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www.ildialogo.org CHIAMATEMI FRANCESCO,di CARLO CASTELLINI

Film
CHIAMATEMI FRANCESCO

di CARLO CASTELLINI

IL FILM CHE RACCONTA IL PERCORSO RELIGIOSO, PSICOLOGICO E UMANO CHE AVREBBE CONDOTTO JORGE MARIO BERGOGLIO SULLA CATTEDRA DI PIETRO VOTATO DAI SUOI FRATELLI CARDINALI


INTRODUZIONE.
Sono andato a vederlo su consiglio di un amico che tiene molto al decoro della sala, cioe' alla presenza di persone motivate. Gli esperti lo fanno passare come film consigliabile e realistico. In effetti, a fine proiezione, si può conoscere meglio a personalità del papa venuto da lontano. Dopo ERMANNO OLMI, e il suo film documentato sulla vita di GIOVANNI XXIII, di ZANUSSI, e ora con LUCHETTI, abbiamo tre film per tre papi. Su altri papi abbiamo documentari ben conservati negli archivi della Rai. Il film di Luchetti è descrittivo e narrativo, con un ritmo di sequenze sostenuto che non stufa; ci racconta parte della vita di Bergoglio, quando ancora giovane liceale frequenta i suoi amici, ha la sua fidanzatina, fino a quando ancora ventenne sente una voce interiore che lo chiama ad un impegno più grande e a lasciare tutto. Decide di farsi prete, e viene accolto, dai superiori dei Gesuiti, che lo ascoltano e lo consigliano. Lui ha giù un'idea chiara in testa: vorrebbe partire come missionario in Giappone. Ma anche i superiori che lo esaminano hanno un loro progetto: cercano di orientarlo sulla retta via, e di frenare i suoi slanci giovanili e il suo naturale desiderio di ben figurare. La strada indicata dai suoi superiori conduce a Buenos Aires tra i poveri, e i meno abbienti e gli emarginati. Per le sue qualità umane, psicologiche e spirituali, assume ben presto compiti di rilievo e diviene Provinciale dell''Ordine. Limpressione che lascia in tutti è quella di un uomo riflessivo, ma anche attivo e costruttivo, che si indigna ma non perde la calma, anche contro i metodi dittatoriali e dispotici del generale VIDELA: che comanda militari senza scrupoli che eseguono ordini omicidi e liberticidi. Ma Bergoglio di fronte a tutto questo reagisce con determinazione anche quando il card. PIO LAGHI si reca dai Gesuiti e li consiglia di accettare la versione ufficiale della morte dei due confratelli perseguitati, come semplice incidente d'auto. Ma Bergoglio non crede all'incidente d'auto, non si piega e si guarda bene dall'abbandoanre i due confratelli peseguitati. Intanto il nunzio apostolico amico dei dittatori, viene sostituito da PAOLO VI e gli subentra il CARD. GUARRACINO, arcivescovo di BUENOS AIRES che lo stima lo accoglie dopo averlo invitato ad uscire da quella sorta di autoesilio in zone periferiche e lo convince a tornare e a dargli una mano come Vescovo Ausiliario. Accetterà a malincuore, ma sua volta cistringerà il suo superiore a svestire i panni dell'ecclesistico di curia e ad assumere i panni dei poveri e degli emarginati dei quartieri più abbandonati. Poi il resto della sua carriera lo conosciamo. Verrà chiamato a Roma dai confratelli cardinali elettori, che lo eleggeranno e sceglierà per sé il nome di papa FRANCESCO. Noi vogliamo sperare che il bagno di folle, sia a Cuba che in Messico, sia il degno coronamento di una scelta indovinata, di un papa immerso nei problemi della sua gente che lo applaude come una persona “mite che erediterà la terra”. (Carlo Castellini).
I GIUDIZI DELLA STAMPA NAZIONALE.
E' già entrato nel cuore e nella mente di tutti questo modo rapido di chiamarlo, di salutarlo e di parlarci, diretta conseguenza di quel “Buona sera”, così semplice e familiare che il Pontefice volle rivolgere a Piazza San Pietro la sera della sua elezione.....Sono passati appena due anni ed ecco nei cinema CHIAMATEMI FRANCESCO un film su papa BERGOGLIO. Il fil ripercorre 50 anni di storia con pulizia e precisione: dalle vittime dei militari alla generosa dedizione di Bergoglio per indifesi e ultimi. Il quadro è sincero, giusto, coerente.
Allo stesso tempo segnato da un tono didattico che forse è utile per coinvolgere di più il pubblico ma al contempo rinuncia ad ogni sguardo profondo, inquieto, sofferto. E' il Francesco della gioia e della chiesa aperta a tutti. E' il papa che non teme un film, anche se non del tutto riuscito. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare come consigliabile e nell'insieme come realistico. (COMMISSIONE NAZIONALE VALUTAZIONE FILM: CONSIGLIABILE/REALISTICO).
