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www.ildialogo.org Nella “CHIESA” di OGGI…,di Perin Nadir Giuseppe

Nella “CHIESA” di OGGI…

Sarà possibile continuare il “cammino di spogliazione” – già iniziato da Papa Francesco - da tutto ciò che non è evangelicamente compatibile e necessario ?


di Perin Nadir Giuseppe

Troppo spesso, nella mente della maggioranza dei battezzati, la parola “Chiesa” fa riferimento e circoscrive il significato del termine ai ministri permanenti dell’istituzione, alla gerarchia, al magistero e non al “popolo dei credenti che si raduna”.

Questa purtroppo è una delle tante “ferite” prodotte dalla storia, alla “Comunità dei battezzati e credenti in Gesù di Nazareth” che ha visto il popolo di Dio dividersi tra chierici, da un lato, che detengono il potere di insegnare, di governare, di santificare, amministrando i sacramenti e dall’altro, i laici ridotti ad un ruolo passivo e sottomesso.
Gesù non ha fondato “la Chiesa” con la struttura che oggi conosciamo. Tale struttura è nata per mano e volontà degli uomini che dopo tanti secoli di storia sono riusciti a “deformare il volto della Chiesa”.
Gesù ha annunciato il “Regno di Dio” che non viene in modo da attirare l’attenzione per cui nessuno potrà dire: “eccolo qui o eccolo là. Perché il Regno di Dio è in mezzo a voi” ( Lc 17,20).
L’atteggiamento di chi “accoglie il regno di Dio, annunciato da Gesù, è quello di “mettersi al servizio gli uni degli altri”, proprio come ha fatto DIO che in Gesù si è svuotato della “forma di Dio” per rivestirsi della “forma di schiavo”.
Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli pur essendo di condizione divina, non considerò suo bene esclusivo l’essere uguale a Dio, ma annientò se stesso, prendendo la condizione di schiavo, diventando simile agli uomini” ( Fil 2,5-7).
Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi esercitano su di esse il potere. Tra di voi non deve essere così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo; come il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”(Mt 20,24- 28).
La sua morte aveva simbolicamente stracciato il “velo del Tempio” che separava il sacro dal profano, il puro dall’impuro.
Ma gli uomini, già dopo i primi quattro secoli di storia, sono riusciti a ricucire quel velo, a separare nuovamente il sacro dal profano, sacralizzando un “corpo di chierici”, separando il puro dall’impuro ed instaurando nuovamente dei riti sacrificali.
Ed è così che il “presbitero” scelto, inizialmente, dalla comunità cristiana perché - dopo l’imposizione delle mani da parte del vescovo e la preghiera d’ invocazione dello Spirito Santo – “avesse cura del gregge di Dio che gli era stato affidato, sorvegliandolo non perché costretto, ma volentieri, come piace a Dio; non per vergognoso interesse personale, ma con animo generoso, non come padrone delle persone a lui affidate, ma facendosi modello del gregge” ( 1Pt 5,1-3), divenne il “Sacerdote”, non più scelto dalla comunità, ma dal vescovo della comunità, perché “Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne”(Ebr 5,4)
E come ogni sommo sacerdote, è scelto fra gli uomini e per il bene degli uomini, viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza.
A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come lo fa per il popolo.
Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo, Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì, come è detto in un altro passo della Scrittura: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchisedeck” ( Ebr 5,1-6).
Nel trambusto delle varie posizioni, la Chiesa ha iniziato un cammino di umanizzazione, accettando di riconoscersi e di presentarsi nella sua fragilità di identità e di missione.
Benedetto XVI, con le sue dimissioni, è stato il primo a rompere l’incantesimo dell’identità tra persona e ministero, mentre Papa Francesco ha fatto del suo ministero petrino un cammino di spogliazione del papato da tutto ciò che non è evangelicamente compatibile e necessario.
