pubblicata anonima, e quindi Buonaiuti non si ritiene toccato da quella scomunica. Nel 1906 ebbe modo di incontrare a Parigi il vero protagonista del modernismo, Alfred Loisy, e l’anno dopo in Inghilterra George Tyrrell. Conservò un cattivo ricordo dell’incontro con il primo, mentre per tutta la vita sentì una forte affinità con il secondo, che tra l’altro sarebbe morto nel 1909.
Sono anni in cui Buonaiuti, ma sarà una caratteristica di tutta la sua vita, si dedica allo studio e alla ricerca con un’intensità e una fame di conoscere, da stupire molti amici e collaboratori. Giovanni Papini dirà di lui che era un “lettore infaticabile di libri d’ogni colore e tenore”. Già nel 1904 pubblica un saggio sulla storia dei dogmi, saggio che diventa la premessa di una lunga serie di interventi, note, recensioni che pubblica in diverse riviste: si occupa di correnti filosofiche contemporanee, della crisi della filosofia scolastica e si avvicina alla filosofia dell’immanenza, leggendo le opere di Blondel.
Da Loisy coglie la tensione di Gesù verso il Regno, la sua predicazione messianica, e soprattutto l’annuncio da parte di Gesù del Regno imminente, e tale annuncio escatologico diventerà uno dei temi dominanti di tutte le sue pubblicazioni successive.
Professore di storia del cristianesimo
Si dedica quindi allo studio delle origini cristiane, pubblicando un saggio sullo gnosticismo, mentre inizia a occuparsi anche di millenarismo. I suoi lavori iniziano però a sollevare critiche da parte di molti, fino a quando troverà nel gesuita padre Enrico Rosa, prima scrittore e poi direttore della “Civiltà Cattolica”, il più fiero e pignolo lettore e accusatore. Tra l’altro, a partire dal 1905, la rivista romana dei gesuiti diventerà il luogo privilegiato in cui i vari autori accusati di modernismo saranno attaccati e condannati; molti di questi incorreranno nei rigori di qualche Congregazione romana, cosa che a Buonaiuti succederà dopo diversi anni, probabilmente perché lo stesso Buonaiuti può godere di qualche silenziosa protezione di amici che si trovano a operare nelle diverse Congregazioni.
Divenuto nel 1915, dopo la vittoria al concorso, professore di Storia del cristianesimo nell’università di Roma, fu a più riprese richiamato o anche sospeso a divinis, anche se sempre ottenne la revoca delle condanne grazie alle sue frequenti sottomissioni non sempre approvate neppure dagli amici. Ma egli stesso avrebbe spiegato questo suo atteggiamento, scrivendo che “è necessario, in vista di più alti interessi religiosi, piegare il capo alla autorità che condanna per non rompere un’unità religiosa che nel sacrificio vivifica”.
Scomunica e perdita della cattedra
Fu comunque scomunicato negli anni Venti e quindi fu a rischio di perdere la cattedra nel 1929, in seguito agli accordi lateranensi firmati dal Vaticano con il fascismo. Non perse la cattedra, ma fu distaccato dal Ministero per occuparsi della pubblicazione delle opere di Gioacchino da Fiore. Il suo amore e la sua appartenenza alla Chiesa si manifesta anche nella sua ostinazione a non volere abbandonare il segno esterno di tale appartenenza, l’abito talare. Lo lascia solo quando vi è costretto dalla legge.
Quella cattedra che non aveva perso nel 1929, la perse poi nel 1931, quando fu uno dei pochi professori universitari a rifiutarsi di giurare fedeltà al regime fascista. Le ragioni del suo rifiuto furono solo in parte di carattere politico: la vera ragione era di carattere religioso. Fedele alla dottrina evangelica, Buonaiuti non accettava di fare un gesto condannato dal Vangelo. Lo scrisse egli stesso in una lettera inviata al rettore dell’Università romana: “A norma di precise prescrizioni evangeliche… reputo mi sia vietata qualsiasi forma di giuramento (F. Parente, Ernesto Buonaiuti, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1971, p. 80).
Sempre fedele, senza ritrattazione
Così, dopo il 1931, visse un lungo periodo di grande impegno scientifico ma anche di ristrettezze economiche, alle quali spesso ovviò grazie all’aiuto di alcuni suoi fedelissimi alunni e anche dalla possibilità di rispondere positivamente a tanti inviti per conferenze. Avrebbe forse potuto diventare professore ordinario in Svizzera, a patto di aderire alla Chiesa riformata: cosa che non volle fare, poiché per tutta la vita rimase in coscienza fedele alla Chiesa di Roma, come apparve chiaro anche quando pubblicò, nell’ottobre 1945, la sua autobiografia, che aveva come titolo una vera e propria dichiarazione di amore per quella Chiesa che lo aveva condannato: Pellegrino di RomaLa generazione dell’esodo.