L'italiano DANIELE LUCHETTI è regista del film su Papa FRANCESCO felicemente regnante come si diceva una volta. Qui il nostro regista che ha dato all'Italia delle opere egregie, sembra arrivato al suo capolavoro. Con un realismo segnato spesso dall'emozione e arrivando in più momenti alla commozione addirittura. Pur privilegiando sempre l'asciuttezza e il rigore. A cominciare dagli anni giovani del suo personaggio quando JORGE BERGOGLIO è studente a Buenos Aires e al potere c'è ancora il peronismo. La sua famiglia, gli amici, perfino una fidanzata. Ma gli arriva la Voce che lo chiama e il giovane Bergoglio entra nella compagnia di Gesù. preparandosi al sacerdozio cui vede come meta una missione in Giappone. I superiori tuttavia gli indicano la vera strada, la missione, proprio a Buenosa Aires, fra i miseri, i poveri, gli ultimi ai quali si dedica con tanto fervore da non tardare a ricoprire tra i Gesuiti incarichi di grande responsabilità come Provinciale dell'Ordine. Nel frattempo però la politica accanto a lui è profondamente mutata, il potere l'hanno cponquistato i militari comandati a un certo momento dal bieco e nefasto generale VIDELA, che chi gli si opponeva faceva imprigionare, torturare e poi uccidere facendolo buttare a mare da un aereo in volo. E BERGOGLIO di fronte a tutto questo reagisce con forza e decisione anche quando il Nunzio Apostolioo – era il cardinale PIO LAGHI - va a dire ai Gesuiti di accettare. per l'uccisione di due confratelli, la versione ufficiale del semplice incidente d'auto. PADRE BERGOGLIO non si piega e si guarda bene dall'abbandonare i suoi confraelli finchè, sostituito da PAOLO VI il Nunzio amico dei dittatori, l'arcivescovo di BUENOS AIRES, CARD. GUARRACINO, lo volle suo vescovo Ausiliare. La strada era aperta per quella sera del 13 in cui tutti noi ascoltammo in ginocchio l'HABEMUS PAPAM”. Una conclusione che LUCHETTI ha guardato con intensa e calda ispirazione continuando a scavare nel profondo ambiente e psicologia di quel grande personaggio dal quale, anche oggi, sentiamo difendere gli di comando ultimi. A Roma e nel Mondo. (GIAN LUIGI RONDI, IL TEMPO, 2/12/'15).
Se c'è un regista che poteva azzardarsi a raccontare un papa in piena attività, questo è LUCHETTI, sempre attratto dagli incroci tra destini individuali e tempeste della storia. Però CHIAMATEMI FRANCESCO non è affatto come dice un film inchiesta. I film inchiesta, con le vicende indagate,, mettono in scena il dubb0 la verità, l'impossibilità di sapere e raccontare la verità. Qui invece dubbi
e tpormenti stanno solo da l'angoscia, con cura su facce,, tipi, ambienti (peccato vedere il film in italiano, in spagnolo deve avere un altro sapore), sceglie un racconto a tutto tondo che dribbla l'agioigrafia in agguato,, ma non sempre riflette fin in fondo dei tempi che Bergoglio attraversa. Dai primi anni '60 quando scopre la propria vocazione, a quando viene eletto Papa, passando soprattutto attraverso l'ARGENTINA dei generali. Così il film diventa, sottilmente la storia di un apprendistato del potere. Lo intuiamo subito quando il giovane gesuita si sente dire che non lo manderanno a fare il missiinario in Giappone, perchè “vuol essere ammirato, non aiutare davvero”. E ne abbiamo coscienza davvero quando un cardinale ripesca Bergoglio nelle campagne in cui si è autoesiliato dopo la fine della dittatura perchè la Chiesa, che come abbiamo visto non è stata esente da compomissioni con i militari, cerca “un mediatore con esperienza di comando che ci aiuti con le periferie”. In queste zone d'ombra, solo suggerite, sta il meglio di un film forse meno cauto di quanto sembri (pensiamo anche al momento decisivo in cui Bergoglio comunica ai confratelli impegnati in una zona molto povera dove vivono oppositori armati al regime, che dovrà togliere loro la protezione della Chiesa. Risposta:”Noi non c'entriamo niente con la lotta armata, ma c'entriamo molto con questa gente”. Ma è molto interessante anche la linea femminile del film. Dalla fidanzata piantata su due piedi, all'adorata professoressa di Chimica, che finirà scaraventata in mare dai militari, alle suore che invece di tre ricercati da nascondere in convento gliene portano una dozzina,, le donne sono sempre più avanti, più radicali. E molto più sfortunate. Forse è anche per questo che da loro Bergoglio impara molto. (IL MESSAGGERO, 27/11/2015, FABIO FERZETTI).