Da una chiesa ferita e nuda, senza inutili veli, come lo era dai tempi apostolici, si può ripartire nella duplice e inscindibile fedeltà a Dio e all’umanità, immaginando una nuova sintesi calcedoniana, ma a livello antropologico questa volta, senza confusione, né separazione.
Per questo Papa Francesco ha indirizzato la rotta della Chiesa verso il cammino di conversione.
La vela della barca di Pietro è stata interamente srotolata, tanto che il vento dello Spirito può soffiarvi dentro, sospingendola ancora una volta “al largo” ( Lc 5), senza che la zavorra di tanti pesi inutili, ne arresti la corsa[1] .
Ma la vela gonfia di vento riuscirà a vincere il peso dello scafo e lo renderà leggero se il timoniere della “barca” avrà il coraggio – e papa Francesco, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo dimostra di avere questo coraggio - di iniziare un processo di spogliazione della “zavorra”, cioè un processo di declericalizzazione delle strutture e dello stile nella vita della Chiesa, rinunciando “continuamente alla mentalità di un potere ricevuto e da esercitare” per riprendere, invece, ogni giorno, ad imitare ed assumere i “sentimenti” ( Fil 2,5) e lo stile di Gesù che si è messo ai piedi dell’umanità.
Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese la veste, sedette di nuovo e disse loro : “Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene perché lo sono. Se dunque, io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.
Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi.
In verità, in verità io vi dico : un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica( Gv 13, 12-17).
I Chierici devono scendere dal “sicomoro” del sacro.
Essere prete e svolgere il ministero presbiterale vuol dire essere dei mediatori, perché il mediatore è colui che fa parte di entrambe le realtà che deve collegare tra di loro : l’umano e il divino, proprio come Gesù che è “vero Dio e vero uomo” e non degli intermediari, perché l’intermediario è un terzo che avvicina soltanto tra loro due realtà, senza però farne parte.
Anche i laici e, in modo particolare le donne, devono essere loro stessi profeti di un modo nuovo di essere Chiesa, cioè un modo sempre più discepolare e sempre meno clericale, non sognando un posto tra i chierici, ma chiedendo a questi di prendere posto tra loro (uomini e donne)… per essere come loro dei “profeti” [2].
Solo la spogliazione dei segni umani del potere, ereditati dal “Pontefice Massimo” - che era l’imperatore di Roma – per assumere il “grembiule del servizio” renderà la Chiesa capace di costruire ponti senza rinunciare all’essenziale verità del Vangelo che è l’umiltà ed il servizio.
Ma, prima di aprirsi a nuovi cammini e ad adeguate soluzioni, è necessario partire da un nuovo atteggiamento da avere, sia verso se stessi che verso il mondo.
La piramide della Chiesa si è capovolta, provocando forse dei capogiri, ma deve essere sempre il pastore – in questo caso Papa Francesco - che deve camminare davanti a tutte le pecore, per aprire orizzonti sempre più ampi.
Le pecore ascoltano la voce del pastore : egli le chiama per nome e le conduce fuori. E, quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce” ( Gv 10, 3-4)
Noi, invece, siamo abituati a pensare che il pastore debba restare nelle retrovie per evitare gli assalti dei lupi, alle spalle.
Ciò che risalta nel ministero di Papa Francesco, come Vescovo della Chiesa di Roma che presiede alla carità di tutte le Chiese, è proprio quello di lavorare per il cambiamento del modo di “essere Chiesa”, in modo particolare contro il “clericalismo” diventato ormai una struttura inveterata ed incancrenita della “Comunità ecclesiale”.