Al momento della pubblicazione dell’autobiografia, stava pensando di occuparsi in modo diretto di politica, forse anche presentandosi candidato alle elezioni. Poco dopo però cadde gravemente ammalato e dal Vaticano inviarono alcuni, in particolare il cardinale Marmaggi, per una possibile riconciliazione con la Chiesa cattolica, a condizione che Buonaiuti firmasse un documento in cui si precisava che accettava tutte le posizioni della Chiesa e riprovava tutto quanto la stessa Chiesa riprova. Buonaiuti non accettò di firmare, e pochi giorni dopo morì. Era il 20 aprile 1946, la vigilia di Pasqua.
Maurilio Guasco
Professore Emerito di Storia del Pensiero Politico Contemporaneo
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Mail da Gianni Gennari ( a cui ho risposto che bisognerebbe che chi obietta sull’ortodossia di Buonaiuti argomentasse e documentasse bene questa posizione)
Caro Vittorio, come sai a suo tempo non ho sottoscritto l'appello. Ora esso si ripete, e allora in proposito per motivare la cosa nella sua completezza ti invio questa mia, che contiene due parti...
La prima è appoggiata su un ricordo illustre, e illuminante anche per oggi. Era il 12 settembre 1960 e Papa Giovanni venne a trovare i suoi seminaristi del Romano Maggiore a Roccantica, in provincia di RIeti, dove era la sede estiva delle vacanze del Seminario, e nella conversazione che ebbe, nel cortile, affabile, loquace, sorridente, ricordò che la sua seconda Messa di prete novello la aveva celebrata proprio lì nella Cappella del Seminario. Con lui c'era il Segretario di Stato, Tardini, Capovilla, il cardinale Mimmi, arcivescovo di Napoli, il vescovo di Sabina e Poggio MIrteto, e c'eravamo noi, circa 150 alunni del Seminario.
Nella foto dell'incontro tra questi si riconoscono tre o quattro attuali vescovi e un paio di cardinali...
L'atmosfera era quella di una confidenza felice. E il Papa ricordò quella sua seconda Messa, ove - disse - "mi faceva da assistente il povero don Ernesto". E vennero i ricordi del viaggio faticoso, in treno prima e poi su un carro trainato dai buoi sulla strada bianca e polverosa, che aveva fatto diventare bianche anche le vesti nere di tutti...
"Il povero don Ernesto": il prete, sospeso a divinis, "scomunicato da evitarsi", eretico dichiarato per decreto del S. Offizio, allontanato dalla cattedra universitaria dopo il Concordato, e mai restituito al suo posto anche dopo la fine del fascismo...Il prete cui la polizia fascista aveva dovuto portare via dalla casa l'abito talare, che lui continuava a tenere...Il prete che chi lo ha conosciuto ricorda fedele anche alla promessa di celibato fino alla morte, dopo quasi 60 anni nella mente, nel cuore e sulle labbra di Papa GIovanni era "il povero Don Ernesto", e "povero" voleva dire soltanto che era già oltre il passaggio
all'eternità...
Riabilitato come persona? Mi pare proprio di sì. Certo imbarazzante: il rettore del Seminario, dopo la visita, interrogato su chi fosse quel "povero don Ernesto" disse come in un sospiro reticente: "Buonaiuti"!
Riabilitato come vittima di ingiustizie, tante, ecclesiastiche e laiche, a ripetizione fino alla fine? Anche.
Seconda parte: se ho ben capito il tenore della richiesta di riabilitazione, fino dal primo momento, essa non si limita alla persona e ai torti subiti in conseguenza del suo pensiero da parte di uomini di Chiesa, ma vorrebbe non distinguere per niente anche in merito ai contenuti delle sue opere, e questo personalmente non riesco a condividerlo. Spinto anche dalla crudeltà del comportamento ecclesiastico del tempo, e purtroppo non solo del tempo come sappiamo bene, Ernesto Buonaiuti, il povero don Ernesto affermò e scrisse anche  idee che vanno oltre una professione di fede pienamente cattolica e anche cristiana: sulla divinità umana, e sulla umanità strettamente divina di Gesù, sulla realtà del "primato" del vescovo di Roma, sulla "infallibilità" anche nei termini precisi, e fondanti, della definizione del Vaticano I, che ha una base di fede cattolica, da non confondersi con l'infallibilismo, arma usata da tanti decenni proprio da quelli che ora non accettano molte posizioni di Papa Francesco, così simile in tante cose proprio a Papa Giovanni, e forse come scelte di vita ordinaria anche al "povero don Ernesto", che tale ha voluto essere considerato fino alla fine...