Un indubbio danno a CHIAMATEMI FRANCESCI lo provoca proprio il suo finale coinvolgente. Quando le immagini di repertorio post fumata bianca mostrano il vero neo papa Francesco affacciato al balcone mentre si rivolge alla piazza con l'umile e ormai celebre “fratelli e sorelle”, Buonasera”: a questo punto in fatti il film appena visto sembra bruciato dall'impari confronto e consegnato dalla fiction agiografica in stile vecchia tv.D'altra parte risulta lampante come il biopic di JORGE BERGOGLIO produzione TAO DUE di sicuro interesse (già quaranta acquirenti dall'estero), un certo coraggio e un munifico budget, sia in pratica un estratto della versione principale di 200 minuti suddivisi in quattro puntate per il piccolo schermo: il montaggio per le sale che mina a colpi di tagli ed ellissi molti episodi importanti non fa secondo noi che immiserire un copione già troppo specioso e squilibrato e un taglio narrativo, al contrario piatto e pantomimico. Come s'intuisce dallo start, quando il cardinale argentino alla vigilia del conclave, regala all'edonistico ramonto romano un pensierino pizza-e-fichi “Ma che ci faccio qui? Alla mia età la gente va in pensione”), lo slancio magari genuino di LUCHETTI tende a tradursi in un riassunto della vita di BERGOGLIO – interpretato decorosamente dai 25 ai 60 anni da RODRIGO DE LA SERNA, e poi da SERGIO HERNANDEZ – in stile WIKIPEDIA, con l'unico approfondimento riservato agli anni macchiati dalle gesta della giunta militare. Ad un certo punto si potrebbe addirittura classificare CHIAMATEMI FRANCESCO come un film sugli anni della dittatura di Videla in cui si ha la netta impressione che l'andirivieni temporale riguardante i giorni spensierati con la famiglia comprensiva, amore per il calcio e per il tango, e la fidanzatina lasciata sul più bello ,l'elogio della rabbia e l'orgoglio femminili o la chiamata a Roma con il sorridente plebiscito tributatogli dai confratelli cardinali fino a poco prima tratteggiati con schizzi di veleno facciano perdere tempo al regista, ansioso solo di esibire la fedina politica dell'ex-giovane superiore gesuita, che non sarebbe stato complice dei generali, bensì un ardito e abile mediatore dal cuore decisamente orientato sulla retta via dell'impegno sociale. Dispiace insomma, che che la possente e complessa icona del “PAPA DELLA GENTE”, il suo percorso spirituale e il suo
apprendistato al potere siano divulgati da un film così convenzionale, teso in fin dei conti soprattutto a rassicurare i laici più sospettosi e i complottisti più arcigni. IL MATTINO, 03/12/2015, VALERIO CAPRARA).
DANIELE LUCHETTI ha dedicato vera passione ad una figura che la merita in pieno. Conosciamo il poco più che ventenne MARIO JORGE che ha la ragazza e tanti amici, ha studiato chimica, e lavora in un laboratorio, si astiene dall'animosità del confronto tra peronisti e non, e con sorpresa generale si fa prete con l'ambizione mai realizzata di partire missionario. Ma lozoccolo duro riguarda il periodoo della dittatura tra 70 e 80. Quando già BERGOGLIO è a capo dei gesuiti argentini. Del personaggio viene valorizzata la capacità di mediazione esercitata proteggendo in particolare ecclesiastici in prima linea senza esporsi oltre la misura della collisione con il regime e i vertici cattolici. Vediamo, ma non sappiamo se è licenza narrativa, una sua visita perivata al boia VIDELA per difendere le vittime di una repressione feroce che, appunto, non quella risparmiò quella parte della Chiesa apertamente schierata contro gli abusi. La storia è ovviamente ricca di interesse, il film non passerà alla Storia. (LA REPUBBLICA, 3/12/2015, PAOLO D'AGOSTINI). (a cura di Carlo Castellini).



Sabato 27 Febbraio,2016 Ore: 19:03
 
 
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