Se non si esce da questo vicolo cieco del clericalismo, è impossibile procedere ad una riformattazione reale e duratura della compagine ecclesiale perché il “clericalismo” è la piaga più pericolosa che rischia di infettare l’intero “organismo della Chiesa”, indebolendo la sua carica testimoniale a favore di una sorta di autoconservazione, mascherata dal dovere di custodirei valori perenni ed irrinunciabili”, non tanto proposti dal Vangelo, ma imposti da leggi umane, a salvaguardia del proprio potere.
Guai a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito ! ( Lc 11,46).
Spesso si ha l’impressione che i chierici guardino alla vita della gente come ad una perenne gita di piacere, tale da rendersi necessaria un’azione arginante, quasi per paura che la gente si goda troppo la vita.
Questo è dovuto al fatto che i chierici guardano alle persone e valutano le situazioni dal piedestallo di una “supponenza” che si sente quasi esente dal lavoro e dalla fatica di molti, senza accorgersi che, in realtà, sono proprio i chierici a dare l’impressione alla “gente comune” di spassarsela ben più degli altri, vivendo in situazioni normalmente privilegiate sia a livello economico, che a livello affettivo, indulgendo a non poche forme di ipocrisia quasi per sopravvivere e far fronte alla propria complessità e ambiguità.
Bisognerebbe avere il coraggio di parlare con chiarezza e verità anche della vita relazionale dei chierici e dei consacrati che sono chiamati ad essere i primi evangelizzatori di situazioni che non riguardano soltanto gli altri, ma anche coloro che sentono il dovere di “pontificare” senza compromettersi e verificarsi in prima persona.
L’atteggiamento di reale compromissione con e nella vita di tutti viene spesso pensato come possibile, qualora ci sia - da parte di chi è chiamato ad avere questo atteggiamento - una sorta di ipocrita esenzione dai mali che affliggono sempre e solo gli altri, ma che invece toccano anche i chierici e i consacrati, nella sfera più intima della loro vita.
Bisogna impegnarsi seriamente a “trovare vie e modi” per aiutare le persone ad affrontare e metabolizzare un “fallimento nella propria vita di relazione”, aprendo percorsi reali e dignitosi di riconciliazione, convinti che non è vero che la Chiesa non possa cambiare la prassi cui è abituata.
La Chiesa deve avere il coraggio di prendere ancora una volta il largo (Lc 5,4) spogliandosi davanti al mondo come Chiesa, perché nessuno si vergogni davanti alla Chiesa.
La Chiesa è ancora una volta simile ad una barca scossa dalle onde di varie correnti.
Una barca in cui alcuni marinai, felici perché si è alzato un vento ritenuto favorevole, issano le vele per riprendere alacremente la navigazione. Mentre altri marinai, contemporaneamente, calano l’ancora per paura che quel medesimo vento, ritenuto pericoloso, porti la barca alla deriva o la faccia incagliare tra gli scogli.
Mentre tutto ciò avviene, il Signore sembra dormire placidamente sul suo “cuscino” (Mc 4,38), non ignaro del trambusto, ma abbastanza disinteressato.
Il Signore, ancora una volta, lascia che ci agitiamo, che ci impauriamo, persino che ci arrabbiamo e, solo dopo che noi avremo dato fondo alle nostre risorse e alle nostre liti e andremo a svegliarlo chiedendogli di aiutarci e salvarci, Gesù riporterà la pace nel cuore.
Non bisogna temere il lavoro creativo di una fedeltà al Vangelo, spesso difficile, ma sempre necessaria.
La sfida perenne per la Chiesa - che non è chiamata a salvaguardare se stessa, ma a farsi mediazione di salvezza in ogni situazione ed in ogni contesto di vita - è quella di raggiungere le persone nel loro elemento normale di vita per lasciare che entrino nella rete del Vangelo.
Oggi facciamo fatica a trovare un equilibrio tra le esigenze irrinunciabili dell’Incarnazione e dell’incardinazione del messaggio del Vangelo nella storia e nella cultura e la salvaguardia della trascendenza e delle esigenze di fedeltà al disegno e al desiderio di Dio che crea come salva e salva come crea.