Caro VIttorio: non so se questa mia possa interessare altri, ma per quello che mi riguarda puoi farne l'uso che vuoi: forse con una piccola ammissione che anche Buonaiuti non può essere considerato sempre e in tutto condivisibile, perché non infallibile anche lui, le firme sotto la tua, e vostra petizione, tra le quali trovi amici e fratelli di una intera vita, potrebbero moltiplicarsi, ed ottenere anche ascolto, e qualcosa di più dalle persone cui l'appello è indirizzato. 
Ciao, con amicizia Gianni Gennari (anche e nome di Anna Maria)  
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Sintesi dell’incontro su Ernesto Buonaiuti del 27 aprile 2006 a Bologna a sessant’anni dalla morte
Nei confronti di Ernesto Buonaiuti in tutto il mondo cattolico c’è ancora una completa damnatio memoriae, tanto impietosa quanto fu l’accanimento nei suoi confronti da vivo fino alla sua morte sessant’anni fa, il 20 aprile 1946 a Roma. In questa ricorrenza l’unica occasione di ricordo è stata quella organizzata a Bologna il 27 aprile dalla Fondazione “Romolo Murri” e da “Noi Siamo Chiesa” con l’adesione delle Comunità di base, di “Adista”, di Confronti e di “Tempi di fraternità”. Significativo il titolo del ricordo del principale protagonista del modernismo italiano: “Ernesto Buonaiuti, un profeta inascoltato nella Chiesa” . Dopo l’introduzione di Alfonso Botti, Vittorio Bellavite di “Noi Siamo Chiesa” ha fatto presente che c’è nel mondo cattolico una sovrabbondanza di anniversari, di proposte di santi, di trionfalismi sui “modelli” che qualche volta cercano di “inquinare” anche il ricordo di quanti furono emarginati in vita ( Milani, Mazzolari, La Pira….); e poi c’è il silenzio indecente su quanti furono allontanati (Buonaiuti appunto) o costretti alla rottura.
Lorenzo Bedeschi ha poi fatto una magistrale ricostruzione del circuito di discepoli di cui fu circondato Buonaiuti, ricordando che egli non va riscoperto solo per quanto ha detto ma anche per la sua santità .Lo storico Rocco Cerrato ha tenuto la relazione centrale. I punti centrali del pensiero di Buonaiuti sono la centralità del Regno di Dio nell’esperienza cristiana, la caratteristiche escatologiche del Regno, il confronto con la Parola e il confronto tra la Chiesa e le prospettive del Regno. Cerrato si è poi soffermato sul rapporto tra fede e politica nel modernismo e in Buonaiuti (la denuncia profetica della fede rispetto alla politica) ed il suo rifiuto del fascismo che lo privò definitivamente della cattedra universitaria. Tutti i problemi posti da Buonaiuti sono ancora i problemi di fronte ai quali si trova oggi il credente consapevole. Franco Barbero, dopo aver ricordato l’importanza del Buonaiuti nella sua formazione personale, ha poi affermato che il messaggio di Buonaiuti è ancora indigesto ( lo stesso Gibellini nella sua storia della teologia del ventesimo secolo lo ignora) e che sono ancora aperte le questioni da lui poste come il rapporto con la modernità, l’uso del metodo storicocritico, l’autonomia della ricerca storica, la storicità delle formule dogmatiche, il problema della transustanziazione , la libertà della ricerca teologica. Infine Sergio Ribet , della chiesa valdese, ha ricordato discussioni ed interventi di Buonaiuti in relazione con alcune pubblicazioni della ricerca teologica evangelica. Il dibattito successivo è stato privo di qualsiasi spirito agiografico ma però espressione di grande stima per la ricchezza e l’attualità del pensiero e del percorso di Buonaiuti, ritenuto un maestro da riprendere e riscoprire.
Tra gli interrogativi emersi quello del suo fortissimo senso di appartenenza alla Chiesa cattolica che gli impedirono di pensare a un passaggio al protestantesimo, le cui chiese però molto lo aiutarono, anche materialmente, ascoltandone il messaggio con grande attenzione.



Martedì 26 Aprile,2016 Ore: 20:14
 
 
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