Non è facile tenere insieme in modo ordinato e vitale l’esperienza della salvezza, come finestra per intuire le ragioni della Creazione, senza dimenticare il messaggio di conversione già presente in essa.
Ci sono delle tentazioni da saper attraversare con coraggio e discernimento.
E’ necessario far sentire a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo, in particolare a quanti portano il peso di situazioni complicate, ma non per questo automaticamente colpevoli, una “compagnia solidale e non una tolleranza altezzosa.
Da ogni ricerca autentica, onesta, di percorsi capaci di ridare speranza, non escono fuori né vincitori, né vinti !
Il volto con il quale la Chiesa oggi si presenta al mondo è il volto di una Chiesa ferita.
Una ferita che è frutto di un combattimento antico tra le ragioni dell’ispirazione e la continua necessità, invece, di reinterpretare le situazioni; tra il dovere di insegnare e quello altrettanto urgente di ascoltare; tra la tendenza a ribadire e l’attesa di molti a ripensare; tra la fedeltà a Dio e al Vangelo eterno che “invera” in una fiducia nell’uomo ed una simpatia cordiale per la storia.
Ma, se la Chiesa è il Corpo di Cristo crocifisso e Risorto, questo corpo sarà ferito e piagato da sempre e per sempre, fino a quando durerà la storia dell’uomo sulla terra.
Forse, la novità sta nel fatto che la Chiesa non solo è ferita, ma è nuda e come tale condivide in toto la situazione dell’umanità sempre più ferita e nuda.
La chiesa vive nel suo interno, la stessa fatica che vivono le persone, soprattutto nelle loro relazioni affettive e di cura reciproca.
Si tratta della fatica che si fa a capire se stessi per aprirsi ad un cammino di comprensione e di accoglienza e di cura degli altri.
Tuttavia, l’appartenenza sociologica alla chiesa, lascia spazio all’autenticità dell’impegno e alla profondità della fede e la stessa diminuzione del numero dei preti è un’opportunità provvidenziale per rivedere il ruolo predominante dei ministri della chiesa.
Sotto la spinta dei bisogni delle comunità sorgono dei laici, uomini e donne, per rendere un servizio e ritrovare così il senso del ministero.
La loro azione cambia il volto della Chiesa che in tal modo appare più vicino, meno dominatore e moralizzatore.
Sfortunatamente ci sono ancora molti blocchi psicologici e strutturali provenienti dai “chierici” che impediscono di ridare al popolo dei credenti la sua piena dimensione.
Ma, la divisione della Chiesa in due caste, chierici e laici, si mostra ogni giorno di non corrispondere più al senso “democratico” che deve avere lo scorrere della vita dell’uomo nelle sue relazioni con l’altro, ma soprattutto non è conforme al Vangelo.
Non chiamate nessuno Maestro, perché avete un solo maestro” ( Mt 23,8).
E, sappiamo che questo Maestro, chiamato Gesù, ha praticato la sua autorità con la modalità del servizio e del dono di sé, lavando i piedi ai suoi amici e lasciandosi mettere su una croce in supplizio.
E’ dunque dovere del popolo cristiano nella sua interezza, far entrare nell’organizzazione ecclesiale la modalità relazionale della condivisione e della corresponsabilità, prendendo decisioni collettive nell’uguaglianza e nello spirito di collaborazione, per realizzare meglio la sua missione.
Solo allora la Chiesa manifesterà che è veramente la Chiesa del Cristo e diventerà credibile ai nostri contemporanei[3].
Perin Nadir Giuseppe
NOTE
1 Fratel MichaelDavide, Le chiavi di casa, Appunti tra un sinodo e l’altro, Edizioni la Meridiana, Molfetta (BA), 2015.
2 Su questo argomento richiamo un mio articolo scritto sul sito “ildialogo.org” che ha come titolo : “ Il valore profetico della famiglia del prete-sposato nella comunità ecclesiale”.
3 J. Gaillot, A.Gobault, P.de Locht, Un catechismo per la libertà, Edizioni la Meridiana, Molfetta ( BA). Titolo originale dell’opera, Un chatéchisme au goût de liberté ( che letteralmente significa: “Un catechismo dal sapore di libertà



Giovedì 22 Ottobre,2015 Ore: 17:46
 
 